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TU: “Siamo la versione folle di un piano bar senza regole”

Seconda parte dell’intervista con la band

Non sono superstiziosi i Tu e hanno atteso il primo venerdì 17 dell’anno per presentare ‘Chiamami’, il loro nuovo singolo. Noi invece lo siamo e facciamo uscire l’intervista tre giorni dopo.

Con i Tu ci eravamo lasciati prendere un po’ la mano. Partiti per scambiare qualche battuta, ci siamo ritrovati con più di un’ora d’intervista. In una nazione in cui il 30% degli abitanti legge solo i titoli degli articoli (a volte nemmeno quelli) non è stato abbastanza editare e tagliare come se non ci fosse un domani. Abbiamo deciso, quindi, di pubblicarla in due puntate. Questa è la seconda, pubblicata in concomitanza con la loro nuova uscita. La prima parte invece la potete leggere qui

Come da recente tradizione, avete ospitato una “voce amica” per interpretare il pezzo. Stavolta è toccato a Lepre. Com’è andata con lui?

Con Lorenzo siamo amici da sempre e quando ci siamo guardati in faccia per decidere “e questa con chi la cantiamo?” non abbiamo avuto dubbi che sarebbe stato l’artista ideale per interpretare ‘Chiamami’. Gli abbiamo fatto ascoltare il pezzo e, in modo simile a quanto avvenne con Lucio Leoni, ha mostrato tutto il suo gradimento per il pezzo, aggiungendo però che secondo lui alla canzone mancava un ritornello. Allora ci siamo messi a lavorare e, con tre teste e sei mani, siamo pervenuti alla stesura finale.

Ci raccontate il brano in due parole?

Anche in questo caso l’ispirazione, lo spirito guida è stato Lucio Battisti. È un brano malinconico, in cui si respira la tensione verso il mantenere accesa una passione che invece, nonostante si facciano mille sforzi, va affievolendosi. E quella tensione porta con sé l’aria di una promessa mancata; ricominciare, riprovarci, ma senza crederci più.

 

È una canzone che ci rivela l’altro lato dei Tu, introspettivo e malinconico. Dall’altra parte, amate giocare molto con ironia, paradosso, comicità. Sui social vi presentate come “due musicisti che a volte fanno ridere”. Oltre alla musica avete fatto e fate stand-up e televisione con Francesco De Carlo, Non temete che il pubblico faccia confusione sulla vostra identità e vi percepisca come troppo bravi per essere credibili come comici e troppo divertenti per essere credibili come musicisti?

Ti diremmo di no, perché sappiamo perfettamente che non siamo bravi comici, non lo saremo mai e non abbiamo nessuna intenzione di proporci come tali. Sarebbe anche una mancanza di rispetto nei confronti di chi il comico lo fa davvero. Al massimo possiamo fare qualche battuta al momento giusto e se ci viene spontanea, ma come può accadere tra amici. E’ più una cosa per divertirci che non altro. Ad esempio, il nostro primo slogan era “Non avrai altro duo all’infuori di Tu”. Amiamo giocarci un po’, ma senza alcuna intenzione di sconfinare in ambiti che non ci appartengono.

Se invece parliamo di ironia la cosa cambia, e qui sì ci vado molto cauto. È un territorio in cui è difficile comunicare. A spaventarmi sono le macro-classificazioni all’interno delle quali oggi tutto deve rientrare. Noi chi siamo? Un gruppo rock? Un gruppo prog? Una band indie? Due cantautori? Due musicisti che fanno sorridere con l’ironia? Io non lo so. Forse siamo solo persone che fanno musica con ironia e siamo difficili da catalogare.

Sui social network siete presenti in modo riconoscibile e con una precisa identità. Non solo musicale ma anche visiva.

F: Una parte fondamentale della nostra musica è legata alle immagini. Abbiamo sempre fatto video un po’ surreali. Quando siamo arrivati sui social ci siamo detti che le immagini potevano essere un nostro tratto distintivo e abbiamo iniziato a investirci strategicamente. Da allora sono passati parecchi anni, abbiamo fatto una serie su Facebook, poi arrivata anche in Rai. Ma non mi sento ancora di dire che siamo dei creator. Siamo e restiamo musicisti, non passiamo la nostra vita a studiare le nuove tendenze su Instagram e Tik Tok. Anche se è inevitabile farlo, e penso che i primi nostri video erano di dieci minuti mentre oggi invece siamo costretti a stare nei sessanta secondi, altrimenti rischi di perderti i follower per strada

Tra i vari social, qual è quello su cui investite di più?

