I Ministri live a Roma: un sudato e gioioso fiume in piena

È un fiume in piena il rock che ha travolto il pubblico de I Ministri al Postepay Rock in Roma, la sera del 29 luglio 2016.
La band di Davide Autelitano è passata infatti per la Capitale con il sound travolgente di “Cultura Generale”, regalando ai presenti quella che il frontman ha definito «non solo una serata in cui si accumulano sudore, lividi e si perdono cellulari, ma una cicatrice indelebile nell’anima».

La serata si apre verso le 21.00 con gli italo-brasiliani Selton, band riccioluta dal sound accattivante, in grado di far ballare tutti i presenti con brani come ‘Piccola Sbronza’ (che ai tempi vide la collaborazione del buon Dente).

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I Selton di Ricardo Fischman sono divertenti e talmente amichevoli da concludere il proprio concerto letteralmente in mezzo al pubblico: seduti a terra, come durante un bel falò estivo, addirittura con la temperatura giusta.

Cambio palco, tocca finalmente a I Ministri.
Si illumina la batteria di “Mighelino” Esposito, che entra per primo, seguito dal chitarrista Marco Lavazza Ulcigrai, da Federico Dragogna e da Davide “Divi” Autelitano, che infiamma gli animi già con il primo brano in scaletta, ‘Mammuth’.

Ci si scalda ancor di più con l’esplosiva ‘Comunque’, un brano che ricorda la difficoltà che spesso accompagna l’autorealizzazione; è ancora della difficoltà di fare progetti per il futuro che I Ministri ci parlano in ‘Cronometrare la polvere’.

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‘Idioti’ è dedicata a chi ancora oggi rende la musica solo un mero mezzo per fare denaro, privandola del suo pieno, gioioso senso. Un senso che la band dimostra invece di aver ben capito, mettendo nelle proprie performance un’energia invidiabile. È ammaliante la disillusione lucida di un altro dei brani tratti dall’ultimo album “Cultura Generale” ed inserito in scaletta, ovvero ‘Sabotaggi’, al quale segue invece uno dei brani più vecchi della band, ‘Gli alberi‘ e la sua volontà distruttice.
In questa calda serata di fine luglio all’Ippodromo delle Capannelle di Roma non mancano né pogo né stage diving, ma è ‘Spingere’ che viene scelta da Divi per «far ballare le file», con risultati a dir poco proficui.
Coltelli, rossetti e sigarette popolano le visioni di ‘Non mi conviene puntare in alto’ e Dragogna commenta ‘Noi fuori’, spiegando la difficoltà di essere ad oggi una band di alternative rock italiano che nonostante il successo si sente ancora ai margini.
Un po’ come il protagonista di ‘Tempi bui’, cosciente del fatto che ormai «non funziona più la gente».

È il momento del romanticismo con ‘Una palude’, forse il brano più commovente mai registrato dalla band e scritto dalla penna di Dragogna.

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Dopo una piccola pausa, il gruppo torna sul palco e Divi ormai senza più la storica divisa ricomincia a cantare con ‘La piazza‘ anche se è vero delirio (quasi alcolico) con l’eccitante quanto grottesca ‘Bevo’.
Immagini disperate accompagnano ‘Il Bel canto’ e si salta e si canta, ancora con tanta voglia, sul ritmo di ‘Diritto al tetto‘.

Purtroppo bisogna prima o poi ‘Abituarsi alla fine’, ed è questo titolo che si conclude il concerto, in un vero abbraccio tra band e pubblico costellato da lanci di bottigliette, plettri, bacchette, asciugamani, ringraziamenti.
Soprattutto la promessa ai fan della Capitale di un grande «Arrivederci, a presto!».


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Leslie Fadlon

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Cerco la bellezza ovunque, come Cristiano Godano insegna. Sono un'amante del rock'n'roll e credo fermamente che un giorno senza musica non sia degno di essere vissuto. In love with Afterhours and many more.

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