Roma Summer Fest 2025 | Ballaké Sissoko & Piers Faccini

di Giulio Marino 14 Giugno 2025

Tradizione Mandé, richiami mediterranei, folk , blues e canti di migrazione
Ballaké Sissoko e Piers Faccini presentano il nuovo disco alla Casa del Jazz di Roma
Roma, 13 giugno 2025
È un concerto del silenzio quello di Ballaké Sissoko e Piers Faccini. Uno spettacolo in cui la maestria degli artisti rende presenza musicale ciò che, solo in apparenza, un profano definirebbe assenza di note. Un live in cui ascoltare, anzi contemplare, la piccola vibrazione sonora e sfumatura di colore timbrico degli strumenti. Musica come cultura, incontro, viaggio, esplorazione e scoperta. Fuori da logiche commerciali, fuori da mode, fuori dall’ossessione della viralità, senza diventare un pretesto per altro.
Un concerto in cui è lasciato allo spettatore la facoltà di dimenticare la propria vita. L’elogio della lentezza, come riscoperta del valore del vuoto, dello spazio principe generatore di creatività, consapevolezza, allineamento e centralità con sé stessi. Un concerto in cui chi sale sul palco torna ad assumersi responsabilità e titolarità di svolgere il suo ruolo di artista. Un concerto meraviglioso, quello di Ballaké Sissoko e Pier Faccini; da godersi, per l’appunto, in silenzio.
Un concerto dove, tuttavia, i bambini più piccoli sono sottoposti a uno stress indesiderato, e ben presto iniziano a lamentarsi e chiamare la mamma. Laddove i più grandi resistono seduti e in silenzio per una buona metà dello spettacolo, guadagnandosi, giustamente, il diritto di fare i bambini e di correre e schiamazzare sul prato della Casa del Jazz per i quaranta minuti successivi. Diritto meritato perché ingiustamente portati in un posto non per loro e che detestano. Responsabili unici di tale tortura sono i genitori; crudeli, verso i loro stessi pargoli, e due volte irrispettosi; la prima volta verso il pubblico, la seconda, più grave, verso due eccezionali artisti.
Balaké Sissoko, dal Mali, appartenente al gruppo etnico mandingo, famiglia di musicisti, insieme al cugino Baba è attualmente tra i massimi esponenti della musica subsahariana. Virtuoso della kora, collaborazioni con le leggende Toumani Diabaté, Taj Mahal e Salif Keita. Piers Faccini, cantautore italo/inglese, di formazione artistica francese e di prospettive internazionali. Lavora con Ben Harper e Ibrahim Maalouf, approfondisce lo studio della musica rituale africana, scopre, studia, viaggia. Si incontrano nel 2005, si confrontano, scambiano idee, suoni, visioni. Ma soprattutto diventano amici.

Ma ci mettono vent’anni a fare un disco insieme. “Our Calling” esce nel febbraio di quest’anno. Un’opera sul tema delle migrazioni, che prende forma e vita intorno ai concetti di viaggio, connessione, ponte tra storie, linguaggi, esperienze. Il suo valore sta soprattutto nell’impresa riuscita di creare compenetrazione tra le tradizioni folk/blues europee e occidentali e lo sterminato patrimonio musicale maliano, nel pieno e totale rispetto dell’unicità di ogni singola cultura.
A partire dal brano con cui si presentano al pubblico di Roma. ‘Ninna Nanna’ pesca nella tradizione napoletana. Brano (l’unico) cantato in un dialetto italiano che nasce da amore e povertà. Poi cresce, e diventa una travolgente pizzica, in cui la chitarra acustica di Piers Faccini fa da bordone armonico e impalcatura ritmica ai virtuosismi alla kora di Ballaké Sissoko. La combinazione di note delle musiche tradizionali del Salento è la stessa che si ritrova nelle melodie tradizionali Mandé. Ci sono invisibili correnti universali che uniscono una rete di punti del mondo; la musica non fa altro che rivelarcele.
Assolve la stessa funzione anche il vento, invisibile anch’esso, che sostiene il volo dell’usignolo. Anch’esso migrante regala il suo meraviglioso canto sia agli europei che agli africani. ‘Borne On The Wind’ vola sulla falsariga del pezzo di apertura, ma la tradizione stavolta è quella celtica. Melodie vocali europee, arrangiamenti maliani anche in ‘I Wanted To Belong’ e ‘One Half Of A Dream’. Il singolo estratto da “Our Calling” è una ballad in cui è la chitarra elettrica che ripropone le cellule modulari ritmico melodiche subsahariane, mentre la kora sembra quasi svisare come in un assolo rock.
A proposito di rock e di blues. In ‘North and South’ la matrice del groove ripetuto all’infinito di Piers Faccini sulla Gibson è inequivocabile. Un tempo ternario prosegue uguale a sé stesso, interminabile e ipnotico, con Ballake Sissoko a intrecciarsi con linee melodiche Mandé e variazioni ritmiche. Con ‘If I’ si torna indietro di vent’anni. La canzone, contenuta nell’album “Tearing Sky” di Piers Faccini, è la prima collaborazione tra i due musicisti. Stasera arrangiata in versione per sola kora e chitarra elettrica, è il manifesto delle radici africane del blues; Ben Harper che arriva a sud del Sahara. Anche qui tempo ternario, trance indotta e corpo che inizia a muoversi in autonomia.
Giocano con le variazioni di densità, i crescendo ritmico e dinamico, la rarefazione e il vuoto della sospensione in ‘Go Where Your Eyes’, dove in un micro-frammento di arpeggio di kora credo di cogliere una citazione di ‘Aerials’ dei System Of a Down. Ascoltare un modo tradizionale Mandé, e trasformarlo in canzone mantenendo fede alla tradizione del Mali. Questo è l’obiettivo che Ballaké Sissoko e Piers Faccini dimostrano di aver raggiunto. Si compenetrano, si scambiano le parti, la musica scorre fluida, testimonianza del forte rapporto che unisce i due artisti.
Amicizia scritta nel libro del destino e carica di magia. Londra, 1989, mercato di Portobello. Piers Faccini diciannovenne si aggira tra i banchi di vinili usati. Scorge un disco di un gruppo maliano e lo acquista. Da quel momento cambierà la direzione della sua vita. Si innamora della musica Mandé e di un brano in particolare in lingua bambarà: ‘Kadidja’. Anni dopo, sarà Ballaké a raccontare a Piers che in quel pezzo alla kora sedeva suo papà e a invitarlo a cantarla in un suo disco
Chiudono proprio con ‘Kadidja’, un’altra ninna nanna. Qualche bambino si è finalmente addormentato. L’eleganza, la serenità, la personalità di artisti come Ballaké Sissoko e Piers Faccini, che non hanno bisogno di urlare per dimostrare tutta la sua potenza e arrivarti al cuore. Le Mura Aureliane, le luci sul palco che diventano rosse e gialle. E io che non posso dire di essermi innamorato della musica del Mali; perché lo ero già.