LA Municipal – Le Nostre Guerre Perdute


Contessa sta facendo scuola (e i Baustelle prima di lui), e la musica italiana se ne sta accorgendo.
Un certo tipo di musica, almeno.
Da Galatina arriva il nuovo album de LA Municipal dal titolo “Le Nostre Guerre Perdute”.
Il duo pugliese (composto da fratello e sorella) sforna un album a due voci da undici tracce con l’intenzione, neanche troppo implicita, di condensare ed imbottigliare uno spaccato di quella che è oggi la realtà per molti giovani.
La provincia, lo studente fuori sede, una forma di linguaggio che cammina sempre sulla corda sottile che separa la schiettezza dalla brutalità, ma che non riesce a non far immedesimare il suo ascoltatore, sono i temi che ricorrono più frequentemente assieme a molti altri.
Con testi molto sentiti, i LA Municipal provano a portare a galla le voci degli amori maltrattati e provocatori che passano attraverso la canzone che porta il nome della pornostar ‘Valentina Nappi’; le voci di tempi passati ma non ancora remoti in ‘George (My Ex-Penfriend)’ che ritornano sotto una luce vagamente nostalgica e il processo di illustrazione che si basa su immagini dalla forte carica evocativa e che arriva al limite del criptico.

Le Nostre Guerre Perdute” dunque è un album senza difetti?
Ovviamente no, ma ha l’abilità (dovuta in parte a furbizia e in parte ad estro creativo) di riuscire a mascherarli mettendo in evidenza i suoi punti forti. E se si parla di difetti quello che più di tutti salta agli occhi è la mancanza di originalità a livello di impatto sonoro. La scena italiana attualmente sta prendendo la cattiva abitudine di uscire di rado dai sentieri già sicuri e battuti in precedenza, e LA Municipa non si esimono dal seguire il trend: la voce maschile (fortunatamente ben contornata da quella femminile) non si azzarda ad abbandonare il tono spesso monocorde che ha fatto la fortuna degli artisti già citati in precedenza ma che andrebbe ridimensionato e fatto uscire da quello che sembra essere un adagiarsi su un’espressività vagamente cinica e melanconica. La parte strumentale ricopre un ruolo meno centrale, anche se in un’opera di stampo cantautoriale è più che comprensibile, e tuttavia eseguita con la dovuta precisione, sebbene non faccia gridare al miracolo.

Sembrerebbe quasi che nel 2016 i ragazzi vogliano sentir parlare di una manciata di argomenti e che gli artisti siano ben pronti ad assecondare questa inclinazione. Musicisti: usate i vostri strumenti per invetare qualche nuova emozione

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