Soulwax live a Milano: non c’è bisogno di scuse

Freschi di pubblicazione del nuovo disco “From Deewee”, i Soulwax danno inizio al loro tour europeo partendo proprio dall’Italia: unica data nel nostro paese, quella del 29 marzo ai Magazzini Generali di Milano.
La band proveniente dal Belgio e che ruota intorno ai fratelli Dewaele ha portato in studio la formazione già collaudata nei tour precedenti, per un totale di sette musicisti tra i quali spicca la presenza di ben tre batterie.

Dopo un lungo pre-show che vede alternarsi in consolle diversi DJ, in un’atmosfera discotecara soft, giunge finalmente l’ora in cui il palco allestito in maniera suggestiva viene preso d’assalto dai Soulwax: un candido anfiteatro di batterie, due ai lati e una in alto sullo sfondo, che circondano i due gladiatori, al centro dello stage con le loro gigantesche consolle di ordinanza. L’attacco a tinte elettroniche presenta più suoni che colpi, quasi tutto fa più scenografia che altro, in un continuo e nervoso switch tra luce e ombra.

Si inizia piano a scaldare i tamburi fino ad arrivare al primo atteso assolo, e dal pungente suono sintetico ci si sposta verso la brutale compressione della cassa. Cambia il passo e aumenta la spinta, per dare inizio alla parte travolgente del concerto. L’uso delle luci, guidato da una sorta di codice colore, è indicativo del mood che i Soulwax danno con i loro pezzi: i momenti più tirati, che portano il pubblico in visibilio, sono segnati dall’illuminazione a giorno, merito dei giganteschi riflettori a luce bianca presi in prestito dal Santiago Bernabeu. Quando la voce di Stephen Dewaele si fa solista, sostenuta da una base meno spinta, un fascio di luce su campo azzurro ammorbidisce la scenografia. Ci sarà più avanti spazio anche per un rosso sanguinolento a colorare un intermezzo più sintetico.

Il punto di forza dello show dei Soulwax è la sintesi tra il caldo e il freddo, tra le luci e le ombre, tra la percussione e la scarica elettrica. Da antologia, in chiusura di ‘Another Excuse‘, il giro a tre batterie, come se fossero comandate da una sola testa pensante. Che siano sovrapposte o alternate, le percussioni sono sempre perfettamente a tempo, con una precisione che solamente un orologio atomico saprebbe replicare.

Il finale di set, con ‘NY Excuse‘, è una lunga e delirante carneficina di grancassa e piatto. L’encore viene invece smorzato, le compressioni a luce fredda portano all’ultimo brano ‘Goodnight transmission‘ trascinato dai morbidi giri di basso. Un concerto tutto d’un fiato, un meccanismo che appare già ben rodato, visivamente impeccabile, musicalmente curato, climaticamente bollente, patologicamente travolgente. Ancora una volta, i Soulwax dimostrano di non poter essere messi in discussione.

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Matteo Ferrari

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Nato nel 1984 nell'allora Regno Lombardo-Veneto. Un onesto intelletto prestato all'industria metalmeccanica, mentre la presunta ispirazione trova sfogo nelle canzonette d'Albione, nelle distorsioni, nei bassi ingombranti e nel running incostante.

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