“It’s my life”, tutta la malinconia di un synth

Nella prima metà degli anni ‘80 i Talk Talk si presentarono al pubblico con un paio di album a cavallo tra il synth-pop e il new romantic.
Successivamente, già con il loro terzo disco (“The Colour Of Spring” del 1987) intrapresero strade completamente differenti, arrivando anche a sperimentare sonorità jazz e classiche – che inclusero in album come “Spirit Of Eden” e “Laughing Stock”, oggi considerati manifesti del post rock, genere che li vede a detta di molti tra i pionieri.
Il gruppo – composto dal cantante, chitarrista, pianista e compositore Mark Hollis, dal bassista Paul Webb, dal batterista Lee Harris e dal tastierista Tim Friese-Greene – conobbe il grande successo soprattutto con il secondo lavoro.

“It’s my life” venne pubblicato nel 1984 ed è il seguito di “The Party’s Over”, concepito due anni prima e contenente singoli quali ‘Talk Talk‘ e ‘Today‘, che fecero già conoscere ed apprezzare la band al pubblico.

“It’s my life” fu un successo enorme grazie anche alla presenza di pezzi come la title track e ‘Such A Shame‘, due singoli che spopolarono.

Rispetto all’album di esordio “It’s my life” risulta meno scontato e più curato negli arrangiamenti: dimostra già la voglia del gruppo di abbandonare le semplici canzoncine da classifica per raggiungere livelli più elevati.
Il risultato ottenuto lo si può riassumere specialmente nella quinta traccia, quella che apriva il lato B del vinile: ‘Tomorrow started‘ conta sei minuti di malinconia pura, sussurrata e poi gridata nei ritornelli accompagnati dal grido di dolore dei synth.

Dum dum girl‘ e ‘Renee‘ sono altri due singoli di successo che sembrano lanciare definitivamente i Talk Talk sulla scia degli altri gruppi inglesi protagonisti del cosiddetto new romantic.
In realtà già con il successivo “The Colour of Spring” le sonorità dei Talk Talk evolvono verso una sperimentazione sonora che li porterà ad abbandonare completamente la componente pop fino alla concezione di una musica più astratta e alla realizzazione dei due album di cui parlavamo in apertura.

Dopo lo scioglimento del gruppo, Mark Hollis ha pubblicato nel 1998 un album solista, omonimo, e sicuramente spartiacque per chi ha poi deciso di dedicarsi al post-rock, per poi sparire definitivamente dalle scene.

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