Giancane – Una vita al top


Il cowboy è tornato in città.
Anche se probabilmente non se ne era mai andato, era solamente impegnato nell’osservarla, metterla a nudo e trovare il modo più efficace per colpirla senza pietà.
Parliamo chiaramente di Giancane, al secolo Giancarlo Barbati, che, dopo aver dato un assaggio di quello che sarebbe stato il suo ultimo lavoro rilasciando alcune tracce online, si ripresenta quasi con prepotenza sulla scena musicale capitolina con “Una vita al top“.

Parallelamente al progetto de Il muro del cantoGiancane si cimenta in questo album solista dalle forti sonorità country-folk con degli assaggi di ritmi ska che non guastano mai, e rendono il tutto molto più fusion.
Giancane dunque usa la chitarra come fosse la sua frusta per menar fendenti verso le contraddizioni della società che lo circonda; estremizza fatti più o meno quotidiani, aggiunge quel tocco di colore ai difetti di tutti noi e fa della crudezza il suo fedele destriero.
Fin dalla prima traccia lascia capire come lui riesca ad affrontare la prateria sterminata della società con un’irriverenza fortemente tagliente, spesso mettendo da parte le buone maniere e il linguaggio più educato. Ma quando ci vuole, ci vuole.
Da un attacco frontale ad alcuni atteggiamenti da media borghesia con ‘Hogan blu’ alla visione decisamente distorta dell’amore di ‘Come sei bella’ (degno di nota anche l’ordine della tracklist, per cui a quest’ultima canzone segue ‘Fai schifo’) passando per l’accusa ad un dio da troppo tempo assente: non ce n’è per nessuno, insomma.
Un pugno nello stomaco dopo l’altro, Giancane urla la sua rabbia, il suo rifiuto delle convenzioni sociali senza mai tirarsi fuori dal banco degli imputati, a far capire che siamo tutti nella stessa barca e che non esiste qualcuno che possa salvarci dal degrado se non noi stessi che ormai ne siamo tutti parte integrante.
I testi graffianti spesso stridono con il genere musicale del country, un po’ perché i temi affrontati affondano le radici in problematiche strettamente urbane, un po’ perché talvolta il sottofondo musicale risulta molto leggero in rapporto alle parole spese dal cantautore.
Ma Giancane non è uno sprovveduto, è fin troppo chiaro che questo effetto dissonante di musica e testo è ampiamente voluto e cercato e sapientemente ottenuto aggiungerei.
E così il cowboy, attraversata la landa desolata e polverosa del nostro 2015, se ne va lasciando dietro di sé il desiderio di vivere una vita al top, in cui anche un funerale diventa il pretesto per fare festa e per cedere al fascino dei beni materiali.
Chissà quanti condividerebbero questo pensiero pur disprezzando Giancane.

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