Adam Kills Eve – Of Time


I tempi frenetici entro i quali siamo costretti a vivere non ci permettono più di fermarci a riflettere sul nostro tempo.
In quei pochi momenti di quiete riflessiva che riusciamo ancora a concederci sembra assalirci un terribile senso di angoscia, che ci porta a renderci conto di tutto il tempo che è già passato, che forse abbiamo mal speso e di conseguenza perso.
Da questa riflessione parte la parabola musicale rilasciata dagli Adam Kills Eve.

La band stavolta ha deciso di osare davvero, spingendo la propria ambizione e la propria creatività verso delle sponde ben lontane da quelle della precedente release.
Il disco si pone come un concept album a tutti gli effetti, dove il titolo stesso racchiude l’essenza della riflessione portata avanti canzone dopo canzone. Infatti, la band cerca di far immedesimare l’ascoltatore nel personaggio protagonista della storia che ci stanno per narrare, a sottolineare come questa problematica del tempo coinvolga non uno specifico individuo, non i semplici membri del gruppo, ma forse un po’ tutti noi.
Ovviamente, come per ogni concept degno di esser chiamato tale, la componente lirica è fondamentale per la piena comprensione e metabolizzazione dell’album.
Infatti, la traccia introduttiva ‘On The Outside, Looking In‘ sembra porsi come una sorta di ipnosi che ci spinge a calarci all’interno della narrazione a pieno.
Il racconto, traccia dopo traccia, si trasforma quasi in un “romanzo di formazione”, dove appunto il personaggio compie un vero e proprio viaggio alla riscoperta di se stesso.
Un viaggio che lo aiuterà a comprendere i propri errori per poi diventare una persona migliore, per condurre una vita autentica, degna di esser ricordata. L’improvvisa presa di coscienza sull’incessante scorrere del tempo, sull’inevitabile allontanamento dalla giovinezza, vista come un mito ormai distante porta il personaggio a porsi dei quesiti su come sia possibile recuperare l’autenticità dei momenti ormai andati, per poterne creare di nuovi. Questo ci conduce, appunto, al brano ‘Authenti(city)‘, in cui ho ritrovato, musicalmente parlando, alcuni piacevolissimi riferimenti melodici a band come Hands Like Houses.
Lo scambio continuo fra la voce del cantante principale e la voce di uno dei due chitarristi della band anima il disco, mentre il resto della band accompagna degnamente le ottime linee vocali con un comparto musicale massiccio, catchy, ma mai banale. Infatti, all’apparente semplicità strutturale delle canzoni, si contrappone un attenta selezione di suoni ed atmosfere degne di nota, presenti ad esempio in ‘The Snowcase Forecast‘.
Il disco, ascolto dopo ascolto, ti entra sempre di più in testa, e soprattutto, la storia raccontata, sembra non venir mai a noia.
Il racconto prosegue, e il personaggio inizialmente nostalgico del passato, smarrito e poco speranzoso verso l’avvenire, trova la risposta ai propri dilemmi, e capisce che non gli resta che uscire dal loop temporale all’interno del quale ha vissuto fin troppo.
Tomorrow is Doa‘, musicalmente sembra quasi riprodurre questo senso di confusione dovuta al loop sopracitato, creando un contesto melodico intervallato da alcuni riff taglienti che tendono a ripetersi. La narrazione si avvia verso la fine con una riflessione espressa in ‘Note To My Future Self‘, dove il protagonista si prende finalmente il proprio tempo per fronteggiare il proprio passato e soprattutto il se stesso del passato, per poter costruire un se stesso futuro più forte, più consapevole.
Infine, con la conclusiva ‘On The Inside, Breaking Out‘ termina il viaggio, quando ormai il protagonista, forte delle esperienze compiute e delle risposte trovate, sembra ormai esser pronto a ridare importanza alla propria vita e al proprio tempo.
L’intero Ep gode di un’ottima produzione che mixa perfettamente i singoli strumenti e le voci in un amalgama piacevolissima.
Il merito della band sta nell’aver creato, attraverso canzoni piuttosto catchy (ma mai banali, ripeto.) una storia interessante, dove ognuno di noi può tranquillamente immedesimarsi.
Il disco accontenta davvero chiunque: si ritrovano le reminiscenze musicali più disparate, e ciò porta l’intero lavoro ad un livello d’intrattenimento davvero notevole. Consiglio vivamente di ascoltare il disco tutto d’un fiato, avendo possibilmente i testi sotto mano, per potersi calare a pieno nel piccolo, ma incredibile, universo che gli Adam Kills Eve sono riusciti a racchiudere in soli 20 minuti.

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