Elettronoir – E che non se ne parli più

Terzo ed ultimo capitolo di Tutta colpa vostra!, cruda e spietata trilogia che gli Elettronoir hanno cominciato nel 2005.
Dopo Dal fronte dei colpevoli e Non un passo indietro, la saga musicale del gruppo romano volge al termine raccontandoci diciotto storie diverse da un sapore di piombo che le lega l’una all’altra.
Lo stesso piombo che definisce l’epoca in cui si svolge questo romanzo musicale.

Ogni singolo brano è una vita tormentata.
E che non se ne parli più è una raccolta di racconti aspri e cupi, sullo sfondo della turbolenta Italia a cavallo degli anni Settanta e dei primi anni Ottanta. Il tutto narrato con uno stile molto vicino alla new wave dei Cure e dei Joy Division, quasi gli stessi toni introspettivi e quasi le stesse atmosfere darkeggianti e nebbiose.
Un ritratto in bianco e nero con una vasta gamma di grigi di un determinato scenario fumoso del passato del nostro Paese.
Da Saturazione, opening track con tanto del monologo tratto da ‘Stalker’, storico film di fantascienza russo del 1979 a Esultiamo con Pertini, brano in cui possiamo riascoltare la cronaca di Nando Martellini della vittoria della Nazionale sulla Germania durante la finale dei mondiali di calcio del 1982, dai dolci ma leggermente tetri intermezzi strumentali dominati dal pianoforte come Asfalto e Tutta colpa vostra! ai pezzi più acidamente sul noise come Il Brigatista, il disco è una sorta di libro di storia contemporanea.
Al posto delle pagine, un’elettronica vintage accostata al post-punk che riprende certe sonorità care a band come i Frigidaire Tango.
L’aggiunta di alcuni elementi come i monologhi e la struttura interna di E che non se ne parli più, fanno di tutto ciò un vero e proprio concept-album sulla falsa riga di quel The Wall dei Pink Floyd.
Un quadro sociale molto forte dalle tinte fosche e un progetto davvero molto interessante.

L’idea è davvero valida e il disco in questione è una trovata geniale, con un’impronta dura a metà tra un cantautorato pungente, un’amara elettronica un po’ industriale e un’attitudine vicina alla letteratura.
Un romanzo storico fatto con le note.

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