Luppolo In Rock | Day 03: la ricetta dell’allineamento dei pianeti

Per la giornata conclusiva di quello che anche Hellfire Booking Agency (tra gli organizzatori)  dichiara essere «il festival dei fans per i fans», è accaduto un evento più unico che raro nella programmazione dei festival italiani.
Un’incredibile coesistenza di intenti unita all’ottima organizzazione, ha portato all’interno dell’area delle Colonie Padane già nel primo pomeriggio molta gente pronta a saltare in aria grazie a un bill di primissimo ordine e che ha letteralmente fatto impazzire tutti.

Un festival di provincia, il Luppolo In Rock, nonostante si svolga in una città capoluogo di provincia.
La location ha offerto al pubblico ampi spazi relax e possibilità di riparo dal torrido sole di luglio con tantissime panche poste all’ombra delle piante, molti punti ristoro, tanti stand di varia natura (dalla vendita di dischi all’abbigliamento), un’area camping adiacente e un sistema di sicurezza serio, che ha garantito a tutte le persone accorse all’area concerti di essere controllate ma con rispetto.
Ciliegina sulla torta, la completa mancata presenza di zanzare, cosa fuori da ogni senso logico vista la vicinanza della location al Po, ma meglio così.
Tra una chiacchiera rilassata e la neanche tanto lunga coda per prendere da bere o da mangiare, c’è anche la possibilità di godere dei dj-set potentissimi gestiti dalla meneghina Rock’n’Roll Radio.

Alle 17.15 tocca ai romagnoli Slug Gore, a far uscire allo scoperto del sole cocente i ben numerosi spettatori nella area concerti.
Saranno 26 minuti molto intensi e veloci, anche grazie alla brevità della loro discografia: all’attivo hanno solo un Ep e un nuovo album è in progettazione.
La band ha la sua fan-base consolidata, soprattutto grazie alla presenza di Danny Metal (youtuber) alla batteria e di Poldo alla voce, che animano il pubblico con il loro core veloce ed immediato.
Il set è breve ma, come già visto al recente Dissonance 2023, il quartetto ha molte buone intenzioni e suona relativamente bene proponendo anche un paio di nuove canzoni che, presumibilmente, andranno sul loro album di debutto.

La folla, numerosa e resistente sotto il sole, alla fine del loro set molto convincente defluisce all’esterno nell’area relax per andare a prendersi una birra fresca o sedersi e mangiare un gelato-
Subito il cambio palco veloce fa salire puntuali come le tasse gli italianissimi Cripple Bastards.
Solo un pazzo riuscirebbe nell’impresa di cantare più di 25 pezzi in italiano a velocità  furiosa in 45 minuti.
Alfieri del grindcore italiano nel mondo da più di un trentennio, i Cripple Bastards vengono riconosciuti a livello mondiale calcando qualsiasi palco venga loro proposto con odio e violenza.
Il loro live è un’esperienza di nichilismo e potenza: mai un secondo di respiro, un cedimento da parte della band e da parte del pubblico, che in simbiosi regalano a questa performance un’intensità difficilmente arrivabile.
Unico momento di fiato quando il batterista Raphael Saini sfonda il rullante della batteria che deve essere cambiato, con disappunto del cantante Giulio, già pronto a vomitare growl e urla lancinanti sul pubblico.
La grandissima forza dei Cripple Bastards è racchiusa nella potenza emotiva dei loro testi, rappresentazioni crude di vita vera e di emozioni che, anche indirettamente, non lasciano indifferenti.
Esemplari le canzoni ‘Morte da tossico‘, ‘Narcolessia Emotiva‘, ‘Italia di Merda‘ e ‘Il Tuo Amico Morto‘, che hanno lasciato un senso di amaro in bocca.

I Possessed sono pronti scalpitanti e alle 19.00 arrivano a sfogare il loro set sul palco.
Il termine ‘resilienza’ è oggigiorno spesso abusato, ma nel caso di Jeff Becerra si può dire sia la parola giusta che lo descrive: vittima di una sparatoria, dal 1989 è costretto su una sedia a rotelle.
La complicazione di una recente infezione all’occhio, che lo ha quasi reso cieco, lo fa arrivare sul palco con una vistosa benda piratesca, con la sedia a rotelle dalle gomme tassellate e con la voglia di un ventenne di far casino!
Il loro set è dirompente, non per niente sono stati i primissimi genitori del death metal che dai primi anni ’80 partendo dalla Bay Area di S.Francisco ha invaso tutto il globo.
Per ovvi motivi fisici la voce di Becerra molte volte è sovrastata dal volume degli strumenti e si perde nel marasma dei suoni delle chitarre e della batteria, ma è una mera constatazione nei confronti di un uomo che merita tutto il rispetto possibile e a cui moltissimi personaggetti del settore dovrebbero ispirarsi.
Il set di 45 minuti verte sull’ultima uscita pubblicata nel 2019, il loro terzo album “Revelation of Oblivion”, da cui sono estratti ben sette pezzi – ‘No More Room in Hell‘, ‘Damned‘, ‘Graven‘, ‘The World‘ pettinano, a suon di riff e potenza, un ormai estasiato pubblico che non smette di pogare ed incitare la band.
Jeff non solo apprezza e sorride ma continua imperterrito a girare con la carrozzina da una parte all’altra del palco.
Con le conclusive e storiche ‘Fallen Angel‘, ‘Death Metal‘ e la spettacolare ‘Burning in Hell‘, i Possessed entrano nei nostri cuori facendoci apprezzare l’immensa qualità delle loro canzoni.
Soprattutto, molta stima e affetto incondizionato a Jeff, per essere veramente uno dei pochi degni di rispondere al termine ‘resilienza’.

