Sanremo 2021, la serata delle cover (sbagliate)

La serata delle cover, tecnicamente, dovrebbe essere un momento di alleggerimento dalla gara.
Il caso vuole che cada il 4 Marzo e quindi l’omaggio a Lucio Dalla è servito su un piatto d’argento.
L’onere tocca ai Negramaro che più che le canzoni di Lucio portano in scena l’egocentrismo di Giuliano Sangiorgi.
Più che un omaggio, a tratti pare una rappresaglia.

La scaletta dei concorrenti si apre con Noemi e Neffa che cantano il successo ‘Prima di Andare via‘.
Da subito si capisce che la serata non sarà semplice perché le due voci non si sintonizzano per nulla, anzi: si hanno evidenti problemi di ritorno in cuffia che rovinano tutta la prima parte dell’esibizione, poi Noemi la riprende ma la performance è rovinata.

Fulminacci e Valerio Lundini riprendono per i capelli l’imbarazzo iniziale e presentano una rivisitazione di ‘Penso Positivo‘, che riscatta la timidezza del cantautore romano nella prima serata.

Francesco Renga e Casadilego dopo di loro si attestano subito come peggior esibizione della serata: pessima scelta del brano (‘Una ragione di più‘) ed esibizione da dimenticare. 

Con gli Extraliscio sul palco arriva la baldoria organizzata.
Senza atteggiarsi, insieme a Davide Toffolo e Peter Pichler portano un “Medley Rosamunda” che è gioia vera, e la mente vola ad Erriquez: sarebbe stato bello citarlo sul palco.
Ci mancano i concerti dal vivo, ah se ci mancano!

Quando salgono sul palco Fasma e Nesli i problemi tecnici raggiungono il loro apice, sabotando completamente l’esibizione tanto da richiedere l’intervento di Amadeus che manda la pubblicità facendo ripartire tutto dall’inizio.
Non è che poi avessimo tutta questa voglia di sentire due volte una cover di Nesli cantata dallo stesso Nesli, ma tant’è.

Bugo con una cover di Battisti ha il merito di far sembrare il frontman dei Pinguini Tattici Nucleari che lo affianca sul palco un vero cantante.

Francesca Michelin e Fedez col loro medley hanno alti e bassi: a tratti la buttano in caciara, sbagliano alcune parole ma nel complesso risultano rispetto ad altri divertenti.

Irama in versione Massimo Di Cataldo interpreta ‘Cyrano‘ con una intro di Guccini e tra tutti quelli che lo hanno preceduto mette a segno l’esibizione meno peggio, lo ammetto.

Tutto quello che è successo fino ad ora viene spazzato via dall’esibizione dei Maneskin con Manuel Agnelli che con la loro rivisitazione di ‘Amandoti‘ dei CCCP spaccano l’Ariston e conquistano tutti.

Random e i The Kolors con la seconda cover di Jovanotti della serata fanno bene solo alla sua SIAE non certo allo spettacolo. 

Discorso ben diverso per ‘Giudizi Universali‘ cantata da Samuele Bersani e Willie Peyote che lascia spazio all’autore del brano ma soprattutto a una delle più belle canzoni italiane di sempre, e finalmente ci si emoziona davvero.

Orietta Berti con Le Deva mette a segno un bel colpo con una versione struggente ed intensa di Io che amo solo te, il mestiere viene fuori. 77 anni e non sentirli.

Gio Evan con i cantanti di The Voice Senior presenta una versione de ‘Gli Anni‘ degli 883 che parte a cappella, con un risultato a metà tra Il Volo e un karaoke da bar di provincia.

Ghemon coi Neri Per Caso era una delle esibizioni che fin dal loro annuncio aveva creato più aspettativa, tutta maledettamente rispettata.
Il medley con il suo flow, il ritmo e lo stile: tutto bello.
L’unico difetto è che è durato troppo poco.

