A Minor Place – It’ll End In Smile
Definire ubicazioni, posizionamenti, referenzialità e citazioni spesso diventa il mestiere di chi racconta musica.
E le storie degli A Minor Place ben si presterebbero a tutto ciò.
Ma non credo sia questo l’importante, nel loro caso.
O meglio, non deve diventare questo l’elemento fondante.
Perché il loro tentativo è chiaro: l’obiettivo non è il citazionismo o la valorizzazione derivativa dei suoni che esprimono.
È l’esaltazione dell’immaginario e dell’immaginazione, la fecondazione delle memorie di ognuno di noi, l’apertura di spazi dimenticati in qualche cassetto della nostra anima.
E per fare questo decidono di accoglierci nel loro ospitale minor place, che diventa immediatamente nostro, dove possiamo sederci sul plaid steso su di un prato di margherite e ritrovare il suono che ci ha in qualche modo, in qualche momento, accompagnato, qualsiasi suono esso sia, perché comunque qualcosa lì dentro ci troveremo.
Andrea e Roberta non hanno un indirizzo conosciuto o un Cap di riferimento, per quello che mi riguarda potrebbero provenire dal bosco degli Elfi come dal paese delle meraviglie: per quello che mi arriva corro volentieri il rischio di seguirli dentro il loro libro di fiabe, che mi può far ballare da solo al ricordo tenero dei Pastels così come strapparmi una lacrima come riuscivano a fare i Sundays, mischiarmi gli stati d’animo come mi suggerivano gli Heavenly o ricordarmi che mi sento molto più uomo quando mi commuovo che quando faccio finta di niente come mi succedeva ascoltando gli House of Love.
La musica, lo straordinario pop contemporaneo degli A Minor Place quindi è sempre il mezzo, mai il fine, per consentirci il trasformismo in andata e ritorno verso universi a volte paralleli, a volte da recuperare. Il loro è un grande libro dei suoni, alle volte da colorare, alle volte da leggere, ogni volta da interpretare.
È tornare ad immaginare la voce di Rachel Goswell o quella di Alison Statton, che magari a un certo punto fa l’amore con un loop di Michael Jackson; è tornare in un negozio di Londra a comprare la centesima raccolta della Cherry Red con i soldi contati; è comunque la delizia di spendere tutto il tempo necessario per ascoltare per intero il loro disco senza avere la tentazione di saltarne anche solo una nota.
Come è stato già scritto da alcuni, c’è tanto Amore nei loro dischi, quell’amore che esplode nella passione – che si percepisce, si palpa, si tocca.
Amo questo disco che, al di là di ogni mia parola, vive di una grande luce propria.
Amo la storia di questa home band, amo la generosità con la quale ci offre uno spaccato di pop colto dalle mille sfaccettature.
Amo e spero amerete entrare nell’universo di A Minor Place nel quale, forse ancora non lo sapete, c’è un posto per ognuno di voi.