Ingranaggi della Valle – Warm Spaced Blue


Tradizione, sperimentazione, qualità.
Gli Ingranaggi della Valle puntano proprio su questo trinomio nella loro nuova fatica, “Warm Spaced Blue”, un album decisamente ambizioso e che pretende, a buon diritto, attenzione da parte dell’ascoltatore.
Uscito lo scorso 28 settembre, è frutto del sapiente lavoro di sette giovani musicisti della capitale, che hanno saputo prendere spunti musicali dalla più ampia tradizionale prog-rock, unendoli magistralmente a suggestioni jazz – l’impianto generale, a tratti, risente positivamente di un’impronta più jazzistica – senza farsi e farci mancare davvero nulla.
È evidente una generale voglia di sperimentare a partire dai generi stessi, ma soprattutto attraverso una serie di strumenti come Mellotron, Moog, Hammond, violini – non manca all’appello neanche un flauto traverso, che fa la sua timida apparizione nell’ultima traccia del disco.
Il tutto, ripeto, usato in maniera accorta, mai pretenziosa, da musicisti che sanno il fatto proprio.

Lo spazio per le parole è poco, per quanto esse contribuiscano certamente alla creazione dell’atmosfera generale del lavoro; ma è la musica a farla da padrona, che ci racconta e si racconta in una chiave sovrannaturale, paranormale, misteriosa, spesso orrorifica. Come in un classico dell’horror-paranormale, siamo spinti dalla nostra curiosità verso l’ignoto, perché vogliamo sapere sempre di più… pur coscienti che alla fine quello che scopriremo ci lascerà a bocca aperta, col fiato mozzato, spaventati più che mai. Tutti gli strumenti contribuiscono a dare questa generale impressione, anche se sono maggiormente le tastiere e i synth che fanno letteralmente l’atmosfera su cui il resto si va coerentemente a innestare.

Gli Ingranaggi della Valle ci raccontano di creature la cui natura è al di là della nostra comprensione, spesso di veri e propri mostri, tracciandone le storie sul proprio pentagramma.
Una trilogia legata alla saga di Cthulhu, la semi-divinità degli abissi nata dalla penna di Lovecraft, segna quasi la metà del disco: ci si sente come raggiunti dai suoi lunghi tentacoli , che senza bisogno di stringerci ci immobilizzano, lasciandoci tremanti e col cuore ricolmo di paura.
Questa lascia poi spazio a intervalli misterici e onirici, dove si fa consistente la presenza di figure spesso oscure, spiriti che non vogliono o non riescono a staccarsi dalla terra che hanno  un tempo abbandonato; ma non mancano neanche i mostri interiori, quelli che ognuno ha dentro di sé e contro i quali deve costantemente combattere, i quali fanno altrettanto paura, spesso più dei loschi spiriti che si nascondono nell’ombra.

Questi Ingranaggi della Valle sono ben oliati, girano molto bene e producono un suono che poco ha da invidiare ad altre band prog-rock più famose del momento: il loro è un progressivo davvero di qualità, curato in ogni dettaglio, che dimostra come questi ragazzi ci sappiamo decisamente fare. Personalmente, non vedo l’ora di sentirli dal vivo, anche perché spaccano sicuramente di brutto!

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