“London Calling”, un viaggio tra passato e presente, proiettato al futuro

Nella seconda metà degli anni ’70, sulla scia della corrente americana, anche l’Inghilterra vive la sua ondata punk. In un paese piegato dalla crisi economica e dalla disoccupazione, il movimento punk attecchisce soprattutto nei sobborghi delle metropoli e diventa strumento di ribellione e lotta contro un sistema che viene accusato di sfruttare e non tutelare le fasce di popolazione più deboli.

E in questo contesto sociale, ancora una volta la valvola di sfogo migliore per urlare la propria rabbia è la musica.
È da questo contesto sociale che alla fine del 1979 i Clash regalano al mondo un’opera straordinaria: “London Calling“.

Sebbene i Clash siano stati sempre associati al fenomeno punk, in realtà sono molto di più: il look rockabilly di Joe Strummer e Mick Jones fa da contraltare a sonorità reggae, ska e r&b che imperversano in questo doppio album. La stessa copertina, che nel titolo richiama caratteri e colori dell’omonimo album di Elvis Presley, in cui il cantante americano che canta imbracciando una chitarra è sostituito da un Paul Simonon intento a distruggere il basso durante un live, non è certo l’immagine più punk che si possa immaginare. Anzi, è allo stesso tempo un omaggio a ciò che fu e un invito a ciò che dovrà essere.

London Calling” è un lavoro ambizioso.
I Clash sanno che il movimento punk inglese è già agli sgoccioli e vogliono dimostrare di essere ben altro che una band da racchiudere in un’etichetta. 
E l’accoppiata Strummer-Jones scrive pezzi che rimangono nella storia: a cominciare dalla title-track e passando per brani come ‘Train in Vain‘, ‘Spanish Bombs‘, ‘Death or Glory‘ e ‘Guns of Brixton‘, scritta e cantata da Paul Simonon. L’album ottiene subito un buon successo di critica e di pubblico. Ma non di quello stesso pubblico che aveva, dopo i primi due album della band, eletto i Clash come nuovi portavoce della protesta sociale di quegli anni: la scelta di ampliare il loro sound e di appoggiarsi ad una major fu considerata un tradimento dai fans della prima ora.
In realtà “London Calling” è un viaggio tra passato e presente e proiettato al futuro.
I temi politici non mancano, tantomeno i riferimenti storici: dalla guerra civile spagnola ai problemi di integrazione legati al bollente quartiere di Brixton. Lo stesso titolo richiama Edward R. Murrow, annunciatore radiofonico americano che annunciò l’entrata in guerra degli States nel secondo conflitto mondiale. Senza considerare la loro terribile profezia sul nuclear error che di lì a pochi anni diventerà realtà in Unione Sovietica.
I Clash, a dispetto delle critiche dei più oltranzisti, dimostrano con “London Calling” di sapersi aprire a nuovi orizzonti sonori, senza dimenticare di essere portavoci di un disagio sociale che è testimonianza delle loro origini.
E, cosa forse unica nel genere, portatori di una speranza per un futuro migliore che ben pochi altri, all’epoca, avevano.

«After all this, won’t you give me a smile?»

 

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