F: I social media sono molto diversi. Su Tik Tok puoi crescere in modo semplice anche con contenuti abbastanza banali. Devi però essere molto bravo a renderli virali e noi non lo siamo. Instagram è l’esatto contrario; devi realizzare un contenuto di qualità e che funzioni, altrimenti gira molto poco. Rispetto a Tik Tok è il social che meglio rende l’idea di quale sia la tua nicchia di riferimento e quanto tu sia conosciuto. Facebook è stata la nostra prima piattaforma ed è quella in cui noi abbiamo più followers. Quando pubblichiamo contenuti in cross-posting con “Musicademmerda”, ci rendiamo conto che diventano virali solo perché sono i ragazzi di questa pagina che ci avvisano delle nostre visualizzazioni.
Però i nostri numeri sono comunque piccoli se paragonati a quelli che fanno creator di professione. Francesco De Carlo, con il quale lavoriamo, ne appena fatte 15 milioni; quindi voliamo basso. E secondo me Youtube resta sempre il medium più adatto per chi fa musica. Ma anche se mi diverto molto a lavorare sull’immagine, ci vuole davvero tanta energia e tempo per stargli dietro.

Sebastiano, mi pare di capire che sia Federico a occuparsi della vostra presenza sui social.

S: Oh sì, Federico ci mette una tale quantità di lavoro e studio impensabili per me, sia per pigrizia che perché i social non mi hanno mai coinvolto più di tanto. Per cui lascio fare e sono contento quando propone un’idea. Mi diverte molto realizzarli, ma ho sempre un approccio da fruitore e mai da creatore. Non lo considero un lavoro, anzi quando vedo dei creator che pubblicano un contenuto, o più, al giorno mi chiedo come facciano.

Durante la settimana di Sanremo però fate qualcosa di molto particolare, ormai diventato un appuntamento con la tradizione. Pubblicate un condensato di tutte le canzoni concentrato in un video di pochi minuti, e lo fate in tempo reale, o quasi.  Lo vedo e penso proprio a un lavoro che vi toglie il sonno

In realtà è molto meno di quello che pensi. L’idea è nata per dare l’opportunità di vedere tutta la settimana del Festival di Sanremo in un video di 5 minuti. Quindi prendiamo tutte le canzoni e le risuoniamo, cercando di cogliere l’anima più profonda di ciascuna e sintetizzandola in pochissime battute della durata di pochi secondi. Mettiamo in evidenza un aspetto della canzone, una sensazione o un ricordo che associamo. Qualche volta anche un’ispirazione non dichiarata…(ammiccano)
Attenzione però, non parliamo mai di plagio. Oggi per noi è fuori luogo parlare di musica copiata, tanto tutti copiano tutti fin dai tempi di Mozart e Bach.

Scanzonati e goliardici sempre e comunque

Certo, L’obiettivo è suscitare una risata e giocare a tirar fuori il paradosso dalla cosa più seria che abbiamo in Italia: il Festival di Sanremo. E finora abbiamo avuto reazioni divertite anche dagli stessi partecipanti al Festival. Poi per noi è anche una sfida con noi stessi, riuscire a farlo in una giornata. L’edizione 2024 ci ha messo a dura prova: rendere l’essenza di 30 canzoni in cinque minuti scarsi.

Come vi organizzate?

Guardiamo il Festival la prima sera e ascoltiamo tutte le canzoni. Il giorno successivo lo passiamo a sistemare lo studio per le riprese e le registrazioni. Poi iniziamo le riprese. Oggi siamo diventati più veloci e in qualche ora ultimiamo l’allestimento. E mentre montiamo le attrezzature, a volte anche prima, ci vengono già le idee per qualche pezzo.

 

La domanda che nella classifica di quelle più odiate dalle band è seconda solo a quella che vi farò tra poco. Perché avete scelto di chiamarvi “Tu”?

Invece ci piace come domanda e siamo contenti di poter rispondere. Quando ci sedemmo a uno davanti all’altro alla ricerca di un nome, convenimmo che le nostre improvvisazioni non avevano uno stile ben definito. Alcune avevano un suono e un mood, altre avevano qualcosa del tutto diverso. Mentre continuavamo a guardarci in faccia e realizzammo che eravamo in due. Per partimmo da “Two”, che poi è diventato “TU”. Che siamo noi che però diventiamo tu, perché siamo il gruppo che vuoi tu. Che siamo come una versione folle di un piano bar fatto da due musicisti che fanno improvvisazione senza regole e quello che viene fuori non lo sappiamo nemmeno noi. Perché lo decidi e lo sai solo “Tu”

Chiudo con la domanda “kriptonite verde” di ogni band. Non ci ho dormito due notti, ma ho deciso di rischiare e farvela lo stesso. Oltre al disco, che altri piani avete per il futuro?

Altra domanda bellissima. C’è da chiederlo? Presentare il Festival di Sanremo.

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