
Giorgio Canali, luci e ombre dal palco
Tra sermoni mancati, gin tonic e rock senza compromessi
Nonostante qualche occasione persa, il fuoco di Giorgio Canali brucia ancora
Roma, 25 Aprile 2025
Giorgio Canali è un artista dalle molte contraddizioni – il che, non è per forza una caratteristica negativa. Quanto sono noiose, infatti, la prevedibilità, la pedissequa aderenza a schemi precostituiti, l’adesione ad un tracciato rassicurante ma fin troppo freddamente calcolato.
E però fa sorridere, lasciando lievemente perplessi, lo status attuale del cantante di Predappio, assurto ormai al ruolo di santone dell’indie rock italiano. Proprio lui che si è sempre professato iconoclasta e pronto, semmai, a scagliarsi contro santi e divinità assortite.
Sia chiaro: chi va a vedere Canali ed i suoi Rossofuoco sa cosa aspettarsi, e non è accettabile prendersela ipocritamente con l’attitudine del nostro a lanciarsi (nei testi di qualche canzone e nel confronto con il pubblico) in qualche considerazione poco lusinghiera, diciamo così, sulla religione organizzata. E però ci chiediamo ancora oggi come sia possibile conciliare le velleità autoriali delle liriche, velleità certamente non prive di fondamento, con l’ormai abusato ricorso all’imprecazione divina. Le contraddizioni non si fermano qui.
È il 25 aprile, la Festa della Liberazione: quale giorno apparentemente migliore per lanciarsi in sermoni antifascisti, sulla deriva politica secondo qualcuno in atto in Italia e in altre parti del mondo? Nulla di tutto questo. Solo un breve accenno alla sobrietà nei festeggiamenti, consigliata da un esponente governativo cui Giorgio ha sarcasticamente risposto mostrando agli astanti il suo bel bicchierone di gin tonic. Consumato peraltro con sorprendente, oserei dire quasi irritante, parsimonia.

Anche il pubblico mi dà da pensare. Attento, certo. Ma osservandolo per qualche secondo mi è capitato di pensare che, se non avessi saputo chi c’era ad esibirsi sul palco, avrebbe potuto sembrare lo stesso pubblico di un prestigiatore, o di una band di jazz/rock. E sì che il sottoscritto in passato, nel corso di altri concerti di Canali, era stato coinvolto in alcuni furiosi momenti di pogo, che neanche ad un concerto punk!
Era come se fossero un po’ tutti stanchi, sopra e sotto lo stage: non nel senso di annoiati, ma semplicemente di affaticati. Può capitare.
Adesso però non fraintendetemi: ad un concerto dei Rossofuoco, parafrasando gli immortali versi di Bon Scott, se volete il Rock lo avrete sicuramente. ‘Rossocome’, contenente il celebrato refrain Fatevi Fottere, è un incipit che colpisce nel segno. ‘Un Filo di Fumo’ conserva invece gelosa le fertili intuizioni dei momenti migliori del rocker romagnolo. ‘Nostra Signora della Dinamite’ vede finalmente gli astanti prendere forma e vita, scandendone stentorei il suo coro intrigante. Durante ‘Wounded Knee’, certi passaggi chitarristici sembrano davvero farti arrivare sul viso, come salutari ceffoni, quella grandine citata nella prima riga del testo.
Canali si presenta come unico chitarrista. La sua tecnica è invero minimale ma la scelta dei suoni, glaciali e ineluttabili, rendono comunque fascinosa la sua prestazione alla sei corde. La sezione ritmica di Marco Greco e Stefano Orzes pare a tratti mordere il freno, ingabbiata in brani a tratti sin troppo squadrati, soprattutto alla luce del talento del lungocrinito bassista. E sacrificato, per ben altre ragioni, appare anche il contributo di Andrea Ruggiero, il cui violino avrebbe le carte in regola per garantire qualche fascinosa digressione melodica se non fosse sovente inesorabilmente sovrastato dagli impietosi volumi dei tre compagni di palco.
Tutto sommato, una bella serata, di quelle che non ti penti certo di avere vissuto. Ma che ti lascia addosso la consapevolezza, stanti le premesse, che avrebbe potuto anche essere migliore. Non si accettano scommesse sul tenore della risposta di Giorgio Canali se gli avessi espresso vis-à-vis questa mia tenue perplessità.