Cinzella Festival, report e foto del Day 02

Grottaglie (TA), 18/08/2019

Dopo la bella giornata inaugurale del Cinzella Festival ci ritroviamo, sempre nelle splendide Cave di Fantiano, per il secondo giorno che si preannuncia davvero interessante: doppio set (acustico e poi elettrico) per i Marlene Kuntz e a seguire i White Lies sul main stage.

Prima di tutto questo però sul Cinzella Stage ci attendono i tarantini Leit Motiv, una delle formazione local più longeve e sicuramente più interessanti, saggiamente guidata dal frontman Giorgio Consoli.

Lo spettacolo dei quattro sul palco è davvero molto godibile, sia nei brani più noti al pubblico locale, ma soprattutto nelle nuove composizioni (la band ci annuncia che stanno lavorando a un nuovo disco e che in anteprima ci faranno ascoltare qualcosa) vengo colpito favorevolmente.
Quello dei Leit Motiv è un alternative rock saggiamente calato nelle atmosfere mediterranee, quasi a volersi sporcare le mani con una certa world music, tenendo ben presente la lezione del teatro che da sempre accompagna la storia della band.
Un live sentito, in cui non mancano i richiamo a una vera e reale giustizia per Taranto e alle “tante anime che, ingiustamente, hanno lasciato questa città”.

Dopo la bella esperienza dei Leit Motiv siamo pronti a spostarci verso il main, la prima parte del live, quella in acustico, era prevista per il tramonto, purtroppo a causa di piccoli ritardi, non sarà così ma Godano e co. sapranno ripagarci comunque e l’atmosfera e i brividi non si faranno attendere.
La band presenta lo spettacolo: una prima parte in acustico e una seconda in cui, con nostra grande sorpresa e felicità, Cristiano annuncia “suoneremo buona parte di Ho Ucciso Paranoia” cosa che fa subito scattare l’entusiasmo in sala.
Si parte subito con una sublime “LieveGodano seduto al centro in stato di grazia e particolarmente rapito dall’esibizione (ringrazierà più e più volte il pubblico, ripetendo spesso che “questo è un posto meraviglioso”). 
Si prosegue veloci con “Ti giro intorno” e si giunge a uno dei momenti più emozionanti della loro esibizione: Godano con attenzione e precisione ci presenta “Osja, amore mio” brano tratto da “Nella tua luce” del 2013 e dedicato al poeta russo
Osip Mandel’stam, raccontato dal punto di vista della moglie Nadežda Jakovlevna Mandel’štam che durante le persecuzioni delle grandi purghe staliniane decise di imparare a memoria tutto il repertorio del marito per poi poterlo tramandare.
Dopo poco arriva la seconda sorpresa “all’insegna della resistenza perché mai come ora vi è bisogno” la band presenta una versione sentita e passionale di “Bella Ciao” senza cadere nel luogo comune con pura classe.
Il set acustico si chiude con “Musa” molto amata dal pubblico in sala, segue un breve cambio palco e siamo pronti per farci demolire da quel capolavoro che fu “Ho ucciso paranoia” partendo proprio dalla prima traccia di quel disco del 1999 “L’odio migliore” che mette subito in chiaro le cose: la band di Cuneo ha una gran voglia di suonare, complice anche l’annullamento di tutte le altre date del tour per via della tendinite di Luca Bergia.
I cinque sul palco suonano in maniera precisa e chirurgica, hanno davvero voglia di celebrare questo anniversario e lo fanno nel migliore dei modi: Riccardo Tesio tratteggia le trame e rincara la dose quando la “generazione sonica” che è in loro prende il sopravvento, Luca Bergia suona alla grande nonostante sia visibile la sua sofferenza, delizioso anche il lavoro di Luca Lagash Saporiti al basso di un’eleganza fuori dal comune, così come l’apporto di Davide Arneodo che dopo averci regalato preziosi interventi di violino nel set acustico, tratteggia note al piano e supporta Bergia su un secondo timpano nei momenti più intensi.
I classici del disco del 1999 seguono veloci con un’attenzione certosina nei confronti della tracklist: “Le putte”, “Infinità” davvero acclamata dal pubblico in sala soprattutto quello femminile che sembrava non aspettare altro.
Seguono “Una canzone arresa” (suonata in maniera davvero impeccabile); “Questo e altro” è invece un vero e proprio delirio sul palco, una baccanale di feedback e fuzz impazziti, un martellare ossessivo dei tamburi, un basso che ti entra sottopelle, il pubblico è estasiato, io per primo.
Chiudono il set celebrativo “ Ineluttabile”, “Lamento dello sbronzo” e “Un sollievo”.

