Nonkeen – The Gamble


I Nonkeen nascono più di trent’anni fa e “The Gamble” è il loro primo disco. La loro storia comincia quando Berlino è ancora spaccata in due dalla dicotomia sovietico-occidentale di cui soprattutto ultimamente sentiamo tanto parlare e NilsFrederic e Sepp vivono in zone totalmente opposte.
I primi due ad ovest, l’altro ad est.
Il 9 novembre 1989 cambia la storia e nasce una nuova alleanza fra i tre, accomunati da uno spirito e da una sensibilità evidentemente fuori dagli schemi: la caduta del muro li fonde, si stabiliscono nello scantinato di Sepp ed iniziano a sperimentare.
Sono ancora dei ragazzi e non hanno la minima idea di ciò che succederà in futuro. L’opportunità di vedersi ogni giorno, la quotidianità a scuola, la libertà di uno spazio urbano tutto loro ed una sala prove a disposizione illimitata giocano un ruolo fondamentale nella vita di gruppo e nella loro crescita, arricchendo il background sperimentale con un sodalizio sugellato da un’empatia artistica fortissima.

Nel 2007 i tre amici sono ormai trentenni, si incontrano e devono constatare che hanno davvero una valanga di materiale, tutto interamente registrato su cassette a nastro. Ciò che ne viene fuori è un concetto astratto e distorto di quello che siamo soliti chiamare lo-fi. Questa impronta vintage è in netto contrasto con l’artificialità che suggerisce l’etichetta avant garde, la naturalezza e la storia che si celano dietro al disco cozzano con l’artificialità alla quale rimandano la teoria sperimentale di John Cage e la musica concreta che la maggior parte della critica accosta al lavoro dei Nonkeen.
L’astrazione alla quale si tende viene raggiunta tramite ciò che di più fisico potremmo mai immaginare (il nastro), giungendo ad una contraddizione alquanto intrigante.

La cifra experimental è notevole e ben visibile, sia chiaro, ma la lezione è molto più immediata di quanto si possa immaginare. Basti pensare ai brani con i quali il disco, che nel complesso presenta variazioni timbriche quasi assenti, tocca vette cromatiche che si distinguono non tanto per la luminosità (toni cupi, densi, ronzanti) quanto per il loro livello di saturazione.
‘Animal Farm’ e ‘Chasing God Through Palmyra’ sono canzoni gemelle, entrambe figlie di uno studio ritmico primordiale: la prima più dub, o se volete più lenta, la seconda più veloce e incalzante.
‘The Invention Mother’ è il perfetto concentrato multisensoriale di apertura, increspato in chiusura dalle onde del vento che anticipano ‘saddest continent oh earth’, uno struggente loop che si regge su una progressione costantemente grigia.
L’aspetto principale della ricerca sonora dei Nonkeen sta proprio nel voler giungere alla totale sublimazione del timbro, ottenendo così un flusso costante che è il parametro fondamentale di “The Gamble“.
Esso si arresta d’innanzi alla conseguente stasi di capstan, per poi tornare vibrante e destabilizzato fino ad assumere addirittura lo stato dell’etere (re:turn!).

La scelta del ritorno all’analogico da un gusto decisamente retro, ed è proprio lì che il disco vibra e si scrolla via di dosso tutta l’algidità moderna.
È nel procedimento di restauro (e non di ristrutturazione) del materiale che viene vinta la partita, a partire dalla raccolta diretta dal registratore a nastro. Questo vasto campionario vintage comprende suoni di ogni tipo, che si innestano su incessanti beat come in ‘Animal Farm’ oppure si trasformano in rumore bianco come in ‘Saddest Continent On Earth’, tutti adeguatamente levigati e fusi nella loro forma.
Registravano di tutto, persino il brusio dei compagni a scuola e le voci delle maestre.
Hanno continuato per anni, affrontato percorsi di crescita individuale ed ora sono giunti ad un disco che non avevano neanche intenzione di fare, con sessioni sparse in più di vent’anni.
Questo rende “The Gamble” un fossile affascinante riportato alla luce da tre signori che, oltre ad essere grandi musicisti, sono grandi amici da sempre.

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