Pochi giorni prima dell’uscita del suo nuovo Ep (“Dei Sentieri”, dicembre 2015) incontro Francesco Biadene, giovane e talentuoso musicista pistoiese che con molta umiltà sta cercando di farsi conoscere nella scena musicale indipendente.
Vincitore del Premio Indie Time 2015, premio per band emergenti organizzato dal Marea Festival di Fucecchio, ha avuto la possibilità di registrare questo splendido lavoro che ci racconta in anteprima insieme a qualche altra curiosità.
Chi è Francesco Biadene?
Francesco Biadene è un chitarrista che a partire dall’età di 13 anni ha iniziato a creare delle canzoni e a scrivere testi diventando così un cantautore, che però è più proiettato sul mondo dello strumento e della musica. Ciò vuol dire che sviluppo tanto la parte musicale, mentre la parte dei testi è la cosa che viene quasi più di getto, e che curo un pochino meno. Tengo a specificare che non scrivo cose a caso, voglio solo dire che sono più legato alle sonorità, agli arrangiamenti.
Domanda un po’ banale: come è nata la passione per la musica?
La passione per la musica in realtà ce l’ho sempre un po’ avuta.
Fin da piccolo suonavo e strimpellavo di tutto, ma ne sono diventato più cosciente quando mio padre ha iniziato a farmi ascoltare band come i Jethro Tull: da lì ho capito che quel mondo mi piaceva molto, ho iniziato ad approfondire la mia conoscenza andando a ricercare tutti i gruppi rock anni ’70 e quasi automaticamente ho iniziato ad avvicinarmi alla chitarra.
Dopo una delle tue prime esperienza con il Bingo Bongo Trio, nel 2012 inizi a dedicarti alla carriera solista e subito dopo si unisce a te il batterista Michele Pazzini, diventando fedele compagno di avventure. Ci racconti come è nata questa collaborazione?
Io e Michele ci siamo conosciuti a Bologna al conservatorio. Fin da subito si è creato un forte legame tra di noi e ho capito che sarebbe stata una persona che mi avrebbe affiancato per diverso tempo nel corso della vita, ed infatti è stato così. Mi ricordo quando fin dai primi tempi andavamo a provare in camera sua, un posticino piccolo, lui con la batteria elettronica che non si sentiva e io con la chitarra.
Poi da lì siamo arrivati a fare questo percorso insieme, che ha portato tante cose positive.
Inoltre il nostro, è stato un incontro molto interessante, perché io provenivo dal rock e dal blues mentre lui da un mondo che è più legato all’aspetto del jazz e del funk: questa commistione si sente soprattutto nell’ultimo Ep.
Il tuo nuovo Ep si chiama “Dei Sentieri”: perché questo titolo?
“Dei Sentieri” in realtà potrebbe essere considerato quasi un gioco di parole da cui ognuno può trarne il proprio significato. Ad esempio, per me il senso principale era “raccontando dei sentieri”, ispirandomi un po’ al senso del “De Rerum Natura“.
Però in realtà “Dei Sentieri” può anche voler dire alcuni sentieri, oppure Dèi (inteso come plurale di dio ndr) sentieri, oppure alla livornese, «Dèh i sentieri!».
Scherzi a parte, in realtà perché è un disco che è stato molto di getto, nel senso che abbiamo avuto poco tempo per farlo e quindi non è stato concepito tantissimo a livello mentale. Però alla fine, col senno di poi, a lavoro ultimato, mi sembra che l’idea principale che viene fuori è appunto di questo percorso che non si sa bene dove porta e da dove nasce, ma che è tutto da ascoltare.
Ci parli di questo Ep?
Ci sono sei tracce originali, di cui due strumentali.
‘Sale Lento’ è una traccia chitarristica, un brano ispirato al Salento che suono da diverso tempo ma che ho deciso di registrare adesso. ‘Come Un Fiume’ e ‘Quello Che Avevo Un Tempo’ le ho composte diverso tempo fa e con Michele Pazzini le abbiamo riarrangiate per farle suonare coerentemente con il resto del lavoro. Infine ‘Le Stelle’, ‘La Luna’ e ‘Il Viaggiatore’ sono canzoni nate per questo lavoro qui, quindi sono da una parte abbastanza istintive e dall’altra sono quelle che rendono di più quella che è l’idea del lavoro in sé e che hanno i colori più originali e descrittivi dell’Ep.
‘Le Stelle’ parla delle stelle e di quello a cui penso quando le guardo, mentre ‘La Luna’ è uno strumentale che esprime questa mia sensazione quando guardo il cielo.
Infine ‘Il Viaggiatore’ introduce il tutto, è un brano abbastanza breve che parla di un uomo che, con l’incombere dell’inverno, decide di partire e di percorre questo sentiero facendosi guidare dalla luna e dalle stelle.
