Toquinho ed il «cane dentro una bottiglia»
di Giovanni Loria 26 Maggio 2025

Toquinho incanta l’Auditorium Parco della Musica con una serata di musica, racconti e malinconia brasiliana
Virtuosismo, aneddoti e la magia della musica
Roma, 25 Maggio 2025 | Ph. Giulio Paravani
Correva l’anno 1983 ed il vostro umile cronista, da poco entrato nell’adolescenza, aveva (provvisoriamente, ma ancora non potevo saperlo) messo da parte i primi ascolti rock della sua vita, fatti di Police, Dire Straits, Elton John, Genesis e Rod Stewart, e si era immerso gioioso nel mondo dell’Heavy Metal, completamente travolto dal primo impatto con Saxon, Kiss, Iron Maiden ed AC/DC.
Eppure, nonostante la giovane età, non ero affatto un talebano. Al massimo fingevo di esserlo per darmi un tono, e non disdegnavo, magari di nascosto, ascolti diversi. In particolare c’era un disco che veniva spesso suonato a casa da mia sorella e che mi sorprendevo ad apprezzare anche io. Si trattava di “Aquarello” di Toquinho, un cantante del quale non sapevo niente ma che pareva semplicemente essere l’ennesimo brasiliano di grande fama di quegli anni, accanto ad artisti di ben altro tipo come Zico, Falcao, Socrates o Toninho Cerezo.
Attendere seduto l’inizio di un concerto è un buon modo per rilassarsi a lasciare scorrere il flusso, sovente obliquo e incontrollabile, di ricordi come questo, inconsapevolmente accompagnato da un sorriso e da un pizzico di malinconia… due compagni che restano sempre accanto, soltanto apparentemente inconciliabili, durante i novanta minuti dell’esibizione di Toquinho, sempre in gran forma a dispetto dell’età. È lui stesso a ricordarci che «l’anno prossimo saranno 80», ma la destrezza delle sue mani che volano tra le corde della chitarra non lascia certo trasparire l’ineffabile scorrere del tempo.
Sorriso e malinconia, perché la Musica Brasiliana è esattamente questo, che sia la Bossa Nova «di cui Joao Gilberto è l’indiscutibile Maestro», come Toquinho afferma in modo deciso, oppure Samba. È o non è, d’altronde, proprio il Brasile, la terra che ha reso celebre il concetto di Saudade, qualcosa di infinitamente più profondo e affilato del mero concetto di nostalgia?
Con Toquinho si sorride, soprattutto ascoltando i fantastici aneddoti che cita fra una canzone e l’altra. Dal Vinícius de Moraes definito da una fan maestro di vita molti anni prima (nonostante i ben nove matrimoni da lui contratti nell’illusoria ricerca dell’amore perfetto), al Chico Buarque de Hollanda che fece volare Toquinho a Roma nel 1968 con la scusa di offrirgli alcune lucrose esibizioni, per poi candidamente ammettere che «non c’è alcun concerto meu amigo, ti volevo qui soltanto perché mi sentivo maledettamente solo!».
Ed il top del buonumore viene probabilmente raggiunto quando il nostro cita Marcello Mastroianni, che durante una cena romana di tanti anni fa affermò serissimo che «noi attori facciamo una vita decisamente più complicata di voi musicisti: a voi basta una chitarra, noi una scena dobbiamo magari ripeterla più e più volte… certo, sempre meglio che lavorare!».
Difficile però impedire di farsi avanti a quel sottile filo di malinconia quando scorrono le note di ‘Asa Branca’ o ‘Tarde Em Itapoa’, e quasi non ci accorgiamo di quanto sia pieno il suono che arriva dal palco, grazie anche all’incredibile performance dei due accompagnatori, Eduardo Penz che al basso elettrico sembra davvero un polipo e l’elegante Mauro Lucio Martins seduto dietro alla batteria. Se mai qualcuno vi dirà che non ci vuole questa grande tecnica per suonare dal vivo la musica brasiliana, ridetegli pure in faccia senza pentirvene.
Ad un certo punto si ode, provenire da fuori palco, una voce femminile meravigliosa. Il tempo di domandarsi se si tratti di una registrazione, ed ecco apparire in carne ed ossa la fascinosa colpevole, Camilla Faustino. Lungo la seconda parte del concerto si rivelerà una cantante semplicemente straordinaria, impeccabile interprete, accanto alla chitarra di Toquinho e alla sinuosa sezione ritmica, di altri gioielli come ‘La Voglia, La Pazzia’, il brano che a metà degli anni settanta rilanciò, in chiave squisitamente latinoamericana, la carriera di Ornella Vanoni, ‘Io So Che Te Amerò’ e soprattutto l’emozionante ‘Samba De La Rosa’.
Evento più unico che raro nella solitamente ingessata cornice dell’Auditorium, il pubblico si alza in piedi e si affolla di fronte al palco quando il concerto si avvia alla conclusione, con l’immancabile, succitata ‘Acquarello’, ‘Felicidade’ e ‘Tonga’. Mentre Camilla, oltre a cantare, balla con sensualità e raccoglie i dischi, portati dagli astanti, che in un secondo momento un disponibilissimo Toquinho autograferà.
Torniamo a casa decisamente contenti, ripensando alla immortale massima di Vinicius de Moraes raccontata da Toquinho sul palco: «Sai Toqui, penso che il Whisky sia il migliore amico dell’uomo. È come un cane dentro una bottiglia, e non devi neanche sentirlo abbaiare!».