Ryūichi Sakamoto, l’ultimo imperatore

«Se fossi un architetto, sarei un pessimo architetto, perché non mi piace avere progetti. Naturalmente, senza progetti nessuno saprà come sarà l’edificio. Ma è esattamente quello che mi piace fare»
Ryuichi Sakamoto, 17 gennaio 1952 – 2 aprile 2023

Il mio primo incontro con il Maestro Sakamoto risale al 1983, quando uscì “Furyo”, il bellissimo film che lo vedeva protagonista davanti alla cinepresa al fianco di David Bowie, ma soprattutto come autore della sua splendida colonna sonora, e di quella gemma che è ‘Forbidden Colours’, scritta a quattro mani con David Sylvian.
Da acerbo fan dei Japan, trovai estremamente intrigante questa collaborazione che alla fine scoprii essere tutt’altro che estemporanea.
Sylvian e Sakamoto avevano infatti già lavorato insieme, quando il Maestro (all’epoca ancora in seno alla Yellow Magic Orchestra) prestò le sue tastiere a ‘Taking Islands In Africa’, uno dei brani inclusi su “Gentlemen Take Polaroids” dei Japan (1980), inaugurando una collaborazione che prese forma più consistente un paio di anni più tardi.
I due si ritrovarono infatti per comporre ‘Bamboo Houses’ e ‘Bamboo Music’, rispettivamente la facciata A e la relativa B-side di un singolo destinato a diventare il primo passo di Sylvian verso una carriera al di fuori dei Japan, che si concretizzò un paio di anni più tardi con quel disco enorme che è stato (ed è tuttora) “Brilliant Trees”.
Anche in questo caso, la presenza di Sakamoto al piano ed alle tastiere è tangibilissima, e suggella definitivamente tra i due un sodalizio che va ben al di là del puro aspetto musicale.

Naturalmente la grandezza di Sakamoto non è assolutamente riducibile alla sola collaborazione con Sylvian, il Maestro va considerato tale per il grande apporto che ha dato alla musica sia come compositore che come esecutore, sempre protesa verso quella sperimentazione che lo ha portato, tra l’altro, a contaminare la musica etnica orientale con l’elettronica occidentale, e viceversa.
Di lui ricordiamo i lavori seminali con la sua Yellow Magic Orchestra, sorta di Kraftwerk in variante nipponica.
Ma anche la collaborazione all’insegna del minimalismo con Alva Noto o quella con John Cale, senza tralasciare ovviamente il suo enorme contributo al mondo del cinema, con le colonne sonore da lui firmate.
Anche in questo caso, alla base troviamo un sodalizio artistico, quello con l’altro Maestro – Bernardo Bertolucci – che lo ha portato a vincere un Oscar e due Golden Globe per “L’Ultimo Imperatore” e per “Il Tè Nel Deserto”.

Un cancro alla gola diagnosticatogli nel 2014 ne aveva già messo a repentaglio vita e carriera, ma dopo una battaglia che pareva vinta, il male è tornato ad invadere il suo corpo e si è vendicato strappando alla vita ed all’arte un monumento della musica contemporanea.

Ryūichi Sakamoto

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