MCN – Ma u cirivieddu chi è, acqua?


Aiuto, veramente aiuto.
Arriva in redazione il disco dei MCN.
Emanuela mi dice: «Tu che sei un fan quasi calcistico dei Marta sui Tubi, ascolta questo disco. E’ l’altro progetto di Carmelo Pipitone (il poliedrico chitarrista senza freni). Sei fan» mi diceva «ti troverai a tuo agio».
Ho una teoria condivisibile sui side-project: ovvero, che se tu hai bisogno di fare un progetto parallelo è perchè con quello principe non puoi esprimere determinate cose.
Ed infatti…

Quando vedi Carmelo sul palco sembra di vedere il barista di qualche pub dimenticato da Dio in un futuro post-apocalittico di motociclette e bande criminali itineranti: tipo Mad Max, ecco Giovanni Gulino che tiene incatenato questo bestio enorme.
Mi sono sempre chiesto cosa sarebbe successo se un giorno avessero lasciato libero, ed ecco qui la risposta: un disco grind metal in siciliano.
Ed è una cosa da sentire, almeno una volta nella vita: le chitarre crude e saturatissime, la batteria sparata e senza sosta.
E quando meno te lo aspetti…bossa, picchi di psichedelia funky…e growl, recitativi, noise anni ’90.
Sfuriate nu-metal.
Orecchiabilità e dissonanze che vanno a braccetto come la musicalità e la durezza dell’accento nelle poesie dialettali o nelle parolacce da baretto di paese.
Perchè…sì, è tutto in lingua palermitana.
Dopotutto, se la maggioranza dei gruppi “di genere” rantola incomprensibili fonemi in lingua inglese…non vedo perchè non possa, una band, rantolare in siciliano non stretto, ma strettissimo.
E ci sta, minchia se ci sta!
E vi stupirete di quanto questo dialetto sia “suitable” per il genere.

L’idea del pub post apocalittico con le motociclette da tamarro parcheggiate fuori, ora, è tangibile.
Discorsi da bar e bestemmie, filastrocche riot sulla vita di tutti i giorni, marachelle al limite dell’illegale: il disco è una coltellata meritatissima e onorevole in una rissa da strada, una giostra impazzita che ti carica con la scusa di “ehi, è Carmelo Pipitone!” e ti porta nel fondo di un inferno isolano.

Malgrado il casino generale e di genere, il disco suona preciso e ben registrato.
E’ evidente la raccolta delle somiglianze con la parte “strana” dei Marta sui Tubi, ma il disco (e questo ne fa un bellissimo progetto parallelo) si lascia ascoltare come “cosa a sé” e non dispiace, una volta fatto l’orecchio.
Se vi è piaciuto, o se siete abbastanza coraggiosi, potrebbe piacervi (perchè a me lo ha ricordato) anche il progetto La Notte dei Lunghi Coltelli del batterista Karim dei The Zen Circus (parente per indole).
Secondo me, non sono io la persona più adatta a recensire questo lavoro solista di Carmelo Pipitone, e mi aspetto a breve qualche commento da parte di qualche hard-esperto.
Se volete provare qualcosa di diverso, però, dategli un ascolto.

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