The James Hunter Six – Hold On

I giovedì sera sono i più belli, a Soho: l’aria che si respira è frizzante, l’atmosfera è calda e si avvicina il weekend – pensiero che rende ogni cosa più leggera e che fa allargare sul volto un bel sorriso disteso.
Per strada la gente passeggia tra i profumi dei vari ristoranti e le luci colorate del quartiere seguendo rumori, sorrisi e risate.
L’appuntamento è sempre lì, allo stesso posto e alla stessa ora, proprio in quel piccolo pub che passa quasi inosservato tra le vetrine che si susseguono lungo la via.
Famoso per la sua birra artigianale e le abbondanti porzioni di fish & chips, da un po’ di tempo è tappa fissa anche per gli amanti della musica live che spesso riserva sorprese sfiziose agli amanti di jazz e r&b.
La luce nel locale è soffusa, la gente ai tavoli parla ma le voci non sono mai troppo alte e irrispettose, non sovrastano la musica.
E la musica, a dirla tutta, riesce comunque a vincere su ogni cosa andando, nota dopo nota, ad abbracciare l’intero locale che si ritrova a battere le mani, muovere i piedi, tenere il tempo.

Io me lo immagino così, quello che dovrebbe essere il live di presentazione di “Hold On“, il decimo album nella carriera di James Hunter – leader di quello che è diventato da qualche anno il The James Hunter Six.
Un soulman d’altri tempi, lui.
Uno che – come dice il titolo di questa sua ultima fatica – ancora ‘tiene duro’ con sonorità che profumano d’altri tempi.
Il suo “Hold On” è infatti un pieno omaggio agli anni Sessanta, un disco che nonostante oggi possa sembrare anacronistico incontrerà il favore dei nostalgici, degli amanti del genere e lascerà piacevolmente sorpresi i neofiti dell’r&b delle origini.

If That Don’t Tell You‘ è il brano che apre le danze, ed è proprio il caso di dirlo: l’atmosfera qui è quella del pub inglese già descritto in precedenza, nel quale la gente si diverte ballando.
Risulta infatti pressoché impossibile tenere a bada i piedi con l’incedere della batteria e delle tastiere, e se l’album in generale trasporta l’ascoltatore in una dimensione parallela, collocando il tutto in un momento storico ben preciso, la sensazione che si prova all’ascolto è del tutto coinvolgente.
Questo lavoro del The James Hunter Six si presenta infatti completo sotto ogni aspetto: non mancano le ballate (‘This Is Were We Came In‘, ‘Something’s Calling‘, ‘In the dark‘) che ben si alternano a momenti di pura gioia e godimento (‘Free Your Mind‘, ‘Stranded‘).
Potrà sembrare scontato, ma la timbrica di James Hunter, così black e incisiva, si sposa alla perfezione con le sonorità del disco, che nonostante qualche accenno al jazz mantengono un’ossatura predominante di r&b.
Hold On” è uno di quegli album che non si può non avere nella propria collezione di dischi, ma lo capirete solo dopo averlo ascoltato.

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