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Sanremo 2025

Sanremo 2025: l’Eterno Ritorno

Si può parlare di qualcosa che non si è visto? Forse sì, se questo qualcosa è uguale a sé stesso da settantacinque anni.

 

Dodici domande che il Festival di Sanremo mi ha lasciato addosso

“Io non t’ho visto. T’ho vissuto”  [Valerio Mastandrea in: di Zanello – Caligiuri, “Supercafone”. Canta: Piotta. Dirige l’orchestra il maestro Dj Squarta]

Il Festival di Sanremo trova ragione di esistere nell’indirizzare e nel manipolare il dibattito pubblico di un intero paese. Dalla quattordicenne follower di Tony Effe, fino a Enrico Mentana, che nei cinque giorni della manifestazione canora ha pubblicato sulla sua pagina facebook dieci post a essa dedicati. La metà di quelli pubblicati in totale dal direttore del TG di La7

La corazzata dell’Ariston si manifesta nella sua assoluta potenza nell’imporre, per almeno quindici giorni gli unici temi intorno ai quali si deve, con priorità assoluta, avere un’opinione. L’effetto agenda è noto da parecchio agli studiosi delle comunicazioni di massa. L’elemento nuovo, da quando ci sono i social è l’urgenza di esprimerla a gran voce. Ed è il vero carburante all’uranio degli ascolti, passati dai sette milioni del 2008, agli oltre 12 milioni dell’edizione appena conclusa, con uno share raddoppiato, dal 33,6% al 66,7%.

La settimana del Festival è un Ferragosto anticipato. Per mancanza di clienti, chiudono ristoranti e trattorie nelle quali, in altri periodi, anche di lunedì faticheresti a trovare un tavolo per due. Si sospendono i concerti dal vivo, restano vuoti teatri e cinema, e le stesse emittenti televisive concorrenti della Rai rinunciano alla tradizionale controprogrammazione, destinata a fallimento sicuro. Non mi stupirebbe che, in caso di guerra civile, ribelli e forze governative accettassero di deporre le armi, così come avvenne con la vittoria di Bartali al Tour de France del 1948, nel giorno dell’attentato a Togliatti. Nulla di nuovo da queste parti.

Il Festival di Sanremo è l’ultimo colpo di coda della televisione, medium destinato a morire con la dipartita dei suoi ultimi telespettatori, a meno di sconvolgimenti non ancora prevedibili. Nella  settimana in cui la Rai trasloca nella cittadina ligure, anche i più giovani spengono smartphone e pc, per traslocare sul divano di casa, accanto ai genitori, dalle 21 alle 2 del giorno successivo, dal martedì a sabato incluso. La sua essenza non è né la gara, né la musica. Men che meno le canzoni, che infatti emozionano come il grattacielo di Latina. La sua linfa, il suo nutrimento vitale, ciò che lo spinge e lo alimenta sono le chiacchiere degli italiani, che con l’avvento dei social hanno riportato i numeri della manifestazione nell’alto dei cieli di nostra signora Auditel.

Sanremo 2025 Scenografia
Sanremo 2025 – la scenografia

Mercoledì pomeriggio, a meno di 24 ore dal fischio d’inizio, l’hashtag “#Sanremo” compariva in più di un milione di post. Entrando quotidianamente nei social, restavo avvolto e travolto, da commenti, riassunti, pagelle, polemiche, critiche su intonazioni calanti, opinioni su outfit e look e arrangiamenti, puntualizzazioni, esaltazioni, invidie e soprattutto pettegolezzi aventi come bersaglio i personaggi in passerella sul palco dell’Ariston. I protagonisti di Sanremo non sono gli artisti in gara. Quelli sono intercambiabili, carne da macello data in pasto a chi rende l’evento unico e imperdibile. Ricordatelo per la prossimo anno: i veri mattatori del Festival siete voi.

Voi, perché, se si esclude l’ultima ora e mezza del sabato, io non ho visto nulla della gara canora. Ma esponendomi all’immensa produzione dei social, ne ho succhiato la polpa, vivendone gioie e dolori. Per questo motivo non ho opinioni da dare, ma solo cose da chiedere. Allora rubo il titolo a Vikas Swarup e faccio le mie dodici domande post Sanremo.

L’ispirazione me la fornisce Lucio Corsi. Per molti il vero vincitore del Festival. Colui che ha più beneficiato dell’esposizione mediatica a un pubblico che altrimenti non avrebbe mai potuto raggiungere. I post sui social che lo riguardano sono aumentati in misura maggiore rispetto agli altri 28 artisti. È lecito aspettarsi un salto di orbitale dal cantautore maremmano; dai 500 spettatori dell’ultima esibizione all’Orion di Ciampino, ai tremila del prossimo live romano, ai diecimila, chissà, delle grandi arene estive.
Il suo primo singolo porta la data del 2013. Il primo album esce quattro anni dopo e vince . La sua attività live va avanti da 12 anni, in molti angoli d’Italia. Ha suonato in ogni dove. Ha evitato con accuratezza i talent. Oggi in tantissimi parlano di lui: pubblico, media specializzati, media generalisti.

