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Savana Funk, le foto del concerto a Roma

Il ritorno dei Savana Funk al Monk di Roma

Energia, groove e contaminazioni globali per una serata memorabile

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di Giulio Paravani
21 Giugno 2025
Savana Funk

Roma, 21 Giugno 2025

Il palco del Monk di Roma ha accolto una delle band più elettrizzanti e sorprendenti del panorama musicale contemporaneo: i Savana Funk. Il trio – formato da Aldo Betto alla chitarra, Blake Franchetto al basso e Youssef Ait Bouazza alla batteria – ha infiammato il pubblico della capitale con un concerto coinvolgente e dal forte respiro internazionale. In occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato, la loro musica ha assunto un valore simbolico ancora più profondo, diventando strumento di unione, consapevolezza e libertà.

L’energia è esplosa sin dalle prime note. Dopo un breve intro, i Savana Funk hanno aperto con Samsara, title track del tour, che ha immediatamente scatenato il pubblico. Il palco del Monk, già colmo di aspettative, si è trasformato in un organismo pulsante, dove ogni corpo reagiva alle dinamiche fluide della band. Non c’è un vero e proprio confine tra palco e platea nei concerti dei Savana Funk: i loro live si basano sull’ascolto reciproco, sull’intuizione e sull’improvvisazione.

Il concerto ha attraversato tutta la carriera del trio, alternando brani storici a quelli più recenti. Bring in the New, con i suoi cambi di ritmo mozzafiato, ha fatto esplodere il groove tra le prime file; Wa Zina ha conquistato con il suo messaggio sociale e il suo refrain corale, mentre Raha ha condotto verso un’atmosfera più rarefatta e introspettiva, senza mai perdere l’energia trascinante della band. Il pubblico, eterogeneo per età e background, ha risposto con entusiasmo, trasformando ogni brano in un momento collettivo di connessione e liberazione.

Ciò che rende unico ogni concerto dei Savana Funk è la loro capacità di coniugare la qualità tecnica con una visione musicale inclusiva. Il suono non è il risultato di una somma di influenze ma la manifestazione di un’identità artistica aperta, in cui la sperimentazione non è mai fine a sé stessa. In brani come Ghibli, che fonde atmosfere afro-mediterranee e groove cosmico, o in The Invisible Man, che tocca i temi dell’invisibilità sociale e della spiritualità urbana, si percepisce chiaramente il loro desiderio di andare oltre i limiti del genere, pur rimanendo fedeli a un linguaggio profondamente fisico e viscerale.

L’approccio live – fatto di lunghi assoli, sezioni improvvisate e momenti di respiro emotivo – è la naturale estensione di questa filosofia. E al Monk di Roma, uno dei club più amati dagli ascoltatori più attenti e curiosi, questo spirito è stato recepito e amplificato. Il risultato è stata una serata indimenticabile, un concerto che non ha avuto bisogno di orpelli per lasciare il segno: solo tre strumenti, tanta verità, e una voglia irrefrenabile di suonare insieme a chi ascolta.

La serata rientra nel Samsara Summer Tour, il viaggio musicale che i Savana Funk stanno portando avanti da mesi, toccando club e festival italiani ed europei, con l’obiettivo di diffondere il loro sound contaminato, liberatorio, in continua evoluzione. Il Monk, luogo simbolo della musica live indipendente romana, si è trasformato per l’occasione in un crocevia di culture e ritmi, dove la partecipazione del pubblico ha reso l’atmosfera ancora più vibrante.

Il live dei Savana Funk è stato, a tutti gli effetti, un momento di pura autenticità musicale. In un panorama spesso dominato da produzioni digitali e show costruiti a tavolino, la band bolognese continua a distinguersi per coerenza, passione e apertura.

Un appello alla solidarietà nella Giornata Mondiale del Rifugiato

Il concerto dei Savana Funk al Monk di Roma non è stato solo un momento musicale di grande impatto, ma si è caricato di un significato ancora più profondo in quanto, come anticipato, si è svolto in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato. L’evento, celebrato ogni anno il 20 giugno su iniziativa dell’ONU per onorare la forza, il coraggio e la perseveranza di milioni di persone costrette a fuggire da guerre o persecuzioni, ha assunto quest’anno un tema centrale: la solidarietà concreta verso chi ha perso tutto.

Accogliere rifugiati e migranti non è solo un gesto morale ma una responsabilità collettiva. Queste persone portano con sé storie di resilienza, ma anche aspirazioni, professionalità e talenti che possono arricchire le comunità che li ospitano. L’UNHCR ci ricorda che «solidarietà significa garantire a rifugiati e richiedenti asilo opportunità di istruzione, lavoro, alloggio e assistenza sanitaria» . La musica, in questo senso, diventa uno strumento di inclusione: piattaforme culturali come il Monk offrono spazi in cui le differenze possono trasformarsi in dialogo e arricchimento reciproco.

Numerosi esempi nel mondo dimostrano il valore terapeutico e sociale della musica per persone profughe: in Uganda, ad esempio, il Bidi Bidi Performing Arts Centre trasforma i rifugiati in protagonisti del loro percorso di guarigione e coesione, offrendo belle le potenzialità dell’espressione artistica nel ridare dignità alle loro vite.

Azioni simili possono ispirare anche le scene europee: offrire parole, musica e opportunità ai rifugiati significa costruire ponti e rafforzare comunità inclusive.

In questo concerto, la scelta del repertorio e la condivisione del palco in un momento simbolico come la Giornata Mondiale del Rifugiato hanno trasformato i Savana Funk in catalizzatori di riflessione.

La vera rivoluzione culturale inizia quando la musica smette di essere solo intrattenimento e diventa veicolo di empatia, diritti e futuro.