La Rappresentante di Lista riporta all’Ariston il classo di Donatella Rettore, ‘Splendido Splendente‘, in salsa funk anni ’70.
La loro esibizione è stile distillato, la Rettore entra nella seconda parte del brano dando la sua spinta al pezzo e rendendo questa esibizione degna delle migliori serate dello Studio 54.

Arisa e Michele Bravi alle prese con Pino Daniele è un Ni.
Una versione che non sfigura ma che non decolla mai, più Arisa che Michele Bravi.

Dopo quasi mezz’ora di qualsiasi cosa assolutamente non inerente alla gara, arriva Madame con una cover di Adriano Celentano.
La sentiamo anche parlare nella presentazione recitata, in cui troviamo alunni sui famosi banco con le rotelle, buoni soltanto per lo show.
L’esibizione è convincente ma non esplosiva.
Una cosa è certa, a prescindere da come finirà la sua ‘Voce‘ in questo festival, Madame è il talento femminile più cristallino che la musica italiana ha sfondato negli ultimi anni.

Lo Stato Sociale con Emanuela Fanelli e Francesco Pannofino omaggiano un classico dell’indie rock italiano come ‘Non è per sempre’ degli Afterhours ed in coda recitano un lungo elenco di club chiusi per aprire forse mai più, una delle parti più intense della serata.
Standing ovation da parte dell’orchstra di Sanremo, perfetto esempio di come i lavoratori dello spettacolo vivano una realtà controversa essendo i primi musicisti ad essere pagati molto meno di quanto meriterebbero (leggi qui, ndr).

Annalisa e Federico Poggipollini con una versione ruvida di ‘La musica è finita‘ predicano nel deserto di un’orario improponibile per esibirsi e che non farà altro che peggiorare.

Poi succede una cosa del tipo «testo e musica di Luigi Tengo, dirige l’orchestra il maestro Orange», che è il direttore d’orchestra per Gaia che insieme a Lous and the Yakuza porta sul palco una versione soporifera di Tenco.
Possiamo dirlo che portare brani di Tenco sta diventando troppo di maniera al Festival?
Oltretutto, nessuna cover è riuscita a rendere giustizia alla grandezza del suo autore.
Passiamo oltre, c’è un mare da (ri)scoprire.

Colapesce e Dimartino portano ‘Povera Patria‘ senza riuscire a sintonizzarsi nemmeno per sbaglio con il brano: voci non pervenute, unico guizzo la coda del brano cantata dal suo autore originale.
Resta una scelta quasi politica in questo momento storico, perché va ricordato che una canzone del genere andrebbe ascoltata e cantata ogni giorno.

Dopo di loro i Coma Cose che, zitti zitti, affrontano ‘Il mio canto libero‘ di Battisti insieme ad Alberto Radius e Mamakas in modo disinvolto portando a casa un’esibizione senza sbavature che sa anche avere i suoi momenti emozionanti. 

Malika Ayane senza duettare con nessuno porta una versione di ‘Insieme a te non ci sto più‘, elegantissima con la sua solita presenza scenica ipnotica.
Il palco dell’Ariston l’ha vista crescere ed evolversi e lei ha sempre restituito grandi performance a questa manifestazione.

Max Gazzè porta sul palco il suo sodale Daniele Silvestri in una interpretazione del classico di Giovanni Lindo FerrettiDel mondo‘.
Un momento di trascendenza musicale che ci ricorda quanto certa musica in questo paese abbia saputo creare una stagione indimenticabile che giustamente andrebbe celebrata anche di più.

Ermal Meta invece si rituffa nel glorioso passato di ‘Caruso‘ di Lucio Dalla: la sua voce potente lo mette in una sorta di comfort zone nei picchi della canzone, ma quello che non arriva è l’emozione.
Tecnica sovrabbondante ma poca commozione.

Sul versante opposto invece Aiello in una sorta di spin-off di uno spettacolo dei Centocelle Dream Men porta una versione indecorosa di ‘Gianna‘ di Rino Gaetano, giustamente relegata nel palinsesto alle 2 di notte.

 

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