DeWolff, that ‘70s show

Devo ancora ben comprendere per quale insano motivo questo trio olandese sia riuscito a sfuggire al mio personalissimo radar, un radar che su queste sonorità molto raramente fa cilecca.
A metterci una pezza, la provvidenziale data dei Black Crowes dello scorso autunno all’Alcatraz, quando i fratelli Robinson hanno finalmente riportato le chiappe su un palco italiano portandosi dietro proprio i DeWolff come special guest che, pur limitati dal poco tempo a disposizione, riuscirono a colpire l’attenzione del pubblico presente con i loro suoni vintage ed un set letteralmente infuocato.


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Il resto lo ha fatto il nuovo album, “Love, Death & In Between”, uscito a inizio 2023 ed entrato di prepotenza nella mia personalissima classifica dei migliori album dell’anno.
Un disco scritto e suonato divinamente, con cui la band è riuscita nell’intento di canalizzare, catalizzare e razionalizzare l’intero caleidoscopio di sonorità che ne contraddistingue il song-writing e che, per quanto mi riguarda, li pone tra le band di punta del cosiddetto retro-rock di cui si parla tanto in questi ultimi tempi.
Ed è proprio sulla forza di quell’opening slot ai Corvi Neri che Barley Arts li riporta in Italia per un’unica data, al Legend Club di Milano, che per l’occasione sfiora il sold-out offrendo ai fratelli Van De Poel (Pablo il front-man e Luka il batterista) un colpo d’occhio di tutto rispetto, e un’ottima scusa per trasformare un semplice concerto in una sorta di viaggio a ritroso nel tempo, riportando un pezzetto di anni ’70 ai giorni nostri.

Il locale si presenta fin da subito gremitissimo ed ai limiti del sold-out, vista anche la politica prezzi applicata, con un costo al botteghino davvero popolare per una band di questo valore.
A scaldare gli animi in attesa degli headliner ci pensano i The Scubats, trio milanese che per una mezz’oretta ci ha intrattenuto con il suo vivace hard rock’n’roll stradaiolo con qualche deriva punkeggiante.
Attiva dal 2018, la band composta da Daniele La Canna (chitarra e voce), Stefano Vitanza (basso e cori) e Davide Gagliardi (batteria) non reinventa la ruota ma diverte e si diverte, presentando nel corso del proprio set 7/8 brani del proprio repertorio, tra cui i singoli ‘Bombshell‘ e ‘Coldblooded‘.

The Scurbats

Si son fatte le 22:00 quando finalmente i DeWolff salgono sul palco e aprono il concerto così come aprono il loro nuovo disco – con quell’intro che non può non richiamare alla memoria gli Antics di James Brown.

«Are you ready for the night train? I said… are you ready for the night train?», urla Pablo Van De Poel, tenuta in perfetto stile seventies, prima di lanciare la band in un’infuocata versione di ‘Night Train‘, un brano che suona come sei nei Deep Purple ci cantasse il reverendo Brown.
Il viaggio alla scoperta di “Love, Death & In Between” continua con quel potenziale hit-single che potrebbe essere ‘Heart Stopping Kinda Show‘, un R&B dal ritornello assassino che ti si pianta in testa per non uscirne più, e con ‘Will O The Wisp‘, altro pezzone dove blues e gospel si fondono magnificamente per dar luogo ad uno dei brani di punta dell’album.
Non mancano poi richiami al passato, con ‘R U My Saviour‘ e ‘Treasure City Moonchild‘ che vengono ripescate da “Wolff Pack” del 2020.
Oppure con ‘Tired Of Loving You‘ da quel “Roux-Ga-Roux” del 2016, tra l’altro caratterizzato da un artwork fantastico.
Il main-set si chiude con gli epici 16 minuti e mezzo di ‘Rosita‘, il pezzo di punta dell’ultimo disco, un vero tour-de-force dove la band spreme fino in fondo tutte le proprie influenze: dalla psichedelia al southern rock passando per il blues ed il gospel – un brano perfetto da riproporre live, che lascia liberi i tre DeWolff di jammarci sopra, in un crescendo emotivo di rara efficacia.
Veramente notevole.

DeWolff

Rimane lo spazio per un paio di encore, con ‘Nothing’s Changing‘ e ‘Freeway Flight‘ con le quali chiudono alla grande un concerto che il sottoscritto non esita a piazzare tra i migliori di questa ricca annata musicale.

Che dire della band?
Pablo Van De Poel occupa e domina il palco da consumato professionista, la sua voce si presta perfettamente alle sonorità della band così come i suoni della sua chitarra, ricchi di gusto, mai esasperati e carichi di feeling.
Il tutto viene perfettamente coadiuvato dal buon Robin Piso, che con l’Hammond ed il Wurlitzer fa miracoli nel intessere la trama su cui si sviluppa il sound dei DeWolff.
Non trascurabile, infine, l’apporto alla batteria dell’altro Van De Poel, Luka, che detto tra noi se la cava bene anche dal punto di vista vocale fornendo al fratello un buon supporto anche da quel punto di vista.
Detto questo, però, occorre dire che la forza della band non sta tanto nelle qualità dei singoli quanto nell’affiatamento del collettivo: quel saper amalgamare così efficacemente suoni diversi, inondando di psichedelia un sound in cui spuntano elementi che spaziano dall’hard rock al soul, con tutto ciò che ci sta in mezzo, sapientemente dosati e magistralmente eseguiti.

Se ancora non li conoscete, fatevi un favore e andate ad ascoltarli.
Dal canto mio, spero di rivederli presto in azione e, possibilmente, di vederli coadiuvati sul palco da fiati e coristi ‘veri’, come in qualche occasione speciale han già fatto, tra l’altro con risultati davvero piacevoli per le orecchie.

Milano, 17 novembre 2023

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