K-Conjog – Dasein


Un disco è capace di trasmettere sensazioni assai disparate a seconda del soggetto che si mette in ascolto.
Si può certamente discutere di meri tecnicismi, di “generi” e di tantissime altre cose che, onestamente, lasciano il tempo che trovano, rinchiuse come sono in un’imperante e deleteria superficialità.
D’altro canto la parola giusta al momento giusto esiste (fortunatamente).
Fabrizio è un artista, la musica è il suo lavoro; la sua etichetta gli fa sapere che deve assolutamente iniziare a lavorare sul nuovo disco perchè il precedente (Set Your Spirit Freak!) ha smosso parecchio le acque.
Allora lui si rinchiude per mesi nella sua stanzetta, uscendo pochissimo e producendo tantissimo. Gode del suo lavoro, non lo cambierebbe con nessun altro tipo di mansione esistente al mondo.
Chi non desidererebbe una cosa simile?


Dasein
è tutto questo: è provare piacere nell’essere sé stessi e prodigarsi affinchè lo facciano anche gli altri.
Senza imposizioni, senza dispotismo, ma con la semplice trasposizione in musica di un bisogno quasi fisiologico, di un voto all’espressionismo e all’Arte più fervida.
Come dicevo, potremmo star qui a dire che la folktronica ha incontrato le atmosfere minimaliste (ma neanche tanto) di un Tiersen, che la cinematograficità del ceppo “dream” nord europeo è stata assimilata e rielaborata in maniera consistente ed originale, che la quasi totale assenza di impalcature ritmiche (brani disossati, eterei) si alterna a soluzioni molto più “catchy” senza mai snaturare la base malinconica e trasognata dell’album.
Il duo d’accoglienza Sein-I Come From Mentedey conferma in pieno quanto detto fino ad ora: il primo è praticamente fermo, intangibile, e si sfugge a stento dalla sua ineluttabile grandezza.
Il secondo è un bellissimo gioiello di stile incastonato tra un’assonnata luce mattutina ed un britannico cielo terso.

Ed ancora una volta, l’ondivago mood ci regala la struggente It’s Impossibile For Me To Be Against You prima e la densissima Something To Know, Something To Say, Something To Do poi.
Musica molto evocativa mai fine a se stessa; gli 8 minuti di Polite Impolite la dicono lunga sull’argomento, pur sfociando in un risultato probabilmente troppo forsennato, più debole rispetto a quelli già citati, ma comunque di grande interesse.
How To Cure Hangover In April fa sicuramente meglio, con le sue impercettibili tracce dub ed il finale ad elevato tasso emotivo (meglio avere dei fazzoletti a portata di mano) che contribuiscono a renderlo uno degli episodi più freschi, puliti e genuini dell’intera produzione.

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