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GY!BE

GY!BE, sinfonia per un mondo in rovina

I GY!BE a Bologna, tra distruzione e speranza

Musica, immagini e caos: il racconto di un concerto apocalittico

Bologna, 11 Marzo 2024 | Ph. © Carlo Vergani

I Godspeed You! Black Emperor hanno portato la loro apocalittica visione sonora all’Estragon di Bologna. È stata l’ultima tappa del breve tour italiano che li ha visti esibirsi prima alle OGR di Torino e successivamente al Teatro Comunale di Vicenza.

Il collettivo canadese ha trasformato la serata in un’immersione profonda negli abissi della tragedia umana, presentando il suo ultimo album “No Title As Of 13 Februarsy 2024 28,340 Dead”, uscito lo scorso ottobre. Il nome è un esplicito riferimento al numero di palestinesi uccisi dai bombardamenti israeliani su Gaza dal 7 ottobre 2023 al 13 febbraio 2024.

Le porte dell’Estragon di Bologna si sono aperte alle ore 19:00 in seguito all’annunciato sold-out pomeridiano comunicato da Ferrara Sotto le Stelle. Il concerto dei Godspeed You! Black Emperor si inserisce infatti nel cartellone come prestigiosa anteprima dell’omonimo e rinomato festival ferrarese.

Alle 20 in punto, l’Estragon accoglie Mathieu Ball, componente dei Big Brave, qui presente con il progetto solista Mat Ball. Il chitarrista canadese, forte di due pubblicazioni omonime “Amplified Guitar”, trasforma il palco in un officina sonora metallica disturbante.

matt Ball
Matt Ball

La sua esibizione è un’immersione totale in un universo di dissonanze calcolate – un muro di distorsioni che lasciano poco spazio alle convenzioni melodiche. È un assalto acustico che richiede attenzione, dove ogni nota strappata alla chitarra sembra raccontare storie di paesaggi industriali abbandonati.

Il finale vede l’ingresso di Mike Moya dei GY!BE, che aggiunge sottili sfumature alla tempesta di non facile ascolto, ma perfettamente coerente con l’estetica del collettivo montrealese.

Alle 21:00 l’atmosfera subisce una trasformazione palpabile e gli ultimi ritardatari si affrettano a entrare, fondendosi con l’energia collettiva che pervade lo spazio. C’è quell’attimo in cui il silenzio si fa assordante e non vedi l’ora di essere catapultato in uno spazio parallelo.

Come da tradizione, i GY!BE inaugurano il concerto con “Hope Drone”, un’ampia composizione improvvisata che, malgrado il suo titolo paradossalmente ottimistico, avvolge immediatamente gli spettatori in un’atmosfera di ineluttabile fatalismo. Ad aprire le danze sono Sophie Trudeau al violino e Thierry Amar al contrabbasso, che per diversi minuti tessono un dialogo musicale intenso prima di essere raggiunti progressivamente dagli altri membri della formazione, diretti da un impeccabile Efrim Menuck. La formazione si dispone in cerchio, seduta, con il bassista Mauro Pezzente in piedi, creando un’atmosfera di concentrazione totale che contagia anche il pubblico

La sala è immersa in una totale oscurità, evocando la sensazione di trovarsi nelle profondità di una caverna umida e tenebrosa, dove l’unico conforto è rappresentato dalla parola “Hope” proiettata sullo schermo – un fragile bagliore di speranza a cui aggrapparsi nell’oscurità opprimente che ci circonda.

Quasi due ore di concerto dove la scaletta proposta all’Estragon ha abbracciato diverse composizioni tratte dal nuovo album: “Sun Is a Hole Sun Is Vapors”, “Babys In a Thundercloud” e “Raindrops Cast in Lead”, “Pale Spectator / Grey Rubble” oltre a brani del repertorio passato.

I brani dell’ultimo album ci suggeriscono che persino nell’abisso più profondo possano fiorire spiragli di bellezza e resistenza umana. Un dualismo sonoro che rispecchia la nostra innata capacità di scovare un significato anche nelle condizioni più disperate.

L’architettura sonora evidenzia motivi ciclici che si espandono gradualmente: dal violino di crescente intensità che culmina nelle deflagrazioni delle chitarre distorte in dialogo continuo con la doppia batteria. Questo percorso di ascesa e detonazione sonora non evoca solo distruzione, ma anche metamorfosi e possibilità di rinascita.

Elemento fondamentale dei live di GY!BE sono le proiezioni in pellicola 16mm del regista Karl Lemieux, storico collaboratore che manipola e mescola pellicole in tempo reale con quattro proiettori cinematografici.
I cortometraggi espressionisti, creano un contesto visivo perfetto per i lunghi viaggi strumentali della band. Durante “World Police and Friendly Fire”, le immagini di fabbriche in fiamme sottolineano l’intensità furente della musica. In altri momenti, scene di manifestanti sotto attacco da cannoni ad acqua rimarcano i temi della resistenza e le immagini di meduse delicate creano un contrasto sorprendente.

Il concerto si è concluso con “The Sad Mafioso” da “East Hastings”, un finale intenso che ci ha spinto a riflettere sul nostro ruolo attivo nella società.

La band ha lasciato il palco, uno dopo l’altro, avvolti in un rumore bianco, senza bis o celebrazioni aggiuntive. È rimasta solo la sensazione di aver vissuto qualcosa di importante.

Lo spettacolo è stato come un viaggio attraverso il crollo della società moderna, raccontato attraverso la musica. Con suoni potenti e atmosfere intense, i musicisti hanno mostrato sia la crisi del nostro tempo che la possibilità di cambiamento. Non è stata solo musica, ma un’esperienza completa che ci ha fatto vedere un mondo in difficoltà ma non senza speranza.

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