Lucio Corsi
Lucio Corsi

1)           Dove erano fino alla scorsa settimana tutti i giornalisti che ora si riempiono la bocca e gli articoli con il suo nome? Perché devono aspettare che i talenti gli siano serviti sul piatto di portata del prime time serale o di tiktok? Come mai in pochissimi fanno scouting spendendo le loro serate nelle piccole venue? Perché non provano ad anticipare il successo, anziché sfruttarne l’onda dando spazio agli artisti solo a cose fatte?

2)           Dov’era, e dov’è ancora oggi, la RAI? Perché ridurre ai minimi termini la redazione musicale di Radiouno, la rete radiofonica ammiraglia? Per quale motivo Stereonotte, un tempo appuntamento quotidiano con la notte in musica della Rai, è stata liofilizzata fino ad occupare lo spazio di un’ora e mezza, il venerdì? Quale ragione ha portato a confinare l’approfondimento, la qualità, le proposte che esulano dal commerciale più banale, in orari impossibili un solo giorno a settimana, privando le persone della possibilità di intercettare la qualità, a meno che non siano insonni o lavoratori notturni? Perché il Servizio Pubblico ha scelto scientemente di mantenere il pubblico italiano nell’ignoranza musicale? Perché in Italia non c’è un canale pubblico come BBC Radio 6?

3)           Perché invitare a Sanremo soltanto la redazione di Radiodue, rete dedicata all’intrattenimento leggero, assegnandole il compito di radiocronaca dell’evento? Perché non coinvolgere anche la succitata redazione di Radiouno, magari per uno Stereonotte Speciale Sanremo? Un “dopofestival” notturno di approfondimento orientato alla qualità

4)           Dove sono i network privati? Quelli che celebrano il rock alternativo, mentre sulle loro frequenze passano per la milionesima volta “Black”, “November Rain”, “Hotel California”, “Back in Black”, “Basket Case” o “Friday I’m in Love”. Perfino mio padre non ne può più di ascoltarle. Le radio che rischiano di sparire, analogamente alla televisione, insieme ai loro ascoltatori, rugosi come i brani decrepiti di un rock morto e sepolto. Quando invece gode di ottima salute, ma in Italia non arriva più. Allora o ci si attacca alle solite band con componenti che in cinque fanno 375 anni, oppure ci si fotte per sempre con il Tony Effe di turno.

5)           Perché non ringiovaniscono gli ascolti, puntando a catturare quel pubblico che non ne può più di rapper e autotune? Perché non passare di tanto in tanto band come Fat Dog, The Murder Capital, Nubyian Twist o gli italianissimi Bobby Joe Long’s Friendship Party? Perché artisti che escono con cose meravigliose come ha fatto sette giorni fa Sharon Van Etten, o se si vuol tornare a un passato che non sia 30 anni fa, The War On Drugs o The Shins, sono conosciuti solo da pochi appassionati?

6)           Perché la divulgazione musicale in Italia oggi è affidata a iniziative private individuali nel mare magnum di Twitch o Youtube?

7)           Perché in Italia sei hai talento, e vuoi vivere della tua musica, devi abbeverarti al calice del mainstream, che sia Sanremo o un qualsiasi altro talent? Perché in Italia non esiste un circuito alternativo/indipendente? Scarseggiano i locali in cui esibirsi? Perché suonano soprattutto le cover e tribute band? Perché i talenti sono costretti ad aggrapparsi alla ciambella del mainstream, unica salvezza dal “secondo lavoro” o “dal piano b”?

8)           O perché devi essere costretto ad andartene all’estero? Quanti sono i cervelli in fuga della musica italiana? Quante Valentina Magaletti? Quante Marta Del Grandi?  Quanti sanno che la produttrice d’oltremanica più contesa oggi si chiama Marta Salogni ed è bresciana?

Marta Salogni

9)           Quanti “Lucio Corsi” esistono in Italia dei quali non verremo mai a conoscenza? Eccellenze artistiche che continuano a rimbalzare contro muri di gomma e, alla fine, mollano per mettersi a fare i cuochi per gli allievi di una scuola nel bosco?

10)         Perché gli autori delle canzoni di Sanremo mortificano gli artisti, scrivendo per loro brani scialbi e insignificanti, in una parola: brutti? Perché il direttore artistico del Festival sceglie canzoni brutte? Una bella canzone su una brutta voce è l’equivalente di un filtro “bellezza” su Instagram. Anche il pezzo sanremese dello stesso Lucio Corsi non raggiunge il livello del resto della sua produzione.

11)         Perché la generazione delle e dei ventenni si chiude in casa per una settimana a guardare una trasmissione votata al conservatorismo più gretto, in cui le parole più ripetute dal conduttore sono “mamma”, “Italia” e “famiglia”?

12)         Perché venite ai concerti in incognito? Ero convinto di vivere in un paese in cui la musica appassionasse davvero poche persone. La scorsa settimana sono stato smentito. Centinaia di migliaia di persone a dissertare di arrangiamenti, tecniche di canto, storia della musica. Probabilmente ai 200 concerti che ho visto negli ultimi due anni e mezzo siete venuti camuffandovi dietro maschere di gomma. La prossima volta fatevi riconoscere.

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