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Joanne Shaw Taylor

Joanne Shaw Taylor, una favola che guarda al futuro

Joanne Shaw Taylor
Joanne Shaw Taylor

Gli esordi della sua carriera sembrano il racconto di una favola.
Sì, perché Joanne Shaw Taylor, chitarrista britannica, è appena sedicenne quando casualmente viene ascoltata da Dave Stewart degli Eurythmics.
Lui ne resta talmente entusiasta che le chiede subito di partire in un tour europeo con i D.U.P., supergruppo col quale all’epoca collabora.
Di questa esperienza, trampolino di lancio per la sua attività artistica, Joanne ne fa tesoro ed il suo primo album arriva qualche anno dopo, nel 2009.
A dieci anni di distanza sta per uscire il suo settimo lavoro in studio, “Reckless Heart”, un album blues, rock e soul che è «un misto di tutte le mie influenze composto da canzoni scritte da me».

Amante di Stevie Ray Vaughn, Albert Collins e Jimi Hendrix, chiacchierando con lei scopriamo che ad ispirarla, tra tutti, «è Prince, specialmente per la sua abilità nel far veicolare la sua creatività e la sua passione attraverso la sua musica».

Parlando del nuovo disco in uscita a marzo, c’è una canzone che suggerisci per introdurci all’ascolto?

Sicuramente, tra tutte, ‘The Best Thing‘ è il brano che sceglierei tra tutti per conoscere meglio l’album.

Qual è la canzone più difficile che tu abbia mai scritto?

New 89‘, ci è voluto un po’ prima di riuscire ad elaborare il testo.
Doveva andare bene con il coro, che era bloccato nella mia testa, ed è stato impegnativo riuscire a far quadrare il tutto

Come è stato suonare con Dave Stewart?

È stato fantastico, davvero un mentore. Non potrei essere l’artista che sono oggi senza di lui.
Penso che lui sia un artista brillante ed una persona meravigliosa, mi sento davvero fortunata ad aver avuto l’opportunità di lavorare con lui.
Da allora molte cose sono cambiate, come è giusto che sia d’altronde: sono passati dieci anni, ognuno di noi ha proseguito il proprio percorso con i propri progetti ed ha una carriera propria.

Sei una giovane artista inglese: che cosa pensi della Brexit?

Non è qualcosa per cui ho personalmente votato.
Nutro qualche preoccupazione per l’impatto che essa possa avere sull’intero settore una volta che il processo sarà completamente messo in moto.

Parlando ancora della tua carriera, qual è stata la tua esperienza più eccitante sul palco?

Sono stati davvero tanti, impossibile contarli tutti.
Ricordo però con piacere quando ho avuto la fortuna di suonare alla Royal Albert Hall, o nel 2015 a Buckingham Palace, per il Queen’s Diamond Jubilee.
Ma è anche stato emozionante suonare negli Stati Uniti, in tutto il Regno Unito, in Europa e persino in Giappone.
Spero che tutto questo duri il più a lungo possibile.

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