SuperTempo – 29

Arriva direttamente dall’entroterra veneziano 29, l’ultimissimo album dei Supertempo: non si tratta di un meritato voto d’esame, ma di un disco che conta ben 14 brani, freschi di quell’attitudine suburbana tipica del “garage”.

Prerogativa del punk?
Niente giri di parole o fronzoli messi qua e là: un lavoro molto semplice, quasi scarno, che però arriva.
E come se arriva, dritto in cuffia: Marco Fabris (Batteria), Federico Mellinato (Chitarra, voce e basso) e Stefano Michieletto (stessi ruoli, ed è giusto anche così: basso, voce e chitarra) sono un power trio.
E questo non può far altro che incuriosirmi.

Blue Rock è la primogenita libera e spensierata che imbocca le coperte alle vivaci sorelline minori Hammerhead, Steve, I’d be burn than get burned, fino ad arrivare alla più scapestrata You’re always Late.
E quel po’ di garage vecchia scuola, e qualche accenno di Arctic Monkeys, mi suggerisce di continuare ad ascoltare questo disco, in vista di una eventuale sorpresona.
The kids are connected, infatti, mostra quell’amore per il garage svincolato da ogni cattivo pensiero e da ogni problematica legata alla difficile esistenza di chi, nel bel mezzo del clima cittadino, ha a che fare con la propria realtà e quella degli altri.
Having fun (che tra l’altro sembra scritta dai Foxboro hot tubs) può rivelarsi un ottimo esempio.

Ma ascoltando e riascoltando tutte e 14 le tracce, sento che qualcosa non va.
O meglio, non riesco a percepire quello stimolo in più che induce ogni buon ascoltatore cercare, anche dove apparentemente mancano, quelle rifiniture, quelle piccolezze che caratterizzano un album di spessore.
L’unica pecca infatti è l’originalità del prodotto: sarà una mia impressione, ma l’assenza di un approccio personale rende l’album forse un po’ vago, forse confusionale.
E questo dispiace, in modo particolare se si tratta di influenzare negativamente anche quelle tracce che ho già citato e che meritano di esser prese in considerazione.
Per il resto, bella ragazzi.

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