Datura – Anedonia


La scena screamo italiana negli ultimi anni è animata da band decisamente valide.
Tra queste sicuramente possiamo annoverare i riminesi Datura, i quali a novembre 2015 hanno pubblicato il loro primo Ep autoprodotto e intitolato “Anedonia“.
Il titolo è assolutamente perfetto e aderente all’atmosfera tracciata dai sei brani da cui è composto: il termine ‘anedonia’, il cui significato deriva dal greco, è infatti una parola utilizzata in campo medico e psichiatrico per descrivere l’incapacità del paziente di poter provare piacere in qualsiasi situazione, ambiente e contesto.

In ‘Intro’, traccia d’apertura, la chitarra acustica diventa protagonista assoluta attraverso un suono essenziale e malinconico che accompagna inconsapevolmente l’ascoltatore ad un inaspettato mutamento, nel quale la chitarra è scardinata da una voce sofferente e distorta che introduce alla disperazione – sentimento che, con la seconda traccia ‘Carillon’, va a caratterizzare l’intero Ep.
Dalla terza traccia in poi, ‘Lydia’ , la sonorità si fa sempre più greve.
La voce talmente contorta e introflessa rende quasi incomprensibili le parole, che esprimono un dolore sempre più crescente e che porta all’ascolto di altre due tracce strazianti, ‘Radica’ e ‘Resia’, che vanno a terminare l’Ep.
In esse il suono degli strumenti diventa un crescendo, la batteria assume un ruolo nodale e man mano fondamentale, quando esplode nell’ultimo brano, ‘Resia’.
In quest’ultima traccia la disperazione ed il dolore giungono al loro culmine, e il gioco di specchi tra suono e parole che ha caratterizzato il disco riflette emozioni tradotte in parole gridate e frantumate sino agli ultimi momenti, quando la voce da spezzata diventa più chiara e lascia comprendere negli ultimi secondi il messaggio della frase conclusiva: «a cercare uno spiraglio di luce nel futuro che mi sento cucito addosso».

I Datura hanno pubblicano un Ep complesso, contrassegnato da un’ottima fusione tra post-rock e screamo con una sfumatura di power violence, i cui testi urlano una disperazione che diviene una forma di catarsi e di esorcizzazione di una inquietudine non più personale ma collettiva.

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