The Jesus Lizard | Express Festival 2025
di Stefania Nastasi 1 Giugno 2025

Il ritorno sulle scene dei leggendari The Jesus Lizard
Al Link di Bologna la band di Chicago ha aperto l’edizione 2025 dell’Express Festival
Bologna, 31 Maggio 2025
The Jesus Lizard hanno inaugurato l’edizione 2025 dell’Express Festival, la prestigiosa rassegna organizzata dal Locomotiv Club che dal 2007 rappresenta uno degli appuntamenti più importanti della scena musicale indipendente e alternativa bolognese. Quest’anno il festival ha dovuto cambiare sede: dopo anni trascorsi all’Arena Puccini del DLF di via Serlio, la location non è più disponibile a seguito dell’acquisizione dell’immobile da parte del Comune di Bologna, che si è impegnato nella riqualificazione degli spazi. Tutte le date si svolgeranno quindi al Locomotiv, ad eccezione del concerto dei Jesus Lizard ospitato al Link.
Il Link, va detto, non è certo la location più comoda di Bologna per i concerti. Il problema principale rimane sempre lo stesso: il parcheggio. Ci si ritrova costretti a lasciare l’auto sullo svincolo della tangenziale, a ridosso del guard rail, in una situazione precaria che genera ansia per tutta la durata del concerto. La mancanza di parcheggi adeguati è un problema cronico – nel 2018 ci si affidava addirittura a parcheggi abusivi improvvisati in corti di campagna. La situazione, purtroppo, non sembra essere migliorata.
Arriviamo quando i Movie Star Junkies sono già sul palco. Questa band torinese, attiva dal 2005, rappresenta una delle realtà più interessanti del garage-punk italiano. Le loro influenze spaziano dai Birthday Party ai Gun Club, passando per The Scientists e Jon Spencer Blues Explosion. Il riconoscimento internazionale è arrivato nel 2008 con “Melville”, concept album dedicato al grande scrittore americano e pubblicato dalla prestigiosa etichetta svizzera Voodoo Rhythm Records. Il disco è finito nelle classifiche dei migliori dell’anno di diverse riviste specializzate, confermando il talento di questi musicisti piemontesi.

Dopo quasi vent’anni di carriera, continuano a proporre il loro sweaty trashy wild garage blues (come lo definiscono loro), reinventandosi con nuove formazioni ma mantenendo intatta quella fame originale che li contraddistingue. La critica internazionale li ha definiti «la migliore band influenzata dai Gun Club mai uscita da Torino», e francamente è difficile darle torto. Sono la dimostrazione che anche dall’Italia può nascere del rock and roll di qualità.
Il caldo anticipato dell’estate si fa sentire pesantemente all’interno del locale, e l’attesa diventa quasi insopportabile, complice il sold-out che premia questa serata speciale.
Alle 22 in punto arrivano loro: The Jesus Lizard fanno il loro trionfale ingresso.
The Jesus Lizard incarnano perfettamente lo spirito del rock alternativo americano degli anni ’90. Nati a Chicago nel 1987 dall’incontro tra musicisti texani e locali, hanno forgiato un suono inconfondibile. Nel 2024, dopo varie reunion, sono tornati con “Rack”, un album che dimostra come quel fuoco non si sia mai completamente spento. Le recensioni confermano che sono ancora in grado di sconvolgere il pubblico come trent’anni fa.
La band ruota attorno alla figura magnetica del frontman David Yow, che ha fatto della provocazione e dell’energia grezza il suo marchio di fabbrica. Vestito con maglietta e jeans neri, si aggira sul palco con movimenti che oscillano tra la danza e la lotta, barcolla, sputa come se non ci fosse un domani, esortando cupamente la folla a non smettere mai di applaudire. È impossibile distogliere lo sguardo da Yow: il palco è completamente suo.
Affamato di vita e senza perdere tempo, si lancia immediatamente in un crowd-surfing rumoroso e tagliente. Viene trasportato dalle braccia del pubblico fino al mixer e ritorno, come in una processione atavica e arcaica, della quale è facile immaginare un’aspersione floreale da parte dei fan devoti alla loro lucertola divina.
Alle sue spalle, l’attacco post-hardcore di Duane Denison alla chitarra, David Wm. Sims al basso e Mac McNeilly alla batteria si dimostra duro come il titanio e chirurgicamente affilato. Che si tratti della sicurezza malata di ‘What If?’ dall’eccellente “Rack” del 2024, o dell’esplosione punk pura di ‘Chrome’, il loro singolo di debutto del 1989, la precisione è assoluta. La band costruisce un muro sonoro fatto di riff taglienti e ritmi martellanti, dimostrando di essere rimasta musicalmente chirurgica e impeccabile come quarant’anni fa.
Il loro suono ha una caratteristica particolare: è tecnicamente preciso ma emotivamente caotico, come se prendessero il meglio del punk e dell’heavy metal per poi passarlo in un tritacarne. Non è musica da sottofondo, è musica che ti prende a schiaffi e ti costringe ad ascoltare.

Le canzoni del nuovo album costituiscono circa la metà del set di 90 minuti. Gli attacchi e le pause sincopate di ogni brano hanno incorniciato uno sfogo particolarmente maniacale di Yow. Contro questo sfondo di musicalità tesa, la presenza scenica frenetica del frontman ha creato una sorta di glorioso squilibrio: parte avventore di bar, parte bambino arrabbiato.
Durante ‘Gladiator’, ha sollevato teatralmente la maglietta mentre urlava «A pain in my side», prima di tuffarsi ancora una volta tra la folla. Yow non smette mai di incitare il pubblico ad applaudire con maggiore vigore, e per un paio di volte ha spinto la folla a scandire Fuck Trump.
Tra le canzoni del nuovo album, la band ha sapientemente distribuito numerosi classici del passato. Durante i due bis della serata, hanno mescolato diverse nuove composizioni con pietre miliari come “Monkey Trick”.
Se questo non è il concerto dell’anno, dovrà succedere qualcosa di davvero spettacolare per batterlo.