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Messa – The Spin

Messa - The Spin

Post-punk e dark-wave sono i nuovi ingredienti nella ricetta vincente dei Messa

Nuova label, nuovo album, nuovi suoni. Una sola cosa non cambia: la grande qualità compositiva della band veneta

Non deve essere stato banale per i Messa dare un seguito alla bellezza straniante di un album come “Close”. Un disco splendido, tanto particolare quanto originale ed affascinante, con il quale la band veneta è riuscita nella non semplice impresa di infondere sonorità world music e divagazioni jazzistiche nel proprio sound che affonda le radici nel doom metal psichedelico. Con quel disco, e con la relativa – instancabile – attività live che li ha portati costantemente in tour su entrambe le sponde dell’oceano, i Messa hanno visto accrescere esponenzialmente la propria reputazione e la propria fan-base. Conseguentemente, anche le aspettative per il nuovo album, oggetto di febbrile attesa e circondato da uno spesso alone di curiosità, spezzata solamente dai due singoli che ne hanno anticipato l’uscita.

La prima grande novità riguarda la casa discografica: a differenza di “Close”, che vide la luce sotto l’egida di una label iconica come la Svart, “The Spin” esce per una label altrettanto iconica e di elevatissimo lignaggio come la Metal Blade Records. Disponibile oramai da un paio di settimane, se vi annoverate tra i fan della band, questo album lo avrete sicuramente già ampiamente ascoltato, consumato e valutato, rendendo assolutamente inutile la lettura delle poche righe che seguono. Ma se ancora non l’avete fatto, preparatevi a sorprendervi e a stupirvi, perché ancora una volta i Messa sono riusciti a reinventare loro stessi.

Archiviato l’album precedente, la band ha rivoluzionato il proprio sound sostituendo gli elementi di carattere più strettamente etnico e legati alla world-music con sonorità che affondano le radici nella dark-wave, nel post-punk e nel goth rock. Che conferiscono a questi nuovi brani una veste volutamente ottantiana, sapientemente dosata e priva di quel retrogusto artefatto che spesso ci occa sentire da parecchi gruppi che affrontano questo genere di sonorità. In un’ipotetica liaison tra Black Sabbath e Killing Joke, il frutto del peccato assomiglierebbe tanto a quanto ci stanno proponendo oggi i Messa.

Messa
Messa

E se da una parte ascoltiamo affascinati questo cambio di paradigma sonoro, dall’altra non possiamo non evidenziare come si sia evoluta la struttura dei brani. Puntano ad una maggior accessibilità senza rinunciare a quella complessità compositiva a cui ci ha abituato la band. Tutto questo pur suonando sempre inconfondibilmente Messa. “The Spin” è un’opera priva di fronzoli ed orpelli: 7 brani per 42 minuti, e non uno di essi buttato lì a casaccio. Il segreto dell’album sta anche in questo, in un pragmatismo compositivo che sfrutta alla grande la chitarra di Alberto Piccolo, macinatore di riff granitici ma sempre armonici, e la splendida voce di Sara Bianchin, se possibile ancora più a fuoco che non su “Close”.

Splendide le aperture vocali nei chorus come in ‘Void Meridian’. Assolutamente intriganti gli inserti jazzati e la tromba che caratterizzano ‘The Dress’, la soffusa prima parte di ‘Immolation’, sottolineata da una melanconica linea di piano. Per poi esplodere nel finale, così come esplode in un apocalittico outro dal sapore black la conclusiva ‘Thicker Blood’. “The Spin” soprattutto possiede una potenziale trasversalità che potrebbe portare il sound dei Messa ad un pubblico più ampio di quello strettamente legato alla scena metal, ed in effetti i primi risultati in tal senso già si stanno vedendo, con la comparsa della band nelle classifiche di vendita dedicate ai supporti fisici, e con la prevista apparizione in una manifestazione anomala come il MI AMI milanese.

Potremmo perderci in ore ed ore di discussione su questo album che già in molti stanno posizionando ai vertici delle proprie classifiche di fine anno. Alla fine dei conti, l’unica cosa che veramente resta fissata nella nostra testa è la qualità di questi brani e la consapevolezza di aver visto crescere fin da piccoli una giovane realtà italiana dal fortissimo potenziale internazionale. Che, siamo pronti a scommettere, non mancherà di sorprenderci ancora nel prossimo futuro.