Massimo Volume – Il Nuotatore

«Conoscevo la vita dei santi
Non la loro folle incoscienza»

Esiste la progettualità, un incidere segnato dai canoni, classificazioni e priorità; esiste poi l’esigenza, lo sfuggevole, l’aridità e l’atto vandalico di eventi e cause e credo che i Massimo Volume si troverebbero molto più a loro agio in questa seconda versione.
Me lo immagino così il trio, per la prima volta da solo in venti anni, ad affrontare una nuova “avventura discografica”.
Ci hanno abituato ad aspettare, non per sconvolgerci con effetti speciali, ma per lasciar sedimentare, lievitare e magari portare all’esasperazione il vivere quotidiano, quel gironzolare su e giù dai ponti in attesa della caduta come il buon vecchio Camus ci ha insegnato.
Ed eccoci qui con “Il Nuotatore” a sei anni da il precedente “Aspettando i Barbari” e da quella opera omnia e bugiardino di verità metropolitana che era “Cattivi Abitudini”.

La band, lo abbiamo già detto, è ora un power trio, archiviata l’esperienza più elettronica ha costruito sulle sue solide basi un’architettura sonora: un drumming preciso, spigoloso, lavico, una chitarra tra le più belle di sempre dell’underground italiano, un basso pulsante e atavico e una liricità che continua, ancora una volta, a ricordarci che i Massimo Volume sono lontani più che mai da tutto e da tutti.

“Il Nuotatore” non ha un tema comune, o forse si?
Non parla forse forse di sconfitte, figlie di frustrazioni e accanimenti verso una rivoluzione che mai arriva e che forse non vorremmo mai davvero?
Parla di padroni che diventano schiavi ‘La ditta dell’acqua minerale‘, una madre già proiettata in un finale oscuro che però si preoccupa di “far bella figura” in ‘Mia madre e la morte del gen. José Sanjurjo‘ oppure ‘Una voce a Orlando‘, dove alla ben nota vicenda eroica in Florida si contrappone l’eco lontano e allo stesso tempo lamentoso di uno sconfitto, capace, però, di scrollarsi da dosso la polvere della colpa.

«Scusami amore se non era mia
La voce ad Orlando, nel buio
Sicura, che grida:
Avanti signori
Il corpo dietro al mio
Se un colpo parte
Tranquilli
Me lo becco io»

In ‘Amica prudenza‘ questa non è altro che paura di una sconfitta, che è paradossalmente essa stessa una paralisi, un arrendersi alle proprie incapacità di riscossa.

«E ho scoperto che può annegare
Anche chi rinuncia a navigare»
«Amica prudenza
Sorella dimessa
Proteggimi dal rischio»

Ne ‘Il nuotatore‘, canzone che offre il titolo al disco, rifacendosi a Cheever, la nuotata funziona da passaggio emotivo e spartiacque dalla goliardica noia borghese, il fitto brulicare di falsa bellezza, di sfarzoso lusso a la Grande Gatsby, allo sprofondare nella reale visione asettica e fredda di una vera e propria rivelazione.

«A volte immagino il mondo
Coperto da un velo
Che nessuno ha il coraggio di scostare
Per vedere cosa c’è dietro
Nemmeno io lo volevo
Ma poi s’è alzato il vento
E quello che non osavo scoprire
Ho capito che era peggio di quello che temevo»

La chiusura affidata a ‘Vedremo domani‘ nel riverbero incessante delle parole “domani”, “vedremo”, “sapremo” ricorda le tante promesse di un padre ad un figlio, cosciente dell’inefficacia delle sue stesse parole, ma pronto a trovare una soluzione di continuità, del resto

«se ci farà troppo male
potremo sempre condannare qualcuno»

Il disco si chiude e restiamo al buio, seduti a ricordare, a fare un bilancio e probabilmente a chiederci se tutto sommato questo disco non parli anche di noi, delle nostre incertezze, delle nostre passioni bruciate e se tutto sommato, ancora una volta, non sia il caso di ringraziare i Massimo Volume per farci sentire meno soli, meno sconfitti, più purificati e assolti.

«Mia madre l’ha sempre sostenuto:
Andare in giro
Col culo profumato
È il solo modo di farsi rispettare
Per chi nella vita
Non è nato fortunato»

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Giuseppe Gioia

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"E' dunque questa, la Nausea: quest'accecante evidenza? Quanto mi ci son lambiccato il cervello! Quanto ne ho scritto! Ed ora lo so: io esisto, il mondo esiste, ed io so che il mondo esiste. Ecco tutto."

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