Verdena, randellate, cazzotti e sentimenti

Doppia data all’Alcatraz per il ritorno dei Verdena

Curiosità e gratificazione con gli occhi rivolti al futuro: il concerto che attendevamo da tempo

Reazioni da manuale alla pubblicazione del nuovo disco di un artista o gruppo storico, che seguiamo e apprezziamo da parecchi anni: lamentarsi perché è sempre la loro solita musica, solo in brutta copia.
Oppure lamentarsi perché hanno stravolto il loro suono e non li riconosciamo più, molto meglio prima.
I Verdena inducono da almeno un decennio la reazione del secondo tipo, con album a cui non manca di certo la spinta del cambiamento, merce sempre più rara a casa nostra, e che spesso vengono masticati, digeriti e apprezzati a distanza di tempo.
È pur vero che ogni loro novità stuzzica la curiosità di chi si è affinato l’orecchio con il rock italiano che esplose a cavallo del nuovo millennio, ed appuntamenti come questo, il tour che segue la pubblicazione del settimo album “Volevo magia”, sono imperdibili, come la sfilza di sold out ci conferma.
Per Milano, che per i Verdena è la tappa di quasi-casa, addirittura doppia data all’Alcatraz.

La seconda serata milanese, quella del 23 novembre, viene aperta dagli  ⁄handlogic, che alternano inglese e italiano, e pure un po’ di umanizzante cadenza fiorentina, e mettono insieme ispirazioni diverse, pop sintetico e graffi di rock e il piglio dall’effetto psichedelico delle svirgolate ponderate e concentrate di chitarra e tastiera.
Ben più impegnativi della media dei gruppi di apertura, ma questo è in linea con ciò che ci si aspetta dalla serata, e la loro presenza è utile ad attivare i recettori e mettere in moto qualche sinapsi di riscaldamento.

⁄handlogic

Arriva infine il momento in cui le aspettative di ogni singolo presente vengono messe alla prova dai Verdena: ci sarà spazio solo per il futurismo dei pezzi nuovi, o il passatismo che nessuno vuole dichiarare ma che tutti coltivano intimamente troverà gratificazione?
Che intenzioni hanno i Verdena per questo concerto?
Sicuramente la volontà principale è quella di stordire, mettendo subito in mostra un armamentario pesante di luci volumi e suoni.
È un gioco di schermi: quello della nebbia col palco richiama quello degli effetti con la voce.
C’è anche un gioco di direttrici che si incrociano, perché le luci escono dalla foschia tuffandosi sul pubblico, la voce sembra scendere a pioggia dall’alto, perpendicolare al suono che esce sparato in orizzontale e non cade, a dispetto della sua gravità.

Arrivati verso il terzo o quarto pezzo, nessuno riesce più bene a realizzare che ore siano, che giorno della settimana sia, quanto manchi a Natale e quale sia il valore dello spread in questo momento.
La confusione indotta dai Verdena è Albertocentrica, quando invece arriva il momento di andare a ripescare nella storia subentra il volto umano di Roberta Sammarelli.
C’è affinità tra le neonate trame di ‘Volevo magia‘ e quelle quindicenni di ‘Requiem‘, ma l’inquietudine e l’imprevedibilità che all’epoca (parliamo del tour 2007-2008, per chi l’ha visto e per chi non c’era cit.) caratterizzava l’approccio nervosissimo al palco di Alberto Ferrari si sono trasformate in un pieno controllo della situazione.

Verdena

Le randellate arrivano in platea come se fossimo nel ’68 a una manifestazione di piazza, e non è facile distinguere, come nelle peggiori famiglie, dove finiscono i cazzotti e dove iniziano i sentimenti.
L’esecuzione dei classici dal repertorio dei Verdena è strutturata, corposa.
Potremmo dire “barricata”, come alcuni vini d’importazione: hanno una corazza nuova e spingono un po’ sulle stesse frequenze.
Ma queste parentesi passatiste attaccano alla grande sul pubblico, il bluff di molti viene svelato, le mani alzate al cielo parlano chiaro: ogni coppia di mani che punta al soffitto rappresenta un cd che qualche lustro fa è stata consumato su due o tre tracce, senza vergogna alcuna.

Il dilemma Futurism vs. Passéism, volendo far sfoggio di una citazione colta e doppia dei Blonde Redhead, non viene sciolto nemmeno dopo la manciata di pezzi dell’encore più viscerale.
Che la musica dei Verdena non stia mai ferma lo sappiamo ormai da qualche disco, ma fortunatamente non si fanno traviare dal negazionismo per il passato.
Non ci si crogiola, si guarda avanti con curiosità e con sentimento ci si butta di schiena nel passato, perché concedere a sé stessi uno stage diving mentale con ‘Valvonauta‘ è un gesto di onestissimo amore.

Photo Gallery Verdena

Napoli, 28/11/2022
© Roberta Cacciapuoti / ONR
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Matteo Ferrari

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Nato nel 1984 nell'allora Regno Lombardo-Veneto. Un onesto intelletto prestato all'industria metalmeccanica, mentre la presunta ispirazione trova sfogo nelle canzonette d'Albione, nelle distorsioni, nei bassi ingombranti e nel running incostante.

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