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The Black Crowes, il concerto che non ti aspetti

All’Alcatraz di Milano il concerto celebrativo di “Shake Your Money Maker”

Trent’anni dopo, i The Black Crows tornano a suonare live l’intero album del loro esordio

Il ritorno sulle scene dei The Black Crowes,un paio di anni fa, era stato accolto dal sottoscritto come una di quelle reunion poco convinte e finalizzate soltanto a racimolare un po’ di soldi a fine carriera per terminare di pagare le rate del mutuo.
Dopo aver letto con estremo interesse la biografia scritta dal batterista storico della band, Steve Gorman, in cui sparava a zero contro i due fratelli Robinson, rei di essere capricciosi e sempre in disaccordo, nutrivo poche speranze nel ritrovare un gruppo coeso e carico di quell’energia hard blues che sempre li aveva caratterizzati.
Infatti, avevo ancora stampato in mente il fantastico concerto che vidi nel 1999 a Manchester per il tour di supporto a “By Your Side”, quinto album che rimetteva nella giusta carreggiata i Corvi Neri di Atlanta, grazie all’aiuto di John Kalodner, specializzato nel raddrizzare gruppi allo sbando (lo stesso che ha aiutato Aerosmith e Whitesnake).
In quel concerto il gruppo aveva offerto una prestazione maiuscola ma adesso, di quella formazione, sono rimasti solamente i due fratelli e il fedele bassista Sven Piplen.
Al mio scetticismo di fondo, aggiungo anche che il gruppo solo due giorni prima aveva annullato una data ad Amburgo: insomma, tutto sembrava anticipare una catastrofe annunciata.

Arrivato verso le sette all’Alcatraz, il locale è ancora mezzo vuoto quando attaccano gli olandesi DeWolff, una giovane e promettente band che ci delizia con un hard blues anni Settanta, perfettamente in linea con la proposta degli headliner.
Il cantante-chitarrista interagisce in maniera divertente con il pubblico che applaude in maniera convinta alla proposta genuina del trio.
Bastano i primi giri della coinvolgente ‘Night Train‘ per conquistare la mia piena attenzione, la scaletta del trio scorre via veloce, i DeWolff mischiano le carte del canonico southern rock, aggiungendo un tocco di psichedelia che fornisce quel retrogusto di mescalina intriso di sabbia rossa del deserto californiano.
Band da seguire con attenzione, veramente bravi.

DeWolff
DeWolff

Poco dopo le nove si spengono le luci, sul retro del palco campeggia il telo con raffigurati i due simpatici corvi da sempre simbolo del gruppo.
L’Alcatraz si è riempito all’inverosimile, Chris si avvicina sculettando al microfono: anche se ha la barba grigia non è cambiato molto fisicamente e ci informa che faremo un bel salto indietro nel tempo.
Sì, perché questo è il tour celebrativo del trentennale del loro debutto, il super classico “Shake Your Money Maker”, album che li portò alla ribalta internazionale.
Stasera lo suoneranno back to back, si parte alla grande con il riff di ‘Twice As Hard‘ e tutti i miei dubbi si sciolgono in meno di un minuto.
Chris possiede ancora una voce magnifica, capace di far emozionare come ad inizio anni Novanta; dal canto suo Rich non si scompone come al solito, mantenendo sempre un’espressione seriosa, ma sono le canzoni che parlano per lui.
Lui è il principale compositore e l’autore tra alcuni tra i miei brani preferiti di inizio anni Novanta.
I The Black Crowes azzannano alla giugulare con un altro cavallo di battaglia, la bluesy ‘Jealous Again‘ con quel ritornello agrodolce che ti rimane impresso per giorni.
Dovrei menzionare ogni singola traccia del debutto, ma sicuramente il lento ‘Seeing Things‘ è tra i momenti topici del concerto, un brano dove Chris parte in punta di piedi per poi esplodere nel chorus che ricorda il Joe Cocker più ispirato.
Il mid tempo della famosa cover di Otis Redding, ‘Hard to Handle‘, fa saltare tutti i presenti in una danza tribale, si va così spediti verso l’ultimo brano, la veloce e impetuosa ‘Stare it Cold‘, dove esce fuori prepotente la loro anima Stonsiana.

Dopo aver eseguito tutto di un fiato l’esordio, Chris si prende un momento di pausa per poi ripartire con la gospel ‘Soul Singing‘, dove le due coriste fanno il contro canto a un Chris che sembra divertirsi un mondo.
C’è spazio anche per il ripescaggio, dal controverso e intriso di acido “Amorica”, della bellissima semi ballad ‘Wiser Time‘, prima di assestare un uno-due che mi stenderà definitivamente al tappeto.
Sì, perché per il sottoscritto “Southern Harmony and the Musical Companion” rimane il loro disco migliore di sempre e ascoltare la delicata ‘Thorn in my Pride‘ con una lunga intro di armonica blues a supportare la sezione ritmica e poi il super classico ‘Remedy‘, rappresenta un vero tuffo nel passato ed immergersi nelle acque melmose dei primi anni Novanta quando le band suonavano musica dal cuore, senza pensare troppo alla forma.

The Black Crowes
The Black Crowes

I Corvi di Atlanta concedono il gradito bis con ‘Good Morning Captain‘ dall’ultimo album di inediti del 2009, “Before the Frost”, prima di congedarsi da un pubblico che si spella le mani nell’applaudirli.
Una menzione speciale va alla solista Isaiah Mitchell, vero asso della sei corde che non fa rimpiangere l’estro sregolato di Marc Ford.
Rich Robinson ha dichiarato recentemente che la band non ha voluto includere nel tour tutti i membri originali che hanno inciso “Shake Your Money Maker” nel 1990,  per non dare l’impressione che fosse una mera operazione commerciale, ma una reunion sentita e sincera. 

Dopo averli visti live gli devo dar loro ragione su tutta la linea: i The Black Crowes hanno tanta energia da offrire live e ancora molto da dire a livello compositivo.
Li aspettiamo per un nuovo album che, sono certo, non deluderà le aspettative.
Ben tornati Corvi!

Milano, 13/10/2022

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