Die Abete – Tutto o Niente

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Il primo disco dei Die Abete lo si ascolta Tutto o niente, per l’appunto: tra magia nera, salti mortali, torture medievali e panpepato (una band con particolari interessi, insomma) non si finisce mai di imparare, di fare i conti con la realtà.

Tommy was Superman vanta esattamente 3 minuti a 11 secondi di pura follia, e dovete “sentire” per credere – sempre se il vostro intento è quello di rimanere folgorati da una scarica di fulmini e saette.
Where are my keys, invece è un martello pneumatico impazzito, una bestia indomabile: mai sentiti tanti bei riff messi insieme.
Concedetemi una cattiveria, però, fine a sé stessa: basta un primo e disattento ascolto per captare quella voglia sì di demolire tutto, ma di farlo con stile.
Son bravi tutti a mettere su due accordi ed urlarci sopra; sono poche, invece, le band che sfogano la propria rabbia in modo così efficace.
Per un pugno di pugni ti prende alla sprovvista: tempo di reazione?
Pari a zero: charleston che gasa a morte, screamo alla Backjumper (gruppo di Bari, tra le più importanti realtà hc del sud) e che dire?
Tanta violenza in un minuto e mezzo di puro delirio.

Quello che mi colpisce maggiormente, però, è l’atteggiamento: la capacità di giocare al meglio le proprie carte e di mettere in atto le proprie potenzialità, riuscendo in ogni caso a mantenere il controllo.
I Die Abete sono padroni della propria “volontà di potenza”.
Al giorno la resa in cui avrò la possibilità di sentirli su di un palco, rompermi qualche zigomo, e buttare giù le somme: bestie indomabili o animali da combattimento?
Spero proprio di non essermi sbagliato.

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