YOUAREHERE – Propaganda

Il secondo album, si sa, è sempre il più difficile.
Capita comunque che registri il primo disco, ti affacci con una certa prepotenza al mondo dell’elettronica nostrana e tiri fuori un secondo album da panico.
Questo è esattamente il caso degli  YOUAREHERE (scritto preciso in stampatello) che dopo il discreto successo di As When The Fall Leaves Trees, fanno un grande passo in avanti con questo Propaganda.

Una copertina che evoca atmosfere decisamente sovietiche o, se volete, orwelliane: quadrata e granitica.
La direzione intrapresa dalla band è quella di confermare e di sviluppare la fondamentale scelta “electro” ampliandone i registri espressivi.
Azione semplice e mirata, che coglie dritto nel segno.
Il trio romano mostra determinazione e grandissimo senso artistico, ed è resistente persino al cambio di formazione, scenario che aggiunge un’ulteriore stella di merito al medagliere, data la grande importanza rivestita dalla parte ritmica nell’ambito della loro proposta musicale.
Ascoltare Gagarin, ad esempio, potrebbe essere una buona mossa per avere subito le idee chiare: un loop tribale, portato avanti all’infinito a sostegno di un’atmosfera proprio a metà tra lo space e il dream.
Poi se ci mettete anche un prototipo di voce à-la Thom Yorke funziona tutto meglio, con quell’aggiunta di tragedia e di disperazione che la rende una delle migliori del disco.
Chiusura affidata a piccole pizzicate elettroniche, come a stroncare con rigore un qualcosa che lasciava presagire un finale sfumato, creando un netto punto di stacco.
Inoltre, il titolo rimanda alla pagina di Jurij Gagarin su Wikipedia (collegate il tutto al discorso sulla copertina).
C’è anche spazio per atmosfere più grasse e viscose, talvolta quasi liquide (in quota Godblesscomputers nell’incipit di Bulb), come ci dimostra la successiva Dynamo, in preda ad un delirio di piccoli “scratch” nervosi ed asimmetrici (che torneranno ancora più psicotici nella titletrack), su un tessuto ritmico armonioso e liscio come la seta, conservando la vena fortemente ambient accennata prima e che caratterizza, in sostanza, un punto di rilievo.
Greater Thing va ancora una volta sulla scia di un’elettronica fresca, tribale e primitiva, che sa anche essere malata ed alienante con loop che all’occorrenza si spogliano delle loro spigolosità diventando più soffici, come in White on White e You Were Born Years Before.
La seconda in particolare mostra variazioni sul tema (che rispondono al concetto di uno xilofono) ed una batteria pura e dritta sul finale di pezzo, accolta con sorpresa in un mare di bombe elettroniche.

I ragazzi dimostrano estremo tatto nel giocare con vizi di forma senza inficiare la purezza e la linearità dell’album, giungendo ad un risultato ispirato e bellissimo.
Propaganda è a tutti gli effetti un punto di arrivo sul quale costruire un futuro che, all’orizzonte, promette grandi cose.

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