
Roma Jazz Festival 2024 | Kamasi Washington
Kamasi Washington e il vento del rinnovamento
Si conferma ai massimi livelli l’artista esponente di spicco della rivoluzione del jazz contemporaneo
Roma, 15 Aprile 2025 | Ph. © Stefano Panaro
«L’ultima cosa di cui il jazz aveva bisogno era un’altra versione di Summertime o Feeling Good. Fare musica originale: è quello che la gente vuole»
[Gilles Peterson]
Quaranta minuti al concerto romano di Kamasi Washington. Mi guardo intorno. Il pubblico sta riempiendo la Sala Santa Cecilia, la più capiente tra le quattro dell’Auditorium Parco della Musica. L’attesa è spasmodica, per un concerto previsto originariamente lo scorso ottobre. Mi colpisce qualcosa, ma non è il sold out. È un particolare che emerge in tutta la sua evidenza: una buona metà del pubblico ha meno di 35 anni.
Le parole di Gilles Peterson, produttore, discografico, promoter di concerti, conduttore di BBC Radio6, sono state profetiche anche per un paese musicalmente conservatore come il nostro. Il vento del cambiamento è giunto sulle sponde dei nostri mari. Uno dei primi motori è il signore che tra poco soffierà nell’ancia del suo sax tenore, a pochi metri da noi. Soffio nel sax, soffio del vento di una rivoluzione copernicana che può esser descritta con una sola parola: contaminazione.
Kamasi Washington è una delle punte di diamante di una generazione di artisti che ha imparato al meglio le lezioni di Herbie Hancock e John Coltrane, per poi portarle allo stesso tavolo da gioco dell’hip-hop, del soul, del funky, dei ritmi caraibici e delle poliritmie africane. Rinnovando i suoni del jazz e portandolo al pubblico dei giovani e giovanissimi, fino a quel momento tenuti lontano. Tutto cominciò da un album inserito all’unanimità tra i capolavori di sempre della musica, “To Pimp a Butterfly” di Kendrick Lamar, in cui il suo sax recita un ruolo da protagonista.

E quest’onda lunga continua a prendere forza. A darle ulteriore spinta è la presenza dietro ai piatti e alla talk box di Dj Battlecat. Beatmaker, dj, figura di riferimento per la scena g-funk. Già produttore di Tupac e Snoop Dogg, e protagonista assoluto, con campionamenti e beat, durante ‘Get Lit’, brano estratto dall’ultimo “Fearless Movement”. Nel pezzo in questione brillano i featuring di “dr. Funkenstein” George Clinton e il rapper D Smoke, presenti anche stasera grazie al lavoro dietro ai piatti del producer.
Oltre a Dj Battlecat, saranno molti i protagonisti del concerto, perché Kamasi Washington è padrone della scena, ma senza esserne geloso. Vederlo suonare da vicino vuol dire coglierne l’espressione serena e rilassata, mentre i musicisti si alternano nel passarsi il testimone della ribalta. Ma è altrettanto emozionante e osservare la relazione e l’interazione che prende forma tra lui stesso all’anagrafe Rickey Washington, il suo flautista e sassofonista soprano. O più semplicemente suo padre.
»Quando avevo circa diciassette anni, avevo un gruppo chiamato Young Jazz Giants. Suonavamo solo pezzi originali. Quando finivamo di suonare, la gente diceva: “Oh mio Dio, siete stati fantastici” “Ma papà non ci diceva mai che eravamo i migliori. Ci bacchettava chiaro e tondo, tipo: “Siete stonati. State perdendo il ritmo”»
“Pops”, così appare sul foglio della scaletta dei pezzi, non era solamente un padre presente ed esigente, ma un grande musicista; Turnista tra i più quotati e collaboratore fidato di Diana Ross. Lo dimostra dopo pochi minuti, nel suo intervento al sax soprano in ‘Asha The First’. Brano particolarmente significativo, costruito sulle note di una melodia improvvisata al piano dalla figlia di due anni di Kamasi. Un groove funky ricco di dinamiche, che scalda i cuori e che chiude in crescendo di intensità e ritmo e con le pennellate hip hop ed elettroniche di Dj Battlecat.
Kamasi sa farsi da parte per concedere spazio e gloria ai suoi compagni di vita e di musica. A ben vedere, si può parlare di leadership circolante ed è il più chiaro segnale di un gruppo che funziona e performa ai massimi livelli. Come nel caso di ‘Ko (Road to Self)’, indiavolato e vorticoso pezzo in sette ottavi, con un giro armonico avvolto a spirale intorno a pochi accordi. Incredibile l’intervento al piano dell’imponente Brandon Coleman, che vi inserisce armonie e melodie dalle sonorità classiche. A chiudere un finale pirotecnico: luci basse e rosse per i fuochi d’artificio di Tony Austin alla batteria.
Poesia il solo di “Pops Washington” durante il viscerale funky di ‘Vi Lua, ViSol’, ripescato da “Heaven”, disco del 2018. Imponente e trascinante la chiusura del tema armonizzato con Patrice Quinn, Rickey e Kamasi Washington e Ryan Porter a brillare di luce propria sotto quelle del palco. Ed è proprio il trombone di quest’ultimo protagonista splendido, profondo e intenso in ‘Together’, capolavoro e perfetta sintesi di jazz classico abbracciato alla contaminazione elettronica, con Dj Battlecat ai piatti e talk box.

La mimica del volto di Kamasi Washington è l’antonomasia della pacata beatitudine, che diventa fuoco nel suo solo di sax durante il tiratissimo ‘Prologue’. La standing ovation del pubblico conclude la prima parte, e la traccia di piano di ‘Steppin Out’ di Joe Jackson fa da colonna sonora al rientro nella band nei camerini e alla corsa sottopalco di parte degli spettatori.
Per il bis la scelta ricade su un vecchio cavallo di battaglia. ‘Re Run’, dal mastodontico triplo “Epic”, è la liberazione di chi non resisteva più a star seduto. Soul, funky, blues, le svisate al trombone di Ryan Porter e un incredibile solo di Minimoog di Brandon Coleman. E se qualcuno mi avesse detto che un giorno sarei impazzito per sentire lo “scratch” insieme al suono dei synth analogici probabilmente gli avrei consigliato un buon analista.
Padre e figlio firmano alcuni vinili passati loro dal pubblico. Poi Kamasi Washington esce di scena con il suo inseparabile bastone da passeggio adornato da un leone intagliato. Finisce così una serata iniziata con l’assordante silenzio richiesto dall’artista in memoria di Papa Francesco. Nessun applauso grazie a Dio, ma solo emozione e commozione. Il pubblico dell’Auditorium rispetta come meglio non si poteva il ricordo del Pontefice. Kamasi ci ringrazia e poi vola.