Mi hai detto che è un lavoro che è stato composto molto velocemente: in ogni caso, ti puoi considerare soddisfatto?
Sì, molto.
Anzi, sono super contentissimo. Secondo me il fatto di aver avuto così poco tempo, da una parte chiaramente ci ha portato ad una quantità di stress maggiore perché dovevamo accelerare i tempi e soprattutto non abbiamo potuto curare nel dettaglio alcuni aspetti. Quindi, di fatto, è un Ep anche per questo motivo, perché comunque è un lavoro di presentazione dove non c’è stata una lunga preparazione. Però dall’altra è stata una fortuna, perché ci ha consentito di trovare in pochi giorni quelle sonorità che abbiamo potuto registrare immediatamente, creando così una cosa molto originale e soprattutto molto “di pancia”.
Come mai sei passato da testi in inglese del precedente lavoro (“Seven Lights”) a testi in italiano?
Semplicemente perché ho trovato sul serio qualcosa da dire. Scrivere in inglese per me voleva dire mettere un testo a una musica a cui io ero legato e per certi versi non gli davo neanche tanta importanza, in fondo quello che volevo dire lo volevo capire solo io, non mi interessava che lo capissero gli altri.
Invece proprio con ‘Fidati di Me‘, che era l’unica canzone in italiano del vecchio Ep, ho capito che alle persone piaceva quello che dicevo in italiano e soprattutto che potevo dire qualcosa non solo attraverso la musica.
Oltre a questo è cambiato anche qualcos’altro nel tuo approccio alla musica rispetto al vecchio Ep?
Sì, assolutamente. Sicuramente c’è stato un approccio molto più maturo.
Rispetto al precedente Ep molto più solistico, io e Michele abbiamo lavorato tanto insieme ai pezzi, è stata una cosa collettiva. Ho chiesto anche tante informazioni a giro, mi sono confrontato con tanti pareri e questo mi ha aiutato tantissimo, perché poi sono venute fuori delle canzoni molto più canzoni, molto più concrete.
Nel corso del tempo hai partecipato a molti concorsi ottenendo anche diversi riconoscimenti. Pensi che questi siano utili?
Credo che siano molto utili.
Qualsiasi concorso che abbia mai fatto sia con il Bingo Bongo Trio che da solo, poi di fatto ha portato qualcosa. Trovo che sia giusto farli soprattutto all’inizio, quando uno è giovane, però vanno presi con la mentalità giusta, cioè vanno presi come delle occasioni per farsi vedere e per dare il meglio di sé ma anche per ascoltare cos’altro c’è.
Ti devi rendere conto che stai andando a fare una cosa musicale e di cultura e che quindi non potrà mai essere una competizione nel vero senso del termine. Stai partecipando a qualcosa che funziona perché ci sono altri che lo fanno oltre a te, perciò trovo giusto arrivarci con la mentalità giusta e con molta serenità. Direi che sono molto validi per conoscere altri musicisti, per accumulare tutta una serie di esperienze molto positive e per acquisire una certa professionalità. Ad esempio ti permettono di confrontarti con un pubblico molto più numeroso rispetto a quello a cui sei sempre abituato, così come inizi a capire che l’emozione conta e la devi saper gestire.
A settembre, in occasione della rassegna “Settembre // Prato è spettacolo 2015” hai avuto l’onore di aprire il concerto di Mannarino: cosa è successo? Te l’aspettavi?
Assolutamente no. Devo ringraziare gli organizzatori, Fonderia Cultart e Alberto Castellani, per avermi dato questa occasione che è stata veramente unica.
È stata un’esperienza importante perché mi sono trovato di fronte a una quantità di pubblico mai vista prima ed ho provato veramente cosa vuol dire suonare di fronte a tantissima gente – che tra l’altro non è lì per te, ma per un artista affermato che già ha un suo nome. Ho dovuto far capire loro che ero lì per un motivo e comunque è andata benissimo, hanno subito apprezzato, si sono interessati e qualcuno dopo è venuto anche a complimentarsi.
Ci sono altri progetti in cantiere per Francesco Biadene?
In realtà sto già pensando di fare un lavoro concreto, quindi fare un disco vero e proprio, uscire con un bel prodotto che a quel punto sia una cosa lavorata in maniera professionale a cui dedicare tutto il tempo necessario. Poi pensavo anche di cercare diverse situazioni da qui a marzo, aprile o quello che sarà per portare il più possibile a giro questo Ep.
L’obbiettivo principale è quindi quello di suonare tanto e di farlo sentire a più persone possibili perché comunque è una cosa valida e che vogliamo assolutamente far ascoltare.
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