Wintersleep live a Torino: nuove invasioni degli orsi

Wintersleep, nome che sa di letargo, di sonnolenza invernale.

«Quando li accendono i termosifoni?» «In teoria il 15, ma speriamo un po’ prima». L’inverno sta arrivando e la sua anteprima nazionale è sempre a Torino. In più, so che per andare in zona Spazio211 devo calcolare sempre di mettere una maglia in più.

Presumo che i Wintersleep abbiano visto il pubblico più numeroso della loro carriera quando nella loro città aprirono il concerto di Paul McCartney. Invece questo 8 ottobre a Torino potrebbe essere il loro record di segno opposto. Profondo indie tonight!

Wintersleep Live Spazio211 Torino

Eravamo io, due fotografi e pochi altri ad assistere al concerto di una band che ha pubblicato quest’anno un disco molto bello che si chiama “The Great Detachment”. Esistono da quindici anni e non sono mai davvero decollati anche se ne avrebbero i numeri. Ascoltando i loro pezzi direi che sarebbero a tanto così da essere infilati in uno spot di, che ne so, automobili per trentenni single.

I Wintersleep sono canadesi. Qui potrebbe aprirsi un capitolo sull’immaginario collettivo del Canada come avanguardia della musica alternativa per persone intelligenti.

Da quando in giovinezza mi innamorai di Neil Young, ho sempre immaginato il prototipo di voce canadese come la sua. Effettivamente la voce di Paul Murphy non si discosta di molto, meno acidula, più rotonda.

Paul Murphy Wintersleep Torino

Da quando poco più tardi mi innamorai dei Black Mountain, ho sempre sperato in un mondo migliore con le Gibson suonate in quel modo lì. Effettivamente la chitarra di Tim D’Eon è di quella scuola, è abbastanza chiaro che è lui nella band quello a cui piace il metallo.

Parlando di Canada sarebbe d’obbligo dire Arcade Fire, che però non mi hanno mai davvero conquistato: faccio il gesto di portarmi un loro disco da mettere in autoradio e entrare nel clima nordamericano ma poi finisce che ascolto Radio2 anche se c’è Carlo Pastore.

Tim D'Eon Wintersleep Torino

I cinque ragazzi iniziano tra grovigli di cavi per collegare mille pedali, sul palco non ci entrerebbe più nemmeno un plettro. Ritmiche belle toste, cori aperti, una botta elettrica ammortizzata ma non smorzata dalle melodie sognanti dei ritornelli. Un paio di passeggeri passaggi hard rock mi esaltano. Dio benedica i wah-wah e i pochi rimasti a usarlo. La mia preferita dell’album, ‘More Than’, non la suonano. Pazienza.

Al microfono Paul Murphy, dolce orso canadese che presto tornerà a svernare nella sua Halifax, ci ringrazia per la presenza, spera di tornare presto anche se secondo me non lo pensa troppo. Ma è gentile a dirlo a me, ai due fotografi e ai pochi altri che hanno assistito a questo piacevolissimo concerto.

P.S. L’indicatore di qualità della serata è spesso misurabile dal comportamento del fotografo: stavolta Luigi De Palma rimane fino alla fine, e quando rimane fino alla fine vuol dire che ne vale la pena.

Wintersleep The Great Detachment


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