Massive Attack, distopia fuori dal tempo

È un tour commemorativo quello che porta in Italia per tre date i Massive Attack, partendo il 6 febbraio da Milano ma c’è anche di più.
“MezzanineXX1” è sì una celebrazione del compleanno del loro disco più conosciuto, ma nelle premesse e nelle promesse c’è una rivisitazione di quei suoni che nel 1998 erano innovativi in una delle pietre miliari del trip hop.
Il Mediolanum Forum di Assago è ovviamente gremito e attende che le luci si spengano e inizi il viaggio senza luogo e senza tempo, che ha avuto inizio a Bristol tre decenni fa e non sembra volersi fermare.

Massive Attack - Mezzanine XXIL’attacco è lento, melodico e ovattato, i Massive Attack prendono le corde del pop psichedelico e propongono la loro lettura di ‘I found a reason‘ dei The Velvet Underground.
Ci vuol poco a ristabilire l’ordine e a riportare il buio in scena, basta ‘Risingson‘, dai contorni delineati e dai suoni chirurgici, spinta ma che non vuole travolgere.
Altro attacco a effetto, altra cover dal timbro newyorkese col basso leggero e incalzante, sebbene vada ad attingere dagli inglesissimi The Cure con la loro ‘10:15 Saturday night‘.

È un gioco di chiaroscuro continuo, il tempo narcolettico di ‘Man next door‘ dice chiaramente questo.
La penombra è dominante, rotta e contrastata dai visual e dai video in definizione notevole.
La domanda che sale dal profondo non è inaspettata: dove vogliono farci arrivare i Massive Attack, con queste rappresentazioni trasversali?
E la risposta è un’altra domanda: siamo sicuri che i Massive Attack vogliano farci arrivare da qualche parte?
Nel dubbio, vengono raggiunti sul palco da Elizabeth Fraser, voce storica dei Cocteau Twins e presenza ingombrante con i suoi pesanti contributi vocali in “Mezzanine”.
La nitidezza del suono di ‘Black milk‘ fa quasi specie, una precisa combinazione di diversi livelli.

L’aria viene ingolfata e resa angosciante dalla traccia che dà il titolo all’album, strisciante ad altezza terra per poi salire con aggressività inaudita.
È davvero impressionante quanto un suono di vent’anni fa sia perfettamente calzante nella rappresentazione del giorno d’oggi, ennesima conferma di quanto i Massive Attack fossero e siano visionari.
La frenesia con cui reinterpretano i Bauhaus sfuma in ‘Dissolved girl‘ pulsante e accesa, per arrivare alla frustate all’udito e alla vista che sfodera ‘Inertia creeps‘, con una trama di fondo rinnovata.

Confortevoli e cerebrali come il pensiero, violenti come la lotta, i Massive Attack offrono un ultimo strappo con la forza del punk e le tinte glam di ‘Rockwrok‘ degli Ultravox prima di riaffrontare il loro passato per la chiusura.
La voce di Daddy G non è delle migliori per ‘Angel‘, ma la linea portante del brano è un lento vortice, un frullatore che gira a bassa velocità.
Poco per volta prende forma ‘Teardrop‘, intorno alla voce immacolata di Elizabeth Fraser, ed è ‘Group four‘ a concludere la scaletta, salendo in loop e moltiplicando il frastuono.

Massive Attack

Non è solo un concerto, quello dei Massive Attack, e non si tratta solo di una riproposizione un po’ svecchiata.
Sono schiaffoni che volano, sono pugni che arrivano allo stomaco, è la cruda realtà dipinta con composizioni e stratificazioni di suoni e con un turpiloquio di immagini.
Sovversivi lo sono sempre stati, sul fatto che fossero visionari c’erano pochi dubbi, ora più che mai abbiamo la conferma di quanto i Massive Attack siano da sempre fuori dal tempo, scivolando avanti e indietro lungo i decenni.

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Matteo Ferrari

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Nato nel 1984 nell'allora Regno Lombardo-Veneto. Un onesto intelletto prestato all'industria metalmeccanica, mentre la presunta ispirazione trova sfogo nelle canzonette d'Albione, nelle distorsioni, nei bassi ingombranti e nel running incostante.

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