Oca Nera Rock

Turn ON Music

Tom Meighan

Tom Meighan: lezioni di palco

Il manuale del perfetto frontman

La tappa romana del tour acustico dell’ex vocalist dei Kasabian

Roma, 25 Febbraio 2025

Gli ultimi anni sono state montagne russe per Tom Meighan. L’allontanamento dai Kasabian a causa di vicende che sembrano ormai superate, la crisi, poi la rinascita. Un paio di album solisti e un’immagine pubblica ricostruita. Oggi, l’ex frontman della band di Leicester, ha ripreso in mano le redini della sua vita artistica. Dopo il riaffacciarsi sulla scena con“The Reckoning”, si conferma con un convincente, almeno al primo ascolto, “Roadrunner”, freschissimo di uscita datata 24 gennaio 2025.

Da mesi in tour, recentemente anche con una data negli Emirati Arabi Uniti, dopo una breve sosta riparte con un ciclo di concerti acustici e con tre tappe italiane. La seconda e la terza saranno a Milano e a Roncade (Tv). La prima è stasera a Roma, Largo Venue, Via Biordo Michelotti 2.

L’opening è un cantautore di Potenza, Antonio Pietrapertosa. Quando sale sul palco diventa avec-moi e stasera suona alcune canzoni estratte dal suo album che porta il nome di “Le Mie, le Tue, Stregonerie”. Stratocaster verde acqua con un cuoricino rosso sul battipenna. Suono ispessito e smussato da un classico chorus, già sentito, ma piacevole, almeno per me. Un paio di pezzi anche più che ascoltabili. Su tutti ‘Magia Nera’, con la strofa che si regge su un interessante lavoro della chitarra. Atmosfere stralunate, fiabesche e voce sul registro acuto. Mi appunto il nome di Enzo Carella, quando nel pezzo a seguire, ‘Rebus’ cita proprio l’autore di ‘Barbara’ e ‘Malamore’ come suo ispiratore. Riesco a trattenermi dal complimentarmi con me stesso nel modo suggerito da Harvey Keitel in Pulp Fiction.

Ma ragazzo mio, non chiederci dopo ogni pezzo se le canzoni stiano piacendo. Non invocare pietà e clemenza. Meno autocommiserazione e più arroganza. Sei su un palco, fallo tuo e sbattici in faccia i tuoi pezzi. Invece  «Per vostra fortuna siamo quasi arrivati alla fine». Sembri capitato lì per caso. Sei il primo a non credere in te stesso. Goditela e respira. Parla più lentamente tra un pezzo e l’altro. Con duecento parole in tre secondi si fa fatica a capirti, e quello che appare a chi ti sta davanti è che tu non veda l’ora di fuggire dalla scena.

avec-moi
avec-moi

Come te, forse anche peggio, solo un altro cantautore, che vidi undici anni fa in un locale a breve distanza da qui, davanti a venti persone. Che divennero cinque quando, dopo pochi secondi, quindici di queste si spostarono subito verso il bar. Si esibì a testa bassa, appoggiato allo stipite della porta della sala, non so se più stonato lui o scordata la chitarra che suonava. Gli diedi non più di tre mesi di vita artistica. Si chiamava Calcutta. Dodici mesi dopo collezionava sold out. Fu allora che compresi di non capir nulla di musica e realizzai, pertanto, che avrei potuto aver un futuro scrivendone.

Ma torniamo a noi, avec-moi. Lascia il pubblico libero di accogliere e decodificarla come meglio crede le tue canzoni, senza dargli istruzioni. Non anticipare cosa e come suoneranno i tuoi pezzi, lascia che sia chi ti ascolta ad avvicinarsi alla tua musica e a trovarne la chiave. Meno solennità: leggerezza non vuol dire superficialità. Non basta mettere le parole “stregone” e “sciamano” per ricreare far suonare esoterico e magico un disco. Ma stasera sei fortunato, perché pochi minuti dopo la tua esibizione avrai la possibilità di osservare una lectio magistralis di come si sta sul palco.