La festa però non è finita qui: i Marlene ci lasciano con un terzetto di brani che tolgono il fiato: la gente inizia a muoversi sempre di più, qualcuno si dimena e vedo anche qualcuno pogare. “La canzone che scrivo per te” è solo la quiete prima della tempesta che esplode prima con “Nuotando nell’aria” e prosegue con “Sonica” vero e proprio atto liberatorio per molti di noi in sala: La stavamo aspettando da tempo e quando è partita tutto è stato più bello, grazie anche alla coda strumentale noise, roba da altri tempi.
Finisce così con Luca Bergia che non vuole scendere dal palco e che viene tagliato dal direttore di palco ma lui resta sino alla fine, inchini e ringraziamenti.
Grazie Marlene, ne avevamo bisogno!

Giunge il momento, intorno alle 23 circa, dei White Lies molto attesi dal pubblico più giovane e non.
Mi chiedo come sarà tenere quel palco dopo il fuoco e le fiamme dei Kuntz, ma i ragazzi se la cavano piuttosto bene, certo il pubblico, purtroppo, si è un po’ disperso, ma loro sono davvero contenti di essere in Italia e dopo “Time to Give” e “Farewell to Fairground” (molto sentita dalle prime file) ci tengono a sottolineare quanto siano contenti della location e del buon vino.
Segue nella scaletta “There Goes Our Love Again” e “Is My Love Enough” presentata così:  under the star for a very romantic moment” da Harry McVeigh.
Sul palco la band si muove bene, senza esagerare, solo verso la fine del set Jack Lawrence-Brown si lascia andare alla batteria dimenandosi non poco, prima sempre composto e preciso, così come Charles Cave che con i suoi riff di basso sostiene l’architettura sonora dei brani.
Interessante l’esecuzione di “ Unfinisched Business”, primo singolo della storia del trio.
Il pubblico in sala si diverte molto, balla e si lascia andare a mille selfie, la band è sicuramente diventata più solare tralasciando quella vena più post-punk/wave, molte riminiscenze synth-pop dal tono anche abbastanza pop-commerciale fanno capolino durante la performance, facendo felici anche gli ascoltatori più giovani che magari in un festival hanno voglia di ballare come su “I’m in Love With the Feeling”.
L’esibizione si chiude con una triade molto amata dal pubblico: “Tokyo”, “To Lose my life” e “Bigger Than Us”.
Era difficile salire su quel palco dopo la poesia del set acustico dei Marlene prima e la devastazione noise del set elettrico dopo, ma i White Lies se la sono cavata, dispensando sorrisi e facendo  dimenare Harry che proprio non riusciva a tenere le braccia ferme, unica nota dolente le parti vocali non proprio impeccabili e in alcuni momenti piuttosto calanti.

Anche questa sera il main si chiude e ci si sposta al Cinzella Stage dove il buon vecchio Luca de Gennaro ci attende con il suo dj set che pesca nel meglio della storia del rock; io mi fermo a fare incetta di dischi ai vari stand dei mercatini e vi do appuntamento a domani.


Ph. © Domenico Giovane

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Giuseppe Gioia

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"E' dunque questa, la Nausea: quest'accecante evidenza? Quanto mi ci son lambiccato il cervello! Quanto ne ho scritto! Ed ora lo so: io esisto, il mondo esiste, ed io so che il mondo esiste. Ecco tutto."

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