Motorpsycho, il chaos controllato che viene dal freddo

Dopo aver toccato nei giorni precedenti Livorno, Cesena e Roma, l’attesissimo tour italiano di quella meravigliosa creatura nordica che sono i Motorpsycho si chiude alla Santeria Toscana di Milano, che per l’occasione fa registrare un clamoroso ma assolutamente meritato sold-out.
Il locale si riempie molto rapidamente, ma non abbastanza da impedirmi di conquistare un’ottima posizione quasi in front-row.
L’inizio è previsto per le 21:00, per una serata priva di special guest e quindi interamente dedicata al trio norvegese, la qual cosa fa ben sperare per un concerto dalla durata fuori standard, o quanto meno fuori dallo standard dei comuni mortali, perché raramente mi è capitato di vederli stare sul palco meno di un paio di ore e mezzo.
E se la struttura di questo tour è ben nota e consolidata (set acustico seguito da set elettrico e un encore che praticamente è un terzo set), molto meno scontata è la set-list, variegata come non mai e cangiante di data in data.

In teoria dovrebbe essere il tour in supporto a “Yai!”, l’ultimo parto in casa Motorpsycho.
Un disco anomalo, uscito quest’estate ma in realtà registrato durante il primo anno di pandemia, tanto che alla batteria troviamo ancora Tomas Järmyr, che aveva sostituito nel 2017 il defezionario Kenneth Kapstad (impegnato con i meravigliosi Spidergawd), poi fuoriuscito dalla band proprio all’inizio di quest’anno, lasciando praticamente da soli i due fondatori, Bent Sæther e Hans Magnus “Snah” Ryan.

Dicevamo, un album anomalo ed ancora una volta ‘diverso’, questo “Yai!”, un disco bucolico in cui la band fa emergere il suo lato più spiccatamente canterburiano, con quel mix di folk e psichedelia cantautorale che questa sera vediamo prendere corpo sul palco della Santeria, quando Bent e Hans Magnus, accompagnati dal neo-assunto Ingvald André Vassbø alla batteria, inaugurano lo show con un set acustico che si muove proprio su quelle coordinate, ed in cui spiccano due dei brani provenienti dal disco, l’iniziale ‘Dank State’ e ‘Patterns’.
In mezzo ci infilano una superba rivisitazione di ‘Sunchild’ per poi chiudere la parentesi acustica in crescendo con ‘Mad Sun’ e ‘Feel’.

Motorpsycho

Con ‘Sentinels’, l’ultimo dei brani di “Yai!” che farà la sua comparsa in scaletta questa sera, i suoni virano in elettrico e lo show spicca il volo, con una sequenza di brani sapientemente attinti da un po’ tutta la loro discografia passata, mettendone in risalto – sa mai fosse stata in dubbio – la versatilità e la trasveralità, passando con nonchalance da classici anthem stoner come ‘Nothing To Say’ a clamorose vette strumentali dal sapore neanche troppo velatamente King Crimsoniano (‘The Alchemyst’), in una sorta di ‘chaos’ controllato che può ricordare, se non nella musicalità quanto meno nell’approccio stilistico, a quanto ci avevano abituato i Rush.
Con questo nessuno qui vuole paragonare i Motorpsycho alla sacra triade di Toronto, ma è sufficiente immergersi nel maelstrom sonoro che riescono a sviluppare sul palco per comprenderne l’affinità attitudinale, un po’ come accade per i Voivod, non a caso spesso catalogati come “i Rush dell’estremo”.
Data per scontata la solita, impeccabile performance dei due membri fondatori, spezziamo una lancia a favore del neo-assunto Ingvald André Vassbø, davvero sugli scudi questa sera con una prestazione impressionante per gusto, varietà e potenza: davvero un ottimo acquisto che non farà rimpiangere i propri predecessori, rivelandosi tra l’altro molto valido anche sul fronte dei backing-vocals.

In scaletta una scaletta densa di echi del passato troviamo anche una bella cover di ‘August’ dei Love, mentre brilla per la sua assenza ‘Hotel Dedalus’, sicuramente il pezzo di “Yai!” che più mi ha impressionato, e che speravo di ascoltare in veste live – la delusione è  stata comunque abbondantemente compensata dal brano di chiusura del main-set, quella fantastica ‘Mona Lisa/Azrael’  che è stato uno dei brani di punta di “Ancient Astronauts”, il  loro penultimo disco.

Non resta che attenderli sul palco per l’encore, che ci sorprende con un’inattesa ‘Hogwash’ (in scaletta era riportato un altro brano)  a cui fanno seguire una classicissima ‘Plan #1’ dal mai dimenticato “Demon Box”, sulle note della quali i Motorpsycho si congedano da Milano e dall’Italia, confidando nella speranza di rivedere presto in azione quella che a mio personalissimo ed umilissimo parere, rappresenta una delle più ispirate e creative realtà musicali mai partorite dal continente europeo.
D’altronde, come l’Italia ama i Motorpsycho, i Motorpsycho amano l’Italia, e siamo certi che non mancheranno di includere il nostro paese nei futuri itinerari che porteranno la band sui palchi di tutta Europa.

Milano, 24 ottobre 2023

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© Yamilé Barcelò

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