Turin Brakes live a Torino: quelli che ci hanno rubato il nome

Tra le F.A.Q. c’è la classica: perché vi siete chiamati “i freni di Torino”? Le ragioni della scelta, come si legge su un loro fansite, deluderanno chi spera in significati speciali, ma oggi i Turin Brakes sono “nella loro città” dunque è il caso di andarli a vedere.

Comunque “Torino” è una parola che esiste solo in italiano. In Piemonte come in Inghilterra è “Turin”, così credo anche in tutto il mondo.

Hiroshima Mon Amour, 15 aprile 2016. Per i londinesi è la seconda tappa in Italia di questo tour, che in Europa è condiviso con i romani Dog Byron, ballate southern, a tratti ipnotiche, che puzzano di whisky, qualcuno nel pubblico sa le parole, è una bella apertura.

Dog Byron live Torino

Ci sono molti inglesacci intorno. Sono circondato da sosia di Gazza Gascoigne. Il sottoscritto, nostalgico del brit pop, si presenta con una felpina dei Beatles, ma rappresento un’eccezione e noto che il pubblico reduce dal new acoustic movement ama poco i feticci sull’abbigliamento.

Ecco che entrano Olly, Gale, Rob, Eddie. I Turin Brakes nascono come progetto di Olly Knights e Gale Paridjanian, che compiono 17 anni di collaborazione discografica e molti più di amicizia. Ora sono una band a tutti gli effetti che comprende i musicisti con cui da sempre collaborano.

Turin Brakes live Torino

I londinesi, senza dare troppo nell’occhio, hanno accumulato nel tempo un invidiabile tesoretto di canzoni stilosissime. Formichine in un mondo di lucciole, hanno attraversato indenni il musicbiz di inizio millennio, richiesti ora anche come autori per altri interpreti, per esempio un gruppo sconosciuto: i Take That.

Iniziano con le prime canzoni del loro ultimo album “Lost property”. Come attacco, effettivamente, ’96’ e ‘Keep me around’ spaccano. Poi tanti pezzi anche dal primo “The Optimist LP”, come ‘Mind over money’ e ‘Future boy’: Gazza a fianco a me li indovina dopo mezza nota. E ‘Fishing for a dream’, ‘Last chance’, ovviamente ‘Pain killer’… c’è posto per tutte le indispensabili.

Olly Knights Gale Paridjanian

Gale Paridjanian, alla chitarra talvolta elettrica talvolta acustica, più lo guardo più mi stupisco dell’incredibile somiglianza con Tom Morello, guardate le foto di Luigi De Palma e ditemi se non ho ragione.

Gale Paridjanian Turin Brakes

Olly Knights ci dice «vi abbiamo rubato il nome! È un nome che ci ha portato molta fortuna…» Ha un modo semplice di stare al microfono, canto sognante dietro gli occhiali, accordi suonati strani con solo tre dita, vestito come si vestirebbe per andare a bere una birra col suo amico Gale.

Olly Knights Turin Brakes

E poi c’è Eddie Myer al basso, “primitive” sulla maglietta come nell’irsuto look, e Rob Allum alla batteria che ne è il contrario.

Eddie Myer Turin Brakes

Il concerto fila via scioltissimo, e Olly: «ecco, noi usciremo dal palco e staremo lì dietro, al buio, senza dirci niente, aspettando solo una cosa: tornare e suonare ancora un po’. Se vorrete che suoniamo ancora un po’, lo faremo!»

Certo che vogliamo. Ritornano per tre pezzi e poi ritornano ancora, chiudendo con il tiro rock-blues di ‘Slack’. Un po’ anti-divi nel loro proporre bellissime pop songs, per certe cose li vedo come una sorta di Perturbazione inglesi. Ma senza cercare fantasiose forzature, sono semplicemente i Turin Brakes, e sono contento che ci abbiano rubato il nome.

Rob Allum Turin Brakes


Vuoi vedere la gallery completa?
Clicca qui.

0 Comments

Join the Conversation →