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RITUAL KING – The Infinite Mirror

Un viaggio profondo e introspettivo nella psiche umana

“The Infinte Mirror” degli inglesi Ritual King è un lavoro impegnato ed impegnativo

Chitarre calde e ben definite ed una produzione molto moderna ci fanno immergere in pochi minuti in un suond psych e desert rock che richiama sin da subito i Kyuss ed gli Earthless.
Se inizialmente ci troviamo in questa tipologia di proposta, in altrettanto poco tempo però ci distanziamo sia per immediatezza che per complessità compositiva.
La voce di Jordan Leppitt è da subito sognante e desertica, lascia tutto lo spazio per la musicalità e i dettagli esecutivi che sono il vero protagonista di questo album.
Tutti i brani sono intrisi di un riffing portante melodico non particolarmente intricato ma perfetto per dare carattere e differenziare vari momenti di importanza e richiesta di attenzione da parte dell’ascoltatore.
A tratti si percepiscono echi di un progressive rock molto vintage ormai lontano ma non dimenticato, del quale il trio di Manchester ha perfettamente appreso la lezione e l’ha rielaborata in una chiave personale che trova un amalgama perfetta tra tutti gli elementi compositivi.

Ritual King – The Infinite Mirror

Il drumming di Gareth Hodges, pieno di accenti e sincopi, riesce a emergere con tutta la sua dinamica e la naturalezza di cui necessita.
Ritmicamente ogni parte ha una propria dimensione e un suo esatto posto nell’insieme e il suono di basso di Dan Godwin riempie e dona profondità senza mai risultare caotico o poco definito.
Potremmo dire che in tutto il disco c’è un senso di equilibrio e perfetta calibrazione tra i componenti della band, sia in fase esecutiva che compositiva.
Le varie tracce che compongono “The Infinite Mirror” sembrano susseguirsi in modo quasi interconnesso, dando all’album un senso di lettura che va a richiedere un ascolto approfondito ed impegnato.
È un piacere ascoltare l’esecuzione di ogni brano e, se è vero che inizialmente il mix sembra sin troppo chiaro, addentrandosi nell’ascolto si intuisce invece come sia stato necessario per mantenere ogni strumento e ogni nuance dei diversi suoni perfettamente intellegibili.

I Ritual King completano un album che risulta difficile catalogare in modo preciso e che vale la pena di ascoltare anche solo per capacità esecutiva e compositiva, tratti ormai non più comuni nel mondo dell’hard and heavy.
“The Infinite Mirror” è un lavoro impegnato ed impegnativo, un ascolto non semplice e sicuramente non adatto a tutti, ma che regala una piacevole sorpresa a tutti coloro che apprezzano la musica suonata e un certo modo di intenderla molto 70s, anche se con una produzione e un approccio compositivo più moderno.

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