Cinzella Festival, report e foto del Day 01
Grottaglie (TA), 17/08/2019
Se dovessimo cercare un denominatore comune per la giornata inaugurale del Cinzella Festival questo sarebbe sicuramente l’impatto live e la potenza del suono: sin dal tramonto le nostre orecchie sono state invase (con tanta felicità sia chiaro) da bordate di potenza sonora come non si sentiva da tempo e direi che modo migliore per aprire le danze proprio non lo si poteva trovare.
La band che apre ufficialmente il Cinzella Festival 2019 sono i MinimAnimalist, duo per metà tarantino, radicato nello stoner-rock.
La location è quella del palco b, il Cinzella Stage, che di secondario ha davvero ben poco, complice la splendida cornice naturale della gravina alle spalle.
Il duo spinge tanto e quando il giorno lascia il passo alla sera, complice uno splendido gioco di luci rosse alle spalle della band, sembra davvero di essere nel bel mezzo di un festival desert rock. Come prima mossa nulla da dire!
Dopo i MinimAnimalist è il turno degli Elius Inferno & the Magic Octagram, seconda band in programma sul Cinzella Stage: anche loro local, ma con alle spalle un tour europeo che non è passato inosservato.
Il quartetto sul palco ci immerge in sonorità fortemente psichedeliche e a tratti quasi prog, marchiate da una forte matrice anni Settanta.
Sono ormai le 21.30 ed è giunto il momento di spostarci verso il main dove ci aspettano I Hate my village e The Battles, per questo ci addentriamo nella splendida location delle Cave di Fantiano e ci ritroviamo in una sorta di anfiteatro naturale con ad aspettarci un palco delle grandi occasioni.
Il verso delle galline, come sempre, preannuncia l’inizio del concerto degli I Hate my Village, un live che sarà senza pausa, pulsante, coinvolgente e incredibilmente preciso.
Ho già visto la band altre volte ma questa sera sono davvero tutti in stato di grazia: Viterbini si muove tanto sul palco, sorride, gioca con gli altri; Rondanini tra un beat pazzesco e l’altro alza spesso la testa al cielo e regala sorrisi ai suoi; Alberto è chirurgico, perfetto, totalmente immerso nel mood della serata; Fasolo è una sicurezza, sempre attacato a Rondanini non sbaglia una nota, algido e impeccabile.
La scaletta parte subito forte con una tiratissima “Presentiment” e ben presto si arriva a una delle bombe che i quattro sganciano sul palco per fare salire la temperatura in sala: “Tramp” è pura goduria, dilatata e improvvisata alla perfezione. Momenti sentiti sono indubbiamente “Acquaragia” e la splendida “Bahum” più morbida e delicata in cui la psichedelia si affianca al martellare continuo del mantra dei brani precedenti.
La scaletta scorre veloce, forse troppo, così ci ritroviamo a “Tony Hawk of Ghana” brano che il pubblico, che nel frattempo diventa sempre più numeroso, stava aspettando da tempo e i nostri non deludono le aspettative: la versione è davvero memorabile, dilatatissima e con una coda strumentale che stupisce tutti, da togliere il fiato. Restiamo tutti disorientati dopo tanta energia ma ecco che una magistrale versione di “Don’t Stop ‘Til Get Enough” di Michael Jackson ci fa sorridere e saltellare tutti insieme.
Purtroppo il live è davvero arrivato alla fine e si chiude con la splendida “Tubi Innocenti” (brano di Viterbini) e il loop di voci che Alberto lascia risuonare anche dopo che la band abbia lasciato il palco.
La gente vorrebbe un bis, ma non è possibile e allora regala un applauso davvero generoso mentre i quattro si inchinano sorridendo, sapendo di aver fatto un ottimo lavoro.
Cambio palco veloce, giusto il tempo di una birretta ed eccoci pronti ad accogliere i Battles e il loro piatto ride a più di due metri da altezza.
John Stainer (ex Helmet) e Ian Williams (ex Don Caballero) salgono sul palco in sordina, come se fossero due tecnici qualunque e noi ignari di quello che sta per succedere sorridiamo, sembrano buffi, due americani in vacanza.
Il live dei Battles si rivelerà in realtà una sorta di rito comunitario in cui qualsiasi dimensione sonora, qualsiasi tipo di groove si unisce e si fonde in un pulsare continuo.
John Stanier suona la batteria con una precisione e una violenza tale da lasciare tutti sconvolti, riconosco a un certo punto il volto di Cristiano Godano dei Marlene Kuntz tra il pubblico che lo fissa con attenzione; Ian Williams sembra non fare alcuno sforzo mentre suona: basso, chitarra, synth il tutto condito da una serie di loop station che bombardano senza sosta il pubblico.
Il live cresce piano piano, ma con la capacità di rapire l’ascoltatore e trasportarlo in una dimensione onirica.
Ci sono mille anime nel sound del duo americano: attimi in cui si è convinti di essere stati trasportati in una boiler room, momenti vagamente hip hop, distorsioni kraut-rock e follie math.
Dopo solo venti minuti di live il pubblico è completamente conquistato e quando durante lo spettacolo esplodono brani come “Titanium 2 steps” (nuovo singolo che anticipa il nuovo album in uscita ad ottobre) la sensazione è quella di assistere davvero a qualcosa di speciale.
Sconvolgente l’esecuzione di “The Yabba”, “Summer Sinner” e “Dot Net” ma è con “Atlas” che la gente perde definitivamente il controllo della situazione, si libera dei filtri ed inizia a ballare all’unisono sotto i colpi diretti e precisi di Stanier.
Purtroppo anche il live dei Battles dura poco, troppo poco per l’euforia che si era scatenata in sala, Williams si avvicina per la prima volta al microfono, ringrazia e molto semplicemente in italiano dice “basta….” seguono selfie di rito dal palco, lancio delle bacchette e plettri.
La gente rumoreggia e richiede con gran passione un bis che purtroppo non arriverà.
La splendida serata si conclude tornando sul Cinzella Stage dove ci aspetta il duo tedesco, di casa ad Amburgo, dei Digitalism pronti a deliziare e far ballare il pubblico, oramai carico, con il loro dj set brano dopo brano sempre più incalzante.
Come si dice in questi casi? Buona la prima?
Direi che non c’è davvero nulla da dire a chi ha messo in piedi questa bella festa della musica che è il Cinzella e se questo è l’inizio non possiamo far altro che aspettare i prossimi tre giorni.