Giancane: l’esternazione dei fastidi interni

Giancarlo Barbati è un musicista romano, uno che in città e nei locali della capitale è conosciuto più o meno da tutti per entrambi i progetti musicali dei quali fa parte.
Da un lato gli acclamati Il Muro del Canto, che sin dagli esordi (2010) sono riusciti a conquistare consensi grazie alla miscela di folk-rock condita da testi profondi (ottimamente interpretati da Daniele Coccia).
Dall’altra il lavoro solista con Giancane, che già dal nome fa intuire un approccio più scanzonato e senza filtri, che conquista per l’ironia pungente ed il sapore concreto dei temi affrontati.
Non a caso, nei vari club dove Giancane si esibisce in solo, una delle hit più attese della serata è ‘Vecchi di merda‘, brano dal titolo spiazzante che si rivela essere, all’ascolto, un grande inno liberatorio – chi avrebbe mai il coraggio di ammettere ad alta voce che “i vecchi”, talvolta, son proprio così?

Giancane è quel tipo di musicista da tenere d’occhio e che di tanto in tanto è necessario seguire live.
Giancane è genuino, non risulta mai né falso né costruito.
Forse perché di base c’è una grande solidità nelle sue radici: raccontare le vicende di chi vive a Roma e parlare di come si evolve la società, la stessa di cui si fa parte, è un atto d’amore.
Verso sé stessi, verso tutti.
Dopo l’Ep “Carne” (2013) è ora in arrivo “Una vita al Top”: ci siamo fatti raccontare in anteprima qualcosa su questo suo primo disco.

Quali novità ci aspettano con “Una vita al Top”,  rispetto a quanto prodotto due anni fa?

Diciamo che questo è un disco “vero”, distribuito in tutta Italia ed in tutti gli store digitali e streaming.
È composto da 5 nuovi brani e dai 6 che componevano l’Ep: sono stati tutti risuonati ed arricchiti grazie alle collaborazioni di amici artisti che hanno dato quel qualcosa in più che, a mio avviso, mancava in “Carne”.

A chi senti sia indirizzato questo lavoro? Avevi in mente un target di riferimento?

In realtà non credo di aver pensato ad un target. Ho pensato più a me stesso e al mio gusto, credendo piuttosto che sarà facile per i miei coetanei ritrovarsi in ciò che dico con i miei brani.

La tua musica tratta tematiche fortemente radicate nel tessuto sociale urbano: a cosa è dovuta la scelta di accostare a dei testi simili una musica dai toni spiccatamente country?

Ascoltando questo genere mi è venuto naturale associare alla “facilità” del country-folk dei testi in italiano un po’ provocatori.
In realtà mi risulta molto semplice imbracciare la chitarra e scrivere e parlare di quello che ho intorno, che mi circonda.

Quale necessità artistica spinge il componente di un gruppo musicale a intraprendere un percorso solista?

Guarda, il percorso con Il Muro del Canto nasce dal connubio di molte teste e molti approcci.
Ognuno dei componenti viene da mondi musicali differenti e nello specifico io ero il fonico di tutte queste band.
Ho sempre portato avanti altri progetti musicali paralleli e posso dire che Giancane, in realtà, è l’evoluzione di un altro progetto ancora, nel quale suonavo usando solamente giocattoli per bambini.
Giancane nasce dall’esigenza di dire o fare qualcosa, forse per non pensare.
O forse semplicemente per motivi terapeutici.

Un periodo di simile incertezza politica (specialmente nell’ambiente capitolino) in che modo viene vissuto da un artista che come te esprime spesso con criticità le proprie opinioni e che magari vive questa situazione anche da cittadino?
È uno stimolo all’espressione creativa o motivo di scoramento?

Devo essere sincero: vivendo a Roma da quando sono nato ho vissuto in prima persona gli abomini e lo sfacelo che negli ultimi dieci, quindici anni hanno colpito indisturbati questa città.
La cosa mi tocca ma al tempo stesso mi ha permesso di creare anche una sorta di scudo, una scorza molto dura e di fatto ho sviluppato un’abitudine allo schifo: sono elementi che poi, per forza di cose, trasudano involontariamente nei miei pezzi.
Ciò che accade a Roma è in Italia è sicuramente uno stimolo, non di certo positivo.

Pensi che la musica possa essere ancora veicolo di idee se non addirittura ideali?

La musica deve essere veicolo di idee, assolutamente.
Ad oggi però devi fare anche i conti col mercato moderno dove il contenuto lascia un po’ il tempo che trova: è necessario però impacchettare le idee con una confezione che piaccia, utile per poter poi veicolare alcuni concetti.
Sia chiaro, non è il mio caso: non mi elevo a guru degli ideali.
Cerco nel mio piccolissimo di dire quello che ho in testa e che mi fa stare male rispetto a quello che ho intorno: nei miei brani non ci sono particolari messaggi di rivoluzione, solo urla ed esternazione di fastidio interno.

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