L’allestimento del palco, due sedie e una chitarra acustica, mi provoca un brivido gelido, e porta a livello “Charlie” il livello di allarme interno per minaccia imminente di serata introspettiva e noiosa. E invece, come sempre, mi sbaglio. Tom Meighan è l’esempio vivente di come si stia su un palco. Liam Gallagher lo definì il miglior frontman del mondo. Mi accorgo di quanto queste parole vestano la performance dell’ex voce dei Kasabian come un guanto di seta. A proposito di abbigliamento: semplice e comodo. L’unica concessione alla stravaganza è un cardigan leopardato, indossato su maglietta e pantaloni neri. Al collo una catenina chiusa da un lucchetto.

I due sgabelli sono stati richiesti per far accomodare gli amici immaginari, suoi e del chitarrista. Non c’è altra spiegazione. Perché Tom Meighan trascorre la successiva ora come se fosse sul palco di Wembley. Da tutto sé stesso senza risparmiarsi, instancabile e inafferrabile come il mercurio. Questo è rock and roll, questo è dominare la scena. Che a vederti siano trecento persone o che ne siano trentamila non fa differenza alcuna. Padrone del flusso di energia, che non cala di un nanometro durante tutto il set.

Tom Meighan
Tom Meighan

Il perfetto frontman non si limita ad interagire con il pubblico, o intrattenerlo facendo il saltimbanco. Il perfetto frontman è quello che guarda negli occhi ogni leggiadra spettatrice e ogni fottuto spettatore. Dai fa urlanti aggrappati alla transenna del sottopalco fino all’ultimo sfigato in fondo alla sala. E fa sentire ogni persona parte essenziale e imprescindibile dello show. Il perfetto frontman ti porta sul palco accanto a lui. C’è una tecnica per diventarlo, ma non si impara; al massimo si affina. Perché o lo si è dalla nascita (e se sei, come Tom Meighan, diagnosticato ADHD si parte avvantaggiati), oppure conviene mettersi a suonare il contrabbasso in un quartetto jazz.

A onor del merito, una grossa mano gliela dà il fido Chris Addon, stasera in veste di chitarrista acustico. Un treno di ritmo e presenza. Tanto potente quanto essenziale e semplice. Niente effetti speciali, niente loop station. Riempie ogni spazio della sala con il suono e l’energia di un’intera rockband. Ritmiche trascinanti, grande lavoro sulle corde basse, instancabile booster di ogni pezzo. Un tour acustico essenziale, senza orpelli e fronzoli. Unica concessione: l’entrata di una cassa dritta durante ‘Club Foot’, canzone di apertura e in chiusura di ‘Where did All the Love Go’.

Furba e oculata anche la scelta dei pezzi. Sono dodici rispetto ai quindici scritti sul foglio adagiato sul palco. Di questi, tre provengono da “The Reckoning” suo primo lavoro solista, nessuno dal recentissimo “Roadrunner” pubblicato appena un mese fa e ben nove tratti dal repertorio dei Kasabian, per la felicità dei fans della band di Leicester. Fans ai quali, da consumato frontman, lascia più volte spazio, come nel caso di ‘Goodbye Kiss’ e di ‘L.S.F.(Lost Souls Forever)’, quando, mano sul cuore, rimane ad ascoltare la coda del pezzo dalle ugole del pubblico.

Tra una canzone e la successiva Tom Meighan è un fiume torrenziale di parole, di scambi di battute con singole persone tra il pubblico, di mani strette e di “I love you” ricevuti, ai quali risponde senza esitazione «Me too». Dalla mia postazione leggermente rialzata è rasserenante vedere nel backstage Vikki Agger, la compagna, divertirsi e ballare radiosa.

Tom Meighan

Il concerto è di un’ora scarsa, ma per un set acustico è la giusta durata. L’atmosfera è quella di un festival. L’acceleratore premuto a tavoletta, senza alcun momento di stanca. Un condensato di energia e divertimento, un fulmine a illuminare una notte di mezzo inverno o poco più. La chiusura è sempre attinta dal repertorio dei Kasabian. ‘Fire’ è una strofa sospesa su un unico accordo, in un crescendo di tensione, miccia per l’esplosione del canto collettivo di tutti i presenti. C’è chi poga in platea, mentre la lei di una coppia inglese mi racconta di essere venuta a Roma per visitare la città e per vedere Tom Meighan. Finisco così con lo spiccicare anche qualche parola in lingua albionica. Alla fin fine ci posso stare. Ero al Largo Venue, sembrava di stare a Glastonbury.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.