J Moon – Hidden Garden

DjQmvO2wuY0j4Ba4pBcsl84f7AUUDuiXHnkc-nBYSg8a cura di Mark Zonda

Jessica Einaudi fa parte di quel gruppo giovani Italiani che hanno deciso di cercare fortuna a Berlino.
Responsabili di vendita, distributori per lo Stato Tedesco, giovani imprenditori alle prese con nuove opportunità.
Qualcuno ce l’ha fatta veramente ad aprire un ristorante o un pub.
Mille prospettive aperte su papabili universi alternativi: a new career in a new town.
Quello che è certo è che Jessica ha avuto la fortuna di poter continuare a coltivare la sua passione per la musica, unendo le forze con il produttore Federico Albanese, aiutati dalle batterie di Joe Smith.
Il nome del loro progetto musicale è J Moon, l’Ep di cui state leggendo la recensione è Hidden Garden.

Il suono di questo lavoro è tuttaltro che kraut e teutonico, sfacciatamente derivativo, ma settato su piacevoli coordinate folk-blues veru cool di cui vanno apprezzati particolarmente i  profondi timbi di una chitarra intrisa di groove.
La band si farà decisamente apprezzare dai cultori del pop più raffinato e d’atmosfera degli ultimi anni novanta, ma la voce di Jessica non è decisamente quella di PJ Harvey o Beth Gibbon.
Fa il suo lavoro, con un’interpretazione curata e attenta, accompagnandoci con delicatezza fin dalle prime note della intrigante Fire, brano di apertura.
Among walls si avvale di un pregevole intreccio stereofonico di chitarre cavalcando le spazzole di una batteria swingata.
Il brano veste meno la voce di Jessica e concede troppo ad un ipnotico mantra ripetitivo.
Hidden Garden è invece una pregevole ballata acustica, probabilmente il brano più convincente e adatto a espressività e timbriche di Jessica, con suoni pregevolmente radiofonici e cori e chitarre molto curate.
Spesso nelle recensioni di giovani artisti vengono sprecati a casaccio termini trendy e ricercati.
L’intento è quello di  identificare generi musicali in grado di creare tendenza all’innesco di una abustatissima parola chiave.
La purezza di questo lavoro va invece ricercata nella capacità di presentare canzoni folk-pop pure nella loro più totale semplicità, fregio di una band che non ha paura di aprire le porte verso nuovi ascoltatori e mostrare loro un’anima da abbracciare.
Ne è una riprova il brano di chiusura With You, incentrato sulle note delicate di un piano quasi cinematografico e i sottili ritocchi di un synth, con un crescendo sospeso tra l’intimismo fragile dei Sophia e gli episodi più accessibili di Brian Eno.

L’EP è stato registrato e mixato da Tilman Hopf a Chez Chèrie, un noto studio di  Berlino e tana di diversi artisti della scena alternativa locale.
In lavorazione c’è un vero e proprio album, in cui avremo modo di apprezzare la band in un lavoro che auspichiamo piacevolmente poliedrico e composito fatto per farsi inseguire sulla lunga distanza.
Nel frattempo potete seguirli qui.
Da ogni parte del mondo.

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Mark Zonda

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Mark Zonda debutta come editor musicale nel 2003 per Ephebia arrivando in breve tempo ad intervistare artisti del calibro di Emiliana Torrini e i Cardigans, non mancando di curare diversi live reports su è giù per l'Italico Stivale. Cercando una voce indipendente gestisce nel tempo i blog 7Sunday5, SleepWalKing (curandone anche un podcast in Inglese settimanale) gestendo un gruppo di scrittori musicali internazionale e Loft80, prima di iniziare la sua collaborazione con Oca Nera Rock. Mark fa inoltre parte di un progetto musicale indie pop chiamato Tiny Tide ed uno più cantautorale a nome Zondini Et Les Monochrome, con il quale è stato candidato al Premio Tenco nel 2013. Nel 2009 fonda l'etichetta KinGem Records. Mark lavora come copywriter e ha pubblicato il romanzo breve "Dodici Venticinque".

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