
Tobias Sammet’s Avantasia, quando il metallo sposa il musical
Il cast stellare messo insieme da Tobias Sammet incanta ancora una volta Milano
All’Alcatraz, gli Avantasia offrono tre ore di concerto, ventidue canzoni ed una parata di stelle
Milano, 09 Aprile 2025
Ognuno di noi ha un proprio guilty pleasure, l’apprezzamento segreto per quel qualcosa o per quel qualcuno che irrazionalmente tendiamo a nascondere e confessare solo a noi stessi, non fosse altro che per evitare il giudizio altrui. Nel caso specifico, per chi scrive quel qualcosa è rappresentato dagli Avantasia, e quel qualcuno dal loro master mind, Tobias Sammet.
Personaggio atipico nella variegata scena metal, mi risulta davvero difficile non prenderlo in simpatia. Dotato di una buona dose di autoironia e di umiltà, pare non prendersi mai troppo sul serio. O per lo meno quasi mai, perché quando si tratta di mettere in musica le complesse trame che gli girano per la testa, lo fa sempre in modo estremamente serio. Talmente serio da essere riuscito a trasformare in realtà il sogno di portare le proprie fantasie in giro per il mondo, a capo di una banda di eccellenti musicisti e chiamando attorno a sé una compagine di cantanti di altissimo rango come raramente capita di poter vedere e ad ascoltare su di un unico palco.
Di Sammet apprezzo soprattutto l’aver saputo trasportare nel power metal gli stilemi classici del musical. Il ragazzo deve aver passato innumerevoli notti studiando le opere di Andrew Lloyd Webber ed analizzando il song-writing di Jim Steinman (quello del ‘Bat Out Of Hell’ di Meat Loaf, per intenderci) e di Desmond Child, sviluppando uno stile proprio che fa dell’immediatezza e della coralità la propria arma vincente, per un progetto che in quasi un quarto di secolo ha partorito una decina di album di grande successo, incluso il recentissimo “Here Be Dragons”, uscito a fine febbraio.
Il tour a supporto del nuovo disco raggiunge questa sera Milano, per venir ospitato ancora una volta da un Alcatraz al limite del sold-out. Non è prevista alcuna band di supporto, gli show degli Avantasia hanno infatti la fama di essere piuttosto lunghi ed anche questa sera non sarà da meno, con il timer dello show che si è fermato solo a pochi minuti dallo scadere della terza ora di concerto.
Accedendo al locale notiamo che lo stage è strategicamente coperto da un’enorme telo nero con il logo della band, che allo scoccare delle 20:15 cadrà, rivelando la suggestiva scenografia gotica che farà da sfondo alla performance di questa sera. Il gruppo di musicisti a cui è demandata la componente strumentale dello spettacolo è grosso modo la sempre la stessa. Dietro ai tamburi siede Felix Bohnke, coadiuvato al basso da Andre Neygenfind. Su di una specie di terrazzino che sovrasta il palco troviamo la postazione delle tastiere, dietro la quale si muovono Miro Rodenberg e i vari cantanti che forniranno le backing vocals ai brani. Ai due lati del palco, le chitarre di Arne Wiegand (unica vera novità in formazione, avendo sostituito il dimissionario Oliver Hartmann) e soprattutto di Sascha Paeth, da anni strettissimo collaboratore del buon Tobias, che in lui ha trovato il complice perfetto per tradurre in suoni le idee che gli passano per la testa.

Lo show non può che cominciare con ‘Creepshow’, il brano inziale di “Here Be Dragons” – un pezzo dal ritornello assassino che sembra scritto apposta per aprire i concerti e far saltare la gente. Cantata dal solo Tobias, il pezzo scalda immediatamente l’atmosfera di uno spettacolo che pescherà molto sia dal nuovo album che da “The Scarecrow”. Senza peraltro tralasciare il resto della discografia, che in ogni modo verrà rappresentata nel corso delle tre ore che abbiamo davanti.
Con ‘Reach Out For The Light’ incontriamo Adrienne Cowan dei Seven Spires, la prima ospite speciale della serata. Grande voce, anche se questa sera l’ho trovata un pelo troppo sopra le righe. In ‘The Witch’, altro pezzo dotato di ritornello letale, Tobias duetta alla grande con Tommy Karevik dei Kamelot. Pezzo dopo pezzo assistiamo all’ingresso in scena degli altri ospiti, partendo dalla vecchia conoscenza Herbie Langhans (‘Devil In The Belfry’), per proseguire con Ronnie Atkins dei Pretty Maids (‘Phantasmagoria’), stasera in ottima forma sia fisica che vocale, un’ottima notizia alla luce della dura lotta sostenuta contro un cancro, fortunatamente debellato.

Grande forma anche per Eric Martin dei Mr. Big (‘What’s Left Of Me’ e ‘Dying For An Angel’), evidentemente ripresosi dopo le disavventure vocali che gli sono capitate durante il tour d’addio della sua band principale. Attendavamo con impazienza la prova di Kenny Leckremo, straordinario front-man degli H.E.A.T. che con ‘Against The Wind’ si conferma, se mai ce ne fosse stato bisogno, autentico animale da palcoscenico e possessore di un’ugola di rara potenza. Il concerto prosegue senza sosta alcuna, con momenti di grande bellezza musicale, come ad esempio la title-track del nuovo album, su disco cantata da un Geoff Tate magnificamente rimpiazzato questa sera dall’eccellente Tommy Karevik. Eccellenti anche i duetti tra Ronnie Hattkins ed Eric Martin su ‘Promised Land’ e ‘Twisted Mind’, e la coppia Leckremo/Karevik che sprizza scintille su ‘The Wicked Symphony’. La classica ‘Let The Storm Descend Upon You’ vede di nuovo protagonista Hatkins in coppia con Herbie Langhans, che poi si dividerà con Leckremo le parti vocali di un’eccellente ‘Shelter From The Rain’.
Sammet dà il meglio di sé con il graditissimo ritorno in scaletta di ‘The Toy Master’, assiso sull’enorme trono draghiforme che per l’occasione è stato trascinato al centro della scena. C’è anche un po’ di Italia questa sera sul palco degli Avantasia, con la nostra Chiara Tricarico (ex Temperance ed attualmente nei Moonlight Haze), bravissima su una ‘Farewell’ che le ha fatto guadagnare, giustamente, il tributo più caldo della serata da parte del pubblico milanese. Perché, in fondo in fondo, un minimo di sano campanilismo non guasta mai.
Fino ad ora abbiamo parlato degli ospiti cantanti, ovviamente al centro dell’attenzione del pubblico, ma non possiamo dimenticare che quelle voci sono sorrette da una band solidissima e precisissima, complici anche i suoni ben bilanciati, che per quasi tre ore non ha perso un colpo, e con la chitarra di Sascha Paeth in grande spolvero – c’è tantissimo gusto nello stile del master mind tedesco.
Il concerto si avvia al gran finale con gli obbligatori encore in cui vengono eseguite ‘Lucifer’ e ‘Lost In Space’, prima che tutto il cast stellare di questa serata si raduni al gran completo sul palco per un medley in cui ‘Sign Of The Cross’ e ‘The Seven Angels’ si fondono, concludendo così – tra gli applausi scroscianti di un pubblico inondato dalla pioggia di coriandoli sparati dal palco – l’ennesima grande performance di Tobias Sammet e della sua allegra combriccola di complici. Una combriccola che, per l’ennesima volta, non ha deluso le aspettative.