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Mark Kozelek and Jimmy Lavalle - Perils from the Sea

Mark Kozelek and Jimmy Lavalle – Perils from the Sea

Parliamoci chiaro: l’impeto che mi porta, a distanza di soli tre anni dalla sua uscita, a scrivere di questo album è la sofferenza di averlo visto semi ignorato nella sua bellezza infinita.

L’attore principale qui è Mark Kozelek, probabilmente, sul mio personalissimo taccuino, il più intimo e delicato cantore delle fragilità dell’animo umano della nuova era.
Kozelek ci ha regalato negli anni storie ed stralci di vita e malinconia per mezzo dei suoi divaricatori ventricolari, prima i Red House Painters e seguire i SunKilMoon, e attraverso queste lame ha saputo affettare le sensibilità di tutti, utilizzando il suo cantato quasi monocorde e l’uso di chitarre lancinanti  quali strumenti di cooptazione sensoriale.

In questa opera, però, il gioco cambia, perché, va detto, questo è un disco profondamente slowcore, dove la parte di costituzione sonora è totalmente demandata a quel gran genio del suo amico Jimmy Lavalle (meglio noto attraverso il suo moniker di Autumn Leaf, altro trattore di devastazioni interiori) , che arma cannoni ambient minimalisti, definisce tappeti elettronici fondati su tastiere vintage e drum machine old fashion, delinea perfette commistioni con la dinamica del cantato mono tono, quasi da crooner, che Kozelek impernia su fasce sonore a volte essenziali a volte più dinamiche.
Ne esce una straordinaria sequenza di storie, che ribadiscono di come la penna di Kozelek si sia nel tempo trasformata, passando dai ceselli degli immaginari  impeti iniziali alla totale dedizione delle storie di uomini e donne, come quella di ‘Gustavo‘, onesto lavoratore immigrato costretto a tornare nel suo paese d’origine, o come in ‘Ceiling gazing‘, dove racconta con delicatezza quasi insospettata il dolore che circonda un divorzio (nel caso specifico , quello di sua sorella).
O come ancora nell track di apertura ‘What Happened to My Brother‘, delicato gesto d’amore verso il fratello, racconto dove l’evidenza sta che nulla può essere così “so far” da togliere qualcosa al legame che li unisce.
E più scorrono via gli ottanta minuti di questo intreccio emozionale, più dimentichi quanto si dica o si racconti sul Kozelek scorbutico, irascibile ed incazzoso della vita reale: quando racconta i sentimenti come in ‘You missed my Heart‘ o in ‘By the time that I awoke‘, lui si prende cura di quanto ognuno di noi vorrebbe dire o sgualcire nei momenti difficili delle nostre scelte relazionali, laddove, al contempo, nei momenti dove ogni racconto diventa tiepido dolore le musiche di Lavalle sembrano voler sorreggere, sostenere, lenire l’ascolto.

In un paio di casi si aggiunge lo sporadico allunaggio di una chitarra acustica, quella di Peter Broderick (già Horse Feathers ed Efterklang), che aggiunge piccole carature folktroniche che, pur scorrendo parallele alle dinamiche dei suoni costanti voluti da Lavalle, contribuiscono ad arricchire ulteriormente il quadro nel suo insieme.
Ne escono la magnetica ‘Here Come More Perils From the Sea‘, comunione perfetta tra le due filosofie sonore, e la delicatissima ‘Caroline‘, costruzione di una fragile illusione che si rincorre per poi spegnersi .
Il messaggio di commiato si sostanzia dentro  la finale ‘Somehow The Wonder Of Life Prevails‘, dieci minuti dove Kozelek sembra voler riversare i tanti anni di racconti struggenti e malinconici, ma anche una insospettabile ventata ottimismo prospettico, laddove riesce a raccontare di come il dolore per la perdita di un’amica possa essere lenito da immagini di una sua nuova determinazione,  come può esserlo il suo riflesso nel viso di una bambina, di una figlia.

A Kozelek e Lavalle bastano pochi elementi per costruire un castello di intimismo e racconti.
Basta alla fine ignorare la marginalità con la quale troppo spesso si approccia nella vita alle fragilità proprie ed altrui, basta voler mettere a nudo tutto ciò che ascoltiamo, viviamo, gioiamo e soffriamo, senza scontarsi nulla, senza girarsi dall’altro lato.
Ne esce secondo me il disco più vero, più inaspettato di Kozelek, un insieme di delicate coreografie umane, nelle quali emerge la fragilità comune di doversi misurare con la vita all’interno di un ‘Perils from the sea‘, di un mare di pericolosità, nel quale, volente o nolente, si deve confrontare ognuno di noi, ogni giorno.
Lo dico talvolta, ma stavolta di più: questo è un disco che fa male, dove vi specchierete su scenari che talvolta allontaniamo per paura.
E lì, nell’accettare che la vita sia ciò che succede, vi faranno bene le note di queste canzoni, al punto che farete in modo che ritornino tra voi, o dentro di voi.

Artista

Mark Kozelek and Jimmy Lavalle

Disco Perils from the Sea
Anno 2013
Etichetta Caldo Verde Records
Genere musicale slowcore

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