L’arrivo delle 21 fa si che quello dei Soulfly sia lo scoccare di un vero assalto frontale da parte di Max Cavalera e soci al palco del Luppolo In Rock.
Dalle prime note e dal ritmo forsennato della opener ‘Back to the Primitive‘ inizia un pogo e un susseguirsi di circle pit caotico, delirante e scatenato.
Formatasi nel 1997 si capisce benissimo che Max è uno di quei pochissimi che sono dei frontman veri, sanguigni, potenti, che sanno istigare le folle in moto perpetuo e continuo.
I Sepultura con lui sono uno ricordo fortissimo nelle nostre menti e infatti alla cover ‘Refuse/Resist‘ è sceso Gesù dalla croce del duomo di Cremona per pogare con noi nella bolgia che oramai era diventata il piazzale del parco delle Colonie Padane.
L’istrionico Cavalera sa benissimo come tenere il palco facendo sfogare nella maniera più libera il suo pubblico, non finisce un circle-pit che ne richiama un altro con lui che continua a pogare.
Il concerto è rabbioso e la risposta della gente è furiosa.
Un’ora volata velocissima come una esplosione nucleare che ha polverizzato qualunque resistenza, attesa e curiosità nel vedere se ce la faceva ancora.
Il ragazzo Max Cavalera non solo ce la fa benissimo ma anche tiene nelle sue fila la prole, con il figlio Zyon alla batteria e fa cantare il figliastro durante Bleed, sancendo non tanto un passaggio di testimone quanto una armonia nel suo vivere e la sinergia famigliare che lo rende più creativo e propositivo che mai.
Sono i conclusivi ‘Eye for an Eye‘ e la finale ‘Jumpdafuckup‘ che fanno saltare il banco.
Letteralmente non c’era la possibilità di stare fermi e le luci si spengono con un Cavalera ancora presentissimo, che si è fatto fare per l’occasione una maglia di calcio della cremonese con il suo nome sopra e che avrebbe tranquillamente voluto suonare ancora.

Tempo di tirare il fiato, uscire a prendere una birra, parlare di quanto sia stato spettacolare il live dei Soulfly, che è il turno dei Carcass.
Finalmente ricoprono il ruolo di headliner, doveroso riconoscimento a un gruppo che dagli albori ha sempre garantito una qualità molto alta dal punto di vista della composizione e che, soprattutto, sa ancora sparare delle cannonate live.
Buried Dreams‘ risveglia il pubblico che pensava di aver finito le energie dopo i Soulfly.
I Carcass, capitanati da Jeff Walker non si perdono in fronzoli: non ne hanno bisogno, per loro basta schiacciare sull’acceleratore a tutto gas per devastare di potenza e aggressività tutto il pubblico.
É un assalto ininterrotto quello che lanciano gli inglesi in terra padana, attingendo nella loro pluriennale discografia ma promuovendo anche quell’ottimo “Torn Arteries” uscito nel 2021 con le convincenti ‘Dance of Ixtab‘, ‘Kelly’s Meat Emporium‘, ‘The Scythe’s Remorseless Swing‘, ‘Under The Scalpet Blade‘ sapientemente miscelate nell’arco del loro set.

Sarà ‘316L Grade Surgical Steel‘ a concludere quello che è stato non solo un concerto memorabile ma una giornata epica e rara per intensità dei live, partecipazione del pubblico e soprattutto per quanto offerto dal festival per far star bene i numerosi partecipanti.
Nessun calo di tensione o di intensità di risposta dal pubblico per tutta la durata dell’evento, questo anche grazie alla volontà degli organizzatori di far stare bene il pubblico presente.
Basta veramente poco per creare un evento che rimarrà nei cuori e farà desiderare di tornarci l’anno prossimo.
E se voi eravate presenti e non siete stati contenti del Luppolo in Rock 2023, cambiate genere musicale perché il problema, in verità, siete voi.

Cremona, 23 luglio 2023
Photogallery © Stefano Panaro

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