Massive Attack a Milano: la fine arte della protesta
Il collettivo di Bristol apre l’undicesima edizione di UNALTROFESTIVAL con un concerto carico di impegno politico e potenza visiva
Debutta con l'occasione una nuova venue dedicata alla musica live: Parco Musica Milano, nei pressi dell’aeroporto di Linate

di Max Murgia 19 Giugno 2025

Milano, 19 Giugno 2025
L’undicesima edizione di UNALTROFESTIVAL allarga i propri orizzonti ed affianca al Circolo Magnolia, da sempre casa del festival, altre due location. La prima è il Carroponte di Sesto San Giovanni al quale si aggiunge una nuovissima area concerti, denominata PMM (Parco Musica Milano), che viene inaugurata proprio dall’atteso show dei Massive Attack.
Si tratta di un’enorme area verde da 70.000 metri quadrati posizionata in prossimità dell’aeroporto di Linate, praticamente a ridosso dei capannoni della Fiera di Novegro. In tutta franchezza, nulla di tropo rivoluzionario e/o soprattutto dissimile dalle aree concerto strutturate nei due ippodromi milanesi.
L’area è supportata da tre parcheggi, ma alla luce di questa prima esperienza suggerirei a chi dovesse andarci di lasciar perdere l’auto e arrivarci in metropolitana. La camminata fino alla venue non è brevissima, ma è nulla rispetto all’affrontare il traffico in uscita a fine concerto che può davvero essere un piccolo incubo.
Tra le note positive, il grande palco e l’impianto audio mi sono parsi decisamente all’altezza. L’area si estende in orizzontale e consente un minimo di visibilità anche ai non fortunati possessori di biglietti Pit 1 e Pit 2. Altra nota positiva, l’assenza dei token: bere e mangiare si pagano elettronicamente presso i numerosi totem presenti nell’area, poi ci si mette pazientemente in coda per il ritiro. Tra le note negative, i prezzi (2,70 euro per l’acqua, rigorosamente in bicchiere di platica), il continuo passaggio di aerei sopra l’area, le zanzare ma soprattutto la logistica. La zona infatti pare un cantiere ancora aperto, e in tutta franchezza l’accesso al parcheggio P2, quello tendenzialmente più vicino alla venue, è al limite del criminale.
Esaurito il giro di ricognizione di questa nuova area concerti, veniamo allo spettacolo per il quale sono qui questa sera. Premetto di non essere un grande fan dei Massive Attack, pur riconoscendogli tutti i meriti di questo mondo. Dal punto di vista strettamente musicale, semplicemente non sono la mia tazza di tè.
“Mezzanine” l’ho adorato e letteralmente consumato. Tutto il resto l’ho ascoltato, in parte anche apprezzato ma di loro, più che gli album nel loro complesso, ho apprezzato singole tracce. E soprattutto quelle aperture post-rock che ti mandano in orbita anche senza l’ausilio di sostanze illegali. Però dal vivo non avevo ancora avuto occasione di vederli, e la curiosità era parecchia.
Questa sera se la sono presa comoda, i Massive Attack. Lo show prende il via quando le 22:00 sono già passate da una decina di minuti, preceduti da uno speech iniziale da parte dei rappresentanti di Medici Senza Frontiere, la nota organizzazione internazionale sostenuta, tra l’altro, anche dalla band stessa.

Le note di In My Mind di Gigi D’Agostino accompagnano l’ingresso in scena di Robert Del Naja e compagni. Mentre sul maxischermo scorrono le terribili immagini che documentano quanto sta accadendo a Gaza e in Ucraina, il concerto entra nel vivo con Risingson. Poi Del Naja cede il microfono a Horace Andy, la oramai settantaquattrenne stella del roots reggae, per una fantastica Girl I Love You.
Ma torniamo al maxischermo, autentico protagonista di questo concerto. I Massive Attack non sono mai stati solo una band: il loro attivismo sociopolitico è ben noto (e vi risparmio il pippone sulla leggenda metropolitana che indicherebbe in Del Naja la vera identità di Banksy), ma appare chiaro fin dai primi minuti che in questo tour abbiano voluto quasi estremizzare questo loro impegno, puntando l’indice verso tutto quanto di malato e corrotto sta accadendo negli ultimi anni nel mondo. Le immagini sono state accuratamente selezionate per garantire il massimo impatto emotivo, senza risparmiare nessuno: Trump, Musk, Israele, Gaza, l’Ucraina, lo sfruttamento delle risorse e delle persone, la corruzione, le multinazionali e gli istituti finanziari che sovvenzionano le politiche espansionistiche.
E poi la musica che accompagna le immagini, sorta di colonna sonora dell’apocalisse. Fin quasi a distrarre lo spettatore dalla musica stessa. Io stesso mi sono trovato a divagare con la mente, a cercare di interpretare questo torrente in piena di messaggi che non affollano solo lo schermo, ma anche i tuoi occhi e la tua coscienza. Il tutto mentre senti Elizabeth Fraser dei Cocteau Twins che, quando canta Teardrop, le lacrime le fa venire un po’ a tutti. O quando riesuma dal repertorio dei This Mortal Coil la cover di Song To The Siren di Tim Buckley, uno degli episodi più emozionanti della serata. La Fraser presta poi la sua voce anche a Black Milk e Group Four, mentre Horace Andy tornerà sul palco per quel piccolo capolavoro che è Angel.

Tutto bellissimo, ma per il sottoscritto il momento più intenso dello show arriva a metà concerto, con l’esplosione post-rock di Inertia Creeps che si fonde con la cover di ROckWrok degli Ultravox, con un Del Naja a cui l’imitazione di John Foxx è venuta proprio bene e che finalmente ci fa sentire un minimo di distorsione sulle chitarre. Il pezzo scorre via velocissimo, mentre sul maxischermo i video esorcizzano il complottismo e la miriade di strampalate teorie che lo alimentano.
Come sostengono i Massive Attack, conspiracies are a conspiracy to make you feel powerless.
La mera cronaca del concerto mi impone di segnalare anche Safe From Harm e Unfinished Sympathy, i due pezzi che vedono al microfono Deborah Miller, e una cover di Levels dello scomparso Avicii.
Lo show si chiude così come era iniziato, con le note di In My Mind di Gigi D’Agostino, che ci accompagnano mentre molto previdentemente sto già abbandonando l’area concerti per incamminarmi lungo lo sterrato che porta al parcheggio, dove una lunga colonna di macchine (guidate da persone ancora più previdenti del sottoscritto) si è già formata a causa di un deflusso totalmente fuori da ogni logica.
Se dovete recarvi al Parco della Musica, tenetene conto. Soprattutto se finite per parcheggiare al